lunedì 31 maggio 2010

CONSORZIO AGRARIO - In tribunale la fotografia dei debiti accumulati

Teresa Faticoni
Trentasette milioni e rotti di debiti. Venerdì scorso il commissario liquidatore del Consorzio agrario di Latina, l’avvocato costituzionalista romano Roberto Aloisio, ha depositato alla cancelleria del tribunale di Latina lo stato passivo dell’ente di via dei Monti Lepini. Un atto dovuto, che fotografa lo stato delle cose, ma che rappresenta virtualmente un passo verso il fallimento del Consorzio. Il debito maggiore è quello verso le banche, che devono avere 20 milioni 676 mila 150 di crediti chirografari e 2 milioni 618.237 di crediti privilegiati, questi ultimi derivanti da un mutuo ipotecario. I dipendenti, anche essi creditori privilegiati, aspettano circa 1 milione di euro (per lo più sono liquidazioni e incentivi all’esodo). 13.281.429 euro devono essere corrisposti ai fornitori: di questi 1.328.131 sono privilegiati, 11.492.310 chirografari e 81mila verso enti pubblici e liberi professionisti. Un quadro decisamente complicato, anche perché dei circa 38 milioni di crediti vantati dal Consorzio molti risultano essere inesigibili. Come dichiarato dallo stesso Aloisio al momento del suo arrivo a Piccarello. In sostanza per quei clienti del Consorzio che non dichiarano di non avere un centesimo da restituire, è inutile proseguire la procedura in contenzioso. Ci sono solo 5 milioni di euro di crediti ordinari dei quali si dovrebbe rientrare in possesso abbastanza facilmente. E adesso? Il prossimo passaggio è la ricognizione della massa attiva, i crediti più il patrimonio immobiliare, con la quale soddisfare immediatamente i creditori privilegiati. E il futuro? Al momento, nonostante il sacrificio di molti lavoratori espulsi dal processo produttivo, il Consorzio ha ripreso la sua attività, più o meno a regime, anche se si è privato di 4 agenzie. Su tutto pesa solo un grande punto interrogativo, che si chiarirà solo quando Aloisio sarà riuscito a mettere mano alle cause di un dissesto così drammatico, che lui stesso definì «un’anomalia. Un dato patologico». Servirà un dottore particolarmente bravo. 

sabato 29 maggio 2010

Flash mob per la Nexans


Teresa Faticoni
Sembrava una preghiera, si invocava il dio lavoro. Ieri mattina le avvocatesse dell’associazione Legale Aid (Alessia Paqualini presidente, Maria Belli, Carla Bertini, Daniela Fiore e Simona Poli) hanno organizzato un flah mob a sostegno della vertenza Nexans. «Lo abbiamo fatto per amicizia nei confronti di Morena (una lavoratrice Nexans) e per sensibilizzare la città al tema del lavoro». Maria Belli dà le direttive su come muoversi, e all’improvviso, con in testa uno striscione, tutti i partecipanti si sono riuniti sotto la torre di piazza del Popolo e per 4 minuti sono stati immobili. Intorno si è fatto silenzio. Poi tutti via, dispersi. Una manifestazione non verbale per dire che la Nexans di Latina non deve chiudere, che oltre 200 persone non possono rimanere senza lavoro, senza un diritto costituzionalmente garantito. Intanto in giro per Latina i ragazzi di Casapound hanno appeso centinaia cappi con dei manifesti che simulano l’alta tensione per chi tocca Nexans. Per sapere come finirà questa vicenda bisogna aspettare martedì, quando presso il ministero dello sviluppo economico, si tornerà al tavolo e la multinazionale comunicherà le sue intenzioni. La tendenza pare sia quella di un congelamento della procedura di dismissione del sito di Borgo Piave. Con la preghiera laica di ieri mattina, che richiama alla mente De Andrè: «è appena giusto che la fortuna li aiuti come una svista, come un'anomalia, come una distrazione, come un dovere».

"Stesso sangue stessi diritti"

Teresa Faticoni
Samir, tunisino, 24 anni, saldatore. Mi fa vedere la foto di una bella ragazza che lo abbraccia. «È la mia fidanzata, ci sposiamo a San Marino perché in Italia non posso». La burocrazia lo ha fregato: nei meandri del lungo percorso per avere il permesso di soggiorno qualcuno ha perso la sua pratica. Le forze di polizia gli hanno dato il foglio di via. Una tragedia. «La mia famiglia resta qui e io devo andare via». Raccontiamo la storia di un rapper tunisino («canto contro il razzismo»), a simbolo delle ipocrite politiche di accoglienza che questo paese che vuol dirsi civile riesce a mettere in campo.  Samir è bello, è bello il suo modo semplice di dire, mentre abbraccia i fratelli indiani e marocchini e italiani, «siamo la nuova Italia». Siamo in piazza della Libertà dove ieri pomeriggio alle 14 ha preso le mosse il lungo corteo della Flai Cgil e della Cgil regionale per i lavoratori stranieri nell’agricoltura. La manifestazione, organizzata con dedizione e passione da Luca Battistini, segretario regionale di Flai Cgil, Giovanni Gioia, segretario generale della categoria degli agroindustriali del sindacato di via Solferino, ed Eugenio Siracusa, segretario della Flai, porta il titolo “Stesso sangue stessi diritti”. Già dalle prime ore del mattino Maurizio Cardosello, segretario dell’organizzazione, stava con alcuni compagni sotto la prefettura a preparare i bagni chimici, i gazebo, gli stand per il ristoro. Poi il fiume di turbanti colorati, di cappelli e foulard rossi della Cgil, e di sorrisi aperti e sinceri ha acceso di luce questa città: mentre a pochi passi qualcuno sparava, i lavoratori stranieri, indiani soprattutto, hanno intonato canti religiosi mentre sfilavano per le strade del centro cittadino. Nella mattinata al prefetto D’Acunto era stata consegnata la piattaforma preparata dal sindacato: si chiede che siano rispettati i diritti di questi lavoratori, senza i quali la nostra economia andrebbe a picco. Si sottolineano le condizioni di vita in cui sono costretti, con i passaporti requisiti, alloggi che sembrano tuguri, paghe al limite, o anche sotto, la soglia della sopravvivenza. La Cgil chiede che sia istituito un osservatorio locale contro le discriminazioni, che la prefettura attivi un tavolo specifico per un continuo monitoraggio della situazione. In piazza, oltre a Sergio Sciaudone, segretario di Rifondazione comunista e Andrea De Marchis dei Carc (assenti tutti gli altri politici) ci sono gli stati generali della Cgil: i ragazzi delle categorie che presidiano il corteo; Stefania Crogi, la segretaria generale della Flai, disponibile e determinata; Salvatore D’Incertopadre, segretario della Cgil di Latina; Claudio Di Berardino segretario della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini del Silp, e tanti volti storici del sindacato. Ci sono i ragazzi della Nexans. Una bella manifestazione, che porta alla luce un mondo, una realtà, persone che ci sfiorano ma che difficilmente entrano in contatto con noi e con i nostri contesti. L’altoparlante del palco manda canzoni storiche della sinistra e qualche musica presa dai film di Bollywood. Sulla maglietta di Eugenio Siracusa c’è il mondo disegnato con una scritta: «Qui nessuno è straniero».

A TESTA ALTA - I DISASTRI

Francesco Furlan
Chi ha il potere delle armi ha il diritto di vita e di morte su questo pianeta e su di noi. Le società che diffondono armi sul pianeta sono quotate in Borsa. Tra i loro azionisti più influenti figurano le maggiori banche mondiali che ne detengono considerevoli quote. Solo l'esportazione italiana, ci dice oggi il quotidiano la Repubblica, nell'ultimo anno è cresciuta del 74%. Le banche, a un'attenta analisi, figurano anche tra i maggiori investitori in impiantistica nucleare. Industria che negli ultimi anni è in crescita forzando gli Stato a investirvi. anche quando le effettive condizioni territoriali locali metterebbero a rischio la salute dei residenti. Dal punto di vista delle banche, però, come per le armi, questo non è un problema. La ragione risiede nella logica che dove c'è una guerra, c'è anche una ricostruzione e l'introduzione di un sistema politico, il più delle volte facilmente arruolabile dalle banche stesse per le evidenti prime difficoltà economiche dei nuovi governi. Allo stesso modo, dove c'è un disastro ambientale, c'è una conseguente bonifica e ricostruzione dei territori con investimenti miliardari e spese colossali per Stati che obbligatoriamente devono accedere al credito internazionale. In questo mondo occidentale sempre più affollato, l'economia delle banche ha trovato il modo per ottenere ulteriori ricavi: prosperando sui disastri.       

giovedì 27 maggio 2010

FiloLogico - Torino: il tribunale condanna lo Stato a risarcire donna stuprata

Maria Corsetti
Da forum.politicainrete.net: «Lo Stato italiano, per l'esattezza la Presidenza del Consiglio, dovrà risarcire una cifra pari a 90mila euro più le spese legali a una donna violentata nel 2005 a Torino da due stranieri. Lo ha stabilito il Tribunale di Torino, che ha accolto la tesi degli avvocati Ambrosio e Comodo, che si sono riferiti alla normativa comunitaria del 2004 che prevede per tutti gli stati membri l'obbligo di garantire un indennizzo alle vittime di violenze gravi avvenute sul proprio territorio, nel caso in cui i colpevoli non lo facciano». Radio, televisione, internet: la notizia è rimbalzata ieri e i commenti non sono mancati. C’è chi ricorda che «abbiamo pagato tutti noi cittadini onesti per il gesto di due animali sottosviluppati». C’è chi propone un “fondo per le donne stuprate”. Effettivamente non è facile quando si va ad applicare una nuova normativa. Io vorrei vederla dal punto di vista di chi si trova nella vita ad avere  che fare con i tribunali. Dal punto di vista di chi rimane sospeso tra il dolore e l’assurdo. Tra l’ingiustizia subita e una giustizia che arranca tra carte, rinvii, aule affollate e udienze che costringono a giornate intere di attesa. Altro che liste delle Asl. Idee e riforme, codici su codici e leggi. «Bisogna avere fiducia nelle istituzioni»: una litania che si ripete, che vorrebbe significare speranza, che si traduce in un invito alla rassegnazione. Dovrò pagare, come cittadina, anche io per risarcire la donna violentata a Torino? È la spesa che mi pesa di meno, che mi restituisce un senso di giustizia. Nessuna somma potrà mai compensare uno stupro, ma in quella somma c’è l’essenza della volontà di riparazione di un male, di una libertà che non significa abbandonare le persone al proprio destino. 

mercoledì 26 maggio 2010

L'ARCINORMALE - Un Tremonti per Latina

Lidano Grassucci 
 
Qui tagliano tutti, la crisi c’è  è evidente. Il governo ha trasformato l’ottimo Tremonti in un novello Quintino Sella. Ma c’è qualche cosa che abbonda? Sì, i sindaci di Latina. E’ tutto un fiorire di riunioni di civiche: quella dei borghi, quella dei bonghi e anche quella del voglio fare il sindaco ma non mi ricordo perché.
Perché non arriva un Tremonti dei consiglieri e dei sindaci, uno che taglia del 10% le ambizioni e gli ambiziosi?
Perché non arriva un Tremonti che abolisce non dico le circoscrizioni ma almeno l’improvvisazione in politica come lui ha fatto per le province piccole.
Perché? Non c’è un cambio di passo che stabilisca un po’ di ordine.
Allo stato attuale ci sono su 120 mila residenti, 100 mila aspiranti consiglieri 15.000 aspiranti sindaci e 5 mila elettori. Si è invertito il ruolo è meno numerosa l’assemblea degli elettori di quella dei consiglieri.
Ci vorrebbe un bel Tremonti politico a Latina, cerchiamo questo Tremonti per cambiare e tornare ad un rapporto normale tra capacità ed aspirazioni.
Qui sono tutti contro la casta ma tutti si candidano per divenra “castori”, intesi come roditori della cosa pubblica.
Ecco, servirebbe una botta di modestia e servirebbe farsi una grande e semplice domanda: “ma io sarà  in grado di fare il consigliere?” o “Il sindaco è un lavoro in cui io posso aiutare gli altri?”
Basterebbe questo per avere 100 aspiranti consiglieri e 3 o 4 aspiranti sindaci, il resto è zavorra.

martedì 25 maggio 2010

ALzata di scudi per la nexans

Teresa Faticoni
Il day after l’annuncio ufficiale della chiusura della Nexans è tutto un fiorire di dichiarazioni, di manifestazioni di solidarietà. Ieri mattina si è tenuta l’assemblea sindacale nel sito di Borgo Piave durante la quale le parti sociali hanno spiegato ai lavoratori gli esiti dell’incontro di lunedì pomeriggio al ministero del lavoro il quale ha sostanzialmente chiesto alla Nexans di ragionare a bocce ferme. Ma i lavoratori hanno deciso di mantenere il presidio davanti alla fabbrica per evitare che vengano portate via le produzioni che comunque vanno avanti fino a fine mese. Intanto il segretario nazionale della Femca Cisl, Colombini, che ieri era a Latina, ha coinvolto per il primo giugno, quando si terrà un nuovo incontro a Roma, tutti i lavoratori del gruppo in uno sciopero di otto ore. Quelli di Battipaglia, preoccupati anche essi per il proprio futuro, hanno già aderito. « Ho la sensazione che Nexans si stia giocando questa partita su due tavoli separati», dichiara Dario D’Arcangeli segretario Filctem Cgil in riferimento alla dichiarazione dell’ad Italia della multinazionale, Giuseppe Borrelli rispetto alla volontà, riconfermata anche ieri, di voler collaborare per ridurre al minimo l’impatto sociale. Può voler dire che il management ha un percorso già scritto, ma che rivelerà solo il primo giugno. Magari una riconversione del sito. «Noi abbiamo un know how importante e vogliamo continuare a produrre cavi», dice Armando Valiani, della Ugl chimici. E se fosse un ricorso agli ammortizzatori sociali? «Non si può fare la trattativa con la pistola puntata alla testa», tuona Roberto Cecere della Femca Cisl. Intanto i ragazzi di Casapound hanno indetto una manifestazione virtuale di protesta su facebook: chi vuole può mettere nel proprio avatar un logo “la Nexans di Latina non si tocca”. «Mi metto  a disposizione affinché anche la Regione incontri i sindacati», dice il consigliere regionale Giovanni Di Giorgi dopo che la Polverini sembra che si stia lavando le mani di questa vertenza. «Siamo nell’emergenza occupazionale ed emerge la debolezza del territorio pontino», commentano invece Giorgio de Marchis e Loreto Bevilacqua del Pd. La deputata Sesa Amici, come anche Di Pietro, si è impegnata a presentare una interrogazione parlamentare in merito.  Solidarietà e proposte sono arrivate anche da Alessandro Aielli, Alleanza per l’Italia, e Renato Malinconico di Sinistra e libertà.

L'ARCINORMALE - La Fulgorcavi e il grattacielo


Lidano Grassucci

Sono piccoli gli operai della Fulgorcavi per quanto è grande il grattacielo di Bianconi, 150 metri il secondo, meno di due quegli omini che stanno sotto. 148 metri di differenza tra l’ardire di un uomo, quel Roberto Bianconi che ha osato fare questo edificio e il dramma di uomini che non hanno diritto a sperare nel loro futuro. Le cose, i simboli, contano.
La Latina della Fulgorcavi aveva l’audacia di Bianconi moltiplicato per 70 mila (più o meno erano questi gli abitanti della città), la Latina della Fulgorcavi si pensava piena di giganti da 150 metri quanto la Latina di oggi si pensa piena di piccole disperazioni. Gli operai della Fulgorcavi erano una elite operaia, avevano accanto quelli delle Fonderie Genovesi e allora le fabbriche non chiudevano ma aprivano. Quando finiva il turno c’era l’ingorgo di macchine, oggi c’è l’ingorgo per andare al centro commerciale. Da produttori ci hanno trasformato in consumatori, pure tristi.
Gli operai della Nexans vanno da Bianconi gli chiedono di salire sull’unico gigante che resta del sogno dei giganti (parafraso Antonio Pennacchi, spero non me ne voglia). Si sente il vento forte a 150 metri da terra, lo stesso che si sentiva da basso quando le case erano poche.
Borgo Piave era un polo industriale, sembrava Lambrate che dava il nome agli scooter che osavano sfidare le Vespa della Piaggio. Ora le fanno in India le Lambrette, le Vespa in Vietnam e i fili? Boh, i cavi li faranno in Cina. Cosa resta a noi? Una idea di cosa potevamo fare e non abbiamo fatto, resta l’idea di un futuro del fare che ci è negato, contano i rating e non cosa fai, contano i numeri virtuali sui bilanci e non la quantità dei pezzi prodotti. Mi spiegarono, tempo, fa durante una riunione in Camera di Commercio a Latina che la “ricchezza futura sarà immateriale”, quelli del Mof, mi pare ci fosse Enzo Addessi, guardarono lo scienziato di turno perplessi: “e cosa ci mangiamo, l’immateriale?”.
Forse qualcuno dirà agli operai della Nexans che domani e nei giorni a venire mangeranno “immateriale”, forse dovremmo ripensare questi luoghi comuni e tornare a lavorare: a Borgo Piave si faceva grano, poi ghisa e fili di rame, ora è deserto sotto al grattacielo. Il grattacielo guarda Borgo Piave come le statue dell’isola di Pasqua guardano il mare…
I giganti son diventati piccoli uomini senza speranza, uomini soli.  

lunedì 24 maggio 2010

L'ARCINORMALE - La lezione di Dobbiaco



Lidano Grassucci


Dobbiaco è un paesino del profondo Alto Adige. 3.500 abitanti di cui meno di 400 di lingua italiana. Per gli amanti della statistica un misero 12,8% di madrelingua italiana, il resto ha come prima lingua il tedesco. Eppure domenica scorsa è avvenuto quello che nessuno si aspettava. È stato eletto sindaco proprio uno della minoranza italiofona, e non era mai avvenuto nella storia di questo paese. Racconto questo episodio per dire che in politica non esiste l’impossibile, ma esiste il coraggio di proporsi. Guido Bocher, il sindaco italiano di Dobbiaco, è semplicemente una brava persona, un cacciatore come tanti cacciatori ci sono a Dobbiaco, uno che vive tra la gente e credo anche sia uno capace. Credo che se anche a Latina ci mettessimo a ragionare non più per categorie politiche ma per persone capaci, capaci di stare tra la gente, generazionalmente contemporanei, forse si aprirebbero prospettive politiche nuove. Anche nel paesino del nostro esempio l’egemonia della Südtiroler Volkspartei sembrava indiscutibile e indiscussa. Sembrava che la politica non potesse esprimere niente di nuovo se non la ripetizione dell’antico. E lì la divisione era ancora più profonda perché aveva aspetti etnici che sono muri quando si presentano in quei luoghi in cui i popoli si incontrano che sono le città a cavallo dei confini. Oggi Latina ha bisogno di uno scossone, ha bisogno di superare quello steccato che l’ha bloccata per mezzo secolo di ripetizioni democristiane, e per venti anni di revanscismo nostalgico fascista. Potrebbe nascere un sistema dell’alternanza politica capace di evitare la sclerosi delle classi dirigenti, dei funzionari, e dell’apparato pubblico. In questo gioco, come dimostra Dobbiaco, tutti sono giocatori, anche quella sinistra che ha il dovere di ritrovare il coraggio e le ragioni del suo futuro dopo la condanna post ‘93 a ragionamenti legati alla sindrome da sconfitta inevitabile. Il primo sindaco della Latina democratica era repubblicano, le classi dirigenti mutuate dai Monti Lepini erano orientate a sinistra. Non esiste una condanna all’uniformità politica di questa città che rimane profondamente avulsa dagli estremismi, per questo l’esperienza Finestra-Zaccheo è rimasta corpo estraneo rispetto al profondo sentire della comunità. Questa città ha bisogno di un confronto tra un centrosinistra moderato e un centrodestra democratico e moderato a sua volta. Che poi è il modello di confronto proprio di tutto l’occidente. Laburisti e conservatori si alternano al governo della Gran Bretagna non predicando i primi la rivoluzione, i secondi la conservazione assoluta. Ma un moderato riformismo attento, il primo agli aspetti sociali, il secondo alle libertà individuali. Vale per la Francia, vale per la Germania. A Latina per diciotto anni abbiamo visto al governo forze che si confrontavano con il proprio estremismo recente e non con il riformismo del futuro. Dobbiaco insegna che non ci sono tra i moderati conventio ad excludendum. La prossima gara sarà aperta, il centrodestra dovrà cercare il miglior candidato moderato possibile. Il centrosinistra altrettanto. E tutti e due dovranno immaginare la città futura e non le memorie del passato. 

LA VIPERA - SCIATTA ERA….

aemme
Sabato mattina. Uno dei primi giorni di sole di questo assurdo, piovoso, mese di maggio. Parcheggio la mia auto in centro. Piazza San Marco. Compero i giornali all’edicola. Me li metto sotto il braccio e passeggiando contenta di questo sole oramai inaspettato mi dirigo verso il bar per la colazione e per la lettura. In realtà è già mezzogiorno ma non ho grande appetito e quindi faccio un giro più lungo prima del cappuccino. Passeggio sui marciapiedi e penso alle cose della vita, le più diverse fra loro, che si incastrano, persone che vanno, altre che arrivano. Ma i miei occhi, che mi si diceva non staccano mai l’attenzione da ciò che mi circonda, si vanno a posare, più volte e in più punti differenti fra loro, sulle immondizie a ridosso dei marciapiedi. Proprio dove vorrei passeggere senza sporcarmi o senza rischiare di inciampare se non tengo lo sguardo fisso sui miei passi. La mia città è orfana del sindaco: noi non ce lo abbiamo. Le cose che vedevo allora erano le stesse e le passeggiate domenicali sono sempre state accompagnate dalla visione di cumuli di sacchi di ogni genere buttati per terra. Abbiamo un Commissario, ora. Un tutor, un traghettatore che ci porterà all’elezione del nuovo sindaco. Nel frattempo chi si occupa delle cose semplici? Come dire, la normale amministrazione che passa sia per la pulizia, l’ordine di una città, che per l’assistenza al benessere dei cittadini attraverso la polizia municipale che ci piacerebbe facesse il suo lavoro di controllo e conseguentemente sanzionare coloro che parcheggiano in terza fila o sulle strisce pedonali, che non rispettano gli orari per la raccolta differenziata, che passano col rosso . Una presenza desueta da anni, i vigili a piedi, una città sporca, sciatta e priva di controllo e di supporto reale al cittadino qualora decidesse magari di voler uscire con la propria auto da un parcheggio bloccata da qualche macchina che arbitrariamente gliene impedisce lo spostamento. O si sta zitti o si litiga: ma tutto da soli, a proprio rischio. Una città di cui spesso mi vergogno. Il nostro ex sindaco abita in pieno centro e non si è mai fatto carico del problema. Lui volava alto, metteva l’idea dell’acquisto di una bel vaso di fiori pregiati su una tavola sporca, con briciole e macchie di olio e sugo. E ancora, leggo e sento parlare di metropolitana, di porti, aeroporti. Una storia infinita. Centinaia pare che siano i candidati a sostituire il Caronte attuale, che inviterei volentieri a prendere un caffè e a fare una passeggiata nelle immediate adiacenze del suo ufficio . Ma cosa pensano di fare, una volta abbracciata la poltrona di piazza del Popolo non è dato saperlo. Una fantasia da fare invidia a Walt Disney.  Manca solo che qualcuno proponga una funicolare che si sollevi alla velocità della luce e porti i turisti al mare. Le cose piccole, semplici da cui si nota immediatamente quanto una città sia ben governata e amata sono l’ordine, la pulizia e il senso civico dei suoi abitanti. Tutto il resto viene dopo. Sindaco, consiglieri, Commissario dovrebbero saperlo. Altrimenti che tutti questi aspiranti governatori della città restino a fare il lavoro che già fanno. Non è di  loro che abbiamo bisogno.
chevipera@libero.it

EDILIZIA, meno 1200 posti di lavoro in meno

Teresa Faticoni
Meno 1.200 lavoratori in edilizia in pochi mesi. Numeri che fanno poco rumore, perché cadono goccia a goccia nel mare della crisi pontina. Ieri Ezio Giorgi, segretario della Fillea Cgil di Latina, Salvatore Pastore, segretario della Feneal Uil, e Cesare Pannozzi, segretario della Filca Cisl, hanno lanciato un allarme chiaro e diretto. Serve un immediato cambiamento di rotta. Perché se è vero che in Italia si sono persi 120mila posti in edilizia, sono aumentate di 35mila le partite iva, con un imbarbarimento del settore. In provincia di Latina a conti fatti la forza lavoro è stata depauperata del 12%. I segretari di categoria hanno deciso di coinvolgere le trentatre amministrazioni comunali e gli enti appaltanti della provincia di Latina per gli stati generali dell’edilizia. «Sono disoccupati invisibili - precisa Giorgi - una emorragia lenta che crea un esercito di disoccupati». Il problema sta nel fatto che nel comparto sono tantissime le ditte con uno o due dipendenti, che se vengono licenziati non fanno notizia. La proposta è concreta: «cantierare immediatamente le opere già finanziate». Basti pensare che in Italia oltre il 75% delle risorse stanziate a favore dell’edilizia scolastica rimangono inutilizzate, con l’esigenza di cominciare del piccolo invece di progettare opere faraoniche che finiscono nel nulla, «come la pedemontana di Formia - sottolinea Pastore. Non vorremmo che anche la superPontina faccia la stessa fine. Sarebbe l’opera più grande in Italia che significherebbe anche il rilancio di questo territorio». «La cittadella giudiziaria è bloccata - aggiunge Giorgi - perché mancano sei milioni di euro per il completamento. Noi proponiamo di riprendere in mano i piccoli e medi appalti che danno ricchezza al territorio restando nei parametri del patto di stabilità». «Stiamo mettendo in piedi questa iniziativa - conclude Pannozzi - che ad alta voce faccia percepire a tutti gli amministratori l’importanza e la necessità di dare gambe a progetti che dormono negli uffici tecnici comunali». Il tutto con un occhio sempre puntato sulla questione della sicurezza. Se dal piccolo si può ricominciare, da grandi saremo forti. Chi deve risponda.

LA FORMICA ROSSA - La protesta scivola giù dal cielo

Teresa Faticoni
La mattinata era cominciata in via Ufente, sotto la Torre Pontina. All’alba. Una ventina di lavoratori Nexans si sono dati appuntamento sotto il grattacielo Bianconi per protestare anche dal cielo contro la chiusura della loro fabbrica. Trentacinque piani e anche di più con due striscioni e tre fumogeni colorati per chiedere sostegno alla cittadinanza per questa difficile vertenza. Una volta su c’è da rimanere a bocca aperta, e la prima cosa che tutti fanno, con le loro magliette blu con la scritta Nexans in arancione, è andare a cercare un paio di metri sotto la cupola del cielo, se si vede lo stabilimento di Borgo Piave. Qualcuno lo vede, e indica i capannoni, ora tristemente vuoti. Nonostante lo stupore di un panorama dal quale si vede la terra pontina, il pensiero è fisso alla fabbrica, al lavoro che scivola sotto le strategie incomprensibili della multinazionale francese. Ci sono famiglie intere che per generazioni hanno lavorato alla Fulgorcavi, e adesso ci sono famiglie intere impiegate in Nexans. Da qui su, guardando l’orizzonte, viene in mente una canzone di Pino Daniele che si intitola “Terra mia”: «Comm'è triste, comm'è amaro assettarse pe guardà' tutt'e ccose tutt'è parole ca niente pònno fa'. Terra mia terra mia comm'è bello a la guardà». La terra nostra così amara.

NEXANS CHIUDE

Teresa Faticoni
La Nexans chiude il 31 maggio. Una dichiarazione laconica e scioccante. Non inattesa, certo, ma sconcerta la facilità con la quale si cancella una storia prestigiosa e il futuro di un sito industriale e di oltre 300 famiglie. Il management della multinazionale francese ha dichiarato per la prima volta ufficialmente la sua volontà nell’incontro di ieri pomeriggio presso il ministero dello sviluppo economico a Roma. In strada, sotto le finestre del dicastero c’erano i lavoratori della Nexans con le bandiere e gli striscioni a chiedere un domani. Sopra, con il funzionario del ministero ha incontrato le parti sociali, rappresentate dai segretari territoriali e nazionali delle categorie chimici di Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confail. «Non si possono cancellare con un colpo di spugna 50 anni di storia», ha detto a margine della riunione Armando Valiani, segretario della Ugl chimici di latina e dipendete della Nexans. Lo stesso rappresentante del ministero ha stigmatizzato il comportamento della multinazionale francese, che in una settimana annuncia di voler chiudere battenti e spostare la produzione dei cavi di media tensione nello stabilimento di Battipaglia in Campania. Dove negli anni passati avevano già portato le produzioni che erano state il fiore all’occhiello della fabbrica pontina. Nonostante fosse stata invitata la presidente della Regione Lazio Renata Polverini, ex segretaria nazionale della Ugl, non si è vista, ha preferito mandare un impiegato dell’amministrazione regionale. «È inaccettabile quello che dicono – dichiara Dario D’Arcangelis segretario della Filctem Cgil di Latina -. Abbiamo sterilizzato la loro volontà di procedere». I funzionari statali hanno chiesto al management aziendale di congelare la procedura e cercare di interloquire con i vertici francesi per l’applicazione del piano industriale del 2006 che prevedeva specializzazioni per il sito di Borgo Piave. L’incontro si è riaggiornato al primo giugno. Ma la volontà di Nexans è chiarissima: «Abbiamo comunicato alle istituzioni e alle parti sociali la decisione di Nexans di cessare le attività di Latina per garantire la presenza della società in Italia», ha dichiarato Giuseppe Borrelli, amministratore delegato Nexans Italia, al termine dell’incontro. «Confermiamo la disponibilità dell’azienda – ha aggiunto Borrelli – a cooperare con tutte le istituzioni e rappresentanze sindacali coinvolte per valutare, attraverso un dialogo costruttivo, le soluzioni più adeguate per ridurre al minimo l’impatto sociale». Un modo per dire che i lavoratori non saranno lasciati soli, che magari sul piatto saranno messi tanti soldi per la buonuscita. Ma sarà sempre poco per chi non vuole soldi, ma lavoro. «Almeno il primo round non lo ha vinto l’azienda – commenta Roberto Cecere segretario della Femca Cisl – siamo in una fase interlocutoria». Questa mattina nel sito di via del Crocifisso di terrà un’assemblea sindacale, intanto continua il presidio dello stabilimento da parte dei lavoratori.

domenica 23 maggio 2010

Salviamo il kiwi

Salvare il kiwi significa recuperare l’economia pontina. Ora che le multinazionali lasciano questo territorio, l’actinidia sembra essere l’ultima risorsa alla quale affidare il nostro futuro. Su questo argomento oggi pomeriggio, con inizio alle 18, si terrà un’assemblea pubblica presso la Sala delle Statue al Comune di Cisterna. L’iniziativa è stata organizzata da Confagricoltura e Cia che hanno deciso di incontrare le aziende agricole, i politici e gli amministratori per trovare una soluzione rapida alle enormi difficoltà causate dalla batteriosi dell’actinidia. L’assemblea pubblica vuole essere un momento d’incontro con l’assessore all’agricoltura della Regione Lazio cui verranno sottoposte idee fattibili e realizzabili che mirano a un possibile indennizzo  per gli impianti del “giallo” e alta proposizione di misure di salvaguardia per i produttori della tipologia “verde”. La batteriosi sta causando problemi e danni a tutta la provincia di Latina, leader nella coltivazione e produzione del kiwi. Il nome scientifico della patologia è “Pseudomonas syringeae pv actinidiae”: in breve tempo la pianta può arrivare alla morte. Dall’inizio dell’anno sono stati rilevati sintomi anche su piante a “frutto verde”, che sono quelle più resistenti, ma non del tutto immuni dal pericolo. Proprio per evitare la diffusione si è deciso di intervenire con programmi di prevenzione ed estirpazione soprattutto sul piatto.   tieffe

SIAMO TUTTI DELLA NEXANS

Teresa Faticoni
«Da una goccia nasce una cascata». E una pioggia di applausi è scrosciata ieri quando Federica Pigazzi, dipendente Nexans, ha parlato sul palco di Bicincittà. I giardinetti del centro di Latina sono stati invasi dai cappellini bianchi e le magliette con il logo della manifestazione organizzata dalla Uisp. Tanti bambini, i ragazzi delle scuole, cittadini di Latina e i lavoratori dell’azienda sul filo della chiusura con le magliette blu che hanno usato tante volte nella fabbrica che distribuiscono volantini e tengono uno striscione con il quale hanno aperto l’arrivo delle biciclette ai giardini pubblici. Natalino Nocera, l’anima di questa manifestazione, prende il microfono ed esprime tutta la solidarietà sua e dell’associazione ai lavoratori Nexans, ma non solo. Anche ai lavoratori Pettinicchio, Wyeth, Findus e tutti coloro che vedono scipparsi via il diritto costituzionalmente sancito al lavoro. «Abbiamo ospitato per dovere e per convinzione i lavoratori della Nexans», dice Nocera lasciando la parola alla Pigazzi mentre i colleghi si sono schierati sul palco con lo striscione che a lettere cubitali recita: «Sos Nexans». «Rappresentiamo non solo i lavoratori Nexans, ma tutti i lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro - dichiara al microfono -. Abbiamo tutti dei figli e un mutuo da pagare, per noi non ci sono speranze. Come faremo dopo il 31 maggio?». A quella data, infatti, saranno concluse le produzioni di cavi nello stabilimento di Borgo Piave. Che i dipendenti continuano a presidiare notte e giorno da oltre una settimana, per evitare che venga portato via il materiale prodotto, che vengano spostati documenti e macchinari, e per scongiurare il ricorso alla cassa integrazione straordinaria che al momento resta congelata. «Chiediamo un grido di supporto, perché tutto questo non deve essere permesso», dice ancora la Pigazzi che annuncia nei prossimi giorni una grande manifestazione provinciale cui auspica la partecipazione di tanti cittadini. Una strategia civile di denuncia, quella messa in campo da questi ragazzi, volantini, piccoli manifesti e striscioni attaccati in tutta la città. Oggi a Roma, presso il ministero dello sviluppo economico, il vertice in cui il management spiegherà cosa ne sarà del futuro. I lavoratori saranno lì. Tante gocce per fare un mare.

sabato 22 maggio 2010

LA VIPERA - L’EUTANASIA DI UNA CULTURA MILLENARIA

aemme
Quante donne a rappresentare l’Italia. C’è pure Valeria Marini sul tappeto rosso di Cannes. E che ci fa? Chi l’ha invitata? Cos’ha a che fare col cinema lei e le decine e decine come lei che sfilano mezze nude e poi non si sa cosa fanno? Glissano coloro che dovrebbero partecipare ed ecco in cambio chi troviamo. Parrebbe una lenta eutanasia della cultura italiana. Un’Italia che si fonda e cresce nei secoli avvalendosi della sua storia, la sua cultura, la sua incomparabile arte, intesa in senso lato, nel senso più elevato del termine, semmai ne avesse uno negativo, subisce una serie di pugni che la stanno mettendo all’angolo del ring e senza una adeguata reazione sarà costretta di qui a poco a prendersi il knockout definitivo, quello che la stenderà irrimediabilmente a terra. E li saranno dolori. Il ministro per i beni culturali Sandro Bondi, rifiuta senza usare mezzi termini e senza ripensamenti l’invito a partecipare al Festival di Cannes. Motivazione: fuori concorso, è bene ribadirlo, viene proiettata la pellicola di Sabrina Guzzanti, Draquila, che lui definisce in maniera a dir poco preconcetta, offensiva per il governo italiano. E non ci va, scatenando l’ira e lo stupore di tutti, compreso il direttore del Festival. Ma non si limita a questo firma: un Decreto che porta il suo nome con cui si da inizio ad un riordino delle Fondazioni liriche, scatenando una seria protesta di tutti i lavoratori del teatro e dei relativi sindacati, degli artisti definiti “accattoni  genuflessi”. Dopo i tagli alla scuola, all’ università, alla ricerca, ai musei, alle scuole di restauro adesso nel mirino c’è una delle culture più importanti del mondo: il Teatro d’Opera. Proprio in coincidenza col 150esimo anniversario dell’unità del nostro Paese. Proteste continue ma di poca efficacia vista la scarsa risonanza che gli viene dedicata dai mezzi di comunicazione. Più attenzione ce l’avranno sicuramente tutti coloro che da ieri stanno manifestando contro il testo del ddl Alfano che per l’approvazione definitiva sta per passare al Senato. Ed è proprio da Montecitorio che è partita una maratona, piuttosto che un sit in, fatta di cittadini, politici, molti giornalisti che manifestano pacificamente contro quella che è stata definita “legge bavaglio”. Un clima sereno ma determinato a non concludersi tanto facilmente. Ci sono tutti, anche le associazioni: il Popolo viola, Articolo 21, Valigia blu e diversi partiti politici. “Meno informazione uguale più corruzione” scrivono su uno striscione che impera nella piazza di Montecitorio. L’unica speranza è che il Presidente Napolitano non firmi, in caso di approvazione da parte del Senato. E’ l’unica speranza che abbiamo, dicono, per difendere il diritto di cronaca, la libertà degli editori, dei social network. Ci sono anche le più prestigiose firme del giornalismo italiano che garantiscono pieno appoggio all’iniziativa. Qualcuno parla di regime che si può impedire solo non andando in vacanza. E’ richiesta la partecipazione massiccia di tutti e loro sono intenzionati ad iniziare con uno sciopero dei giornalisti per arrivare fino, dove fosse necessario, alla Corte europea. LA Busi se ne va, rinuncia al suo telegiornale e al video e mentre il mondo dell’arte e della cultura fanno la loro battaglia noi ci accontentiamo di vedere ai vari TG la Croisette del Festival di Cannes strapiena solo di bombe sexy che scendono da automobili lunghe kilometri e sono vestite solo di lustrini. ‘Un popolo ignorante è più facile da governare’, ma tante scollacciate signore che si sciolgono dinnanzi a flash e riflettori, forse servono per far sembrare la regressione culturale meno grave. Vuoi mettere il fascino, i baci soffiati, di tante belle donne? 

LA LETTERA - Italia, un Paese normale

Salvatore Antoci
Egregio Lidano Grassucci,
Leggo quasi sempre con piacere e condivido spesso il Suo “Arcinormale”.
Da quello odierno estrapolo liberamente quello che mi sembra il filo conduttore:

“vorrei vivere in un posto dove è permesso fare tutto quello che non è espressamente vietato, e non in un posto (il nostro) dove è tutto vietato, tranne ciò che è espressamente consentito; vorrei vivere in un posto dove le Istituzioni incentivino il lavoro e lo sviluppo, invece di punirlo”.

Condivido il concetto al 100% ma, a mio parere, è necessario fare una precisazione: l’Italia, non solo non è un paese liberale, ma è addirittura un paese totalitario. Esagerato! Mi dirà Lei! Vediamo se riesco a convincerla.

Nessun altro paese occidentale possiede la mole di leggi e regolamenti che sono in vigore qui da noi; ci sono decine di migliaia di leggi e leggine (spesso in contraddizione le une con le altre), che hanno la pretesa di regolamentare tutto, persino argomenti risibili… e qui va a farsi benedire lo Stato liberale.
Poi però c’è la prassi consolidata (tacitamente accondiscesa dalle Istituzioni) che queste decine di migliaia leggi non è necessario rispettarle e quindi ognuno fa quel che gli pare (e qui va a farsi benedire lo Stato di diritto). Ma! C’è un ma! È vero che tutti sono tacitamente autorizzati a violare qualsiasi legge (facendo dell’Italia il regno dell’illegalità)... però le leggi ci sono! e il potente di turno (l’impiegato dell’anagrafe, il vigile, il poliziotto, l’assessore, il sindaco, il presidente del consiglio…) può, in qualsiasi momento, attingere discrezionalmente all’enorme serbatoio di leggi (che, ricordiamolo, dicono tutto e il contrario di tutto!), estrapolarne una che fa al caso suo e, arbitrariamente, applicarla contro il cittadino che in quel momento gli sta sugli zebedei. Questo, caro Grassucci, a mio parere è uno Stato totalitario.

L'ARCINORMALE - Fulgorcavi e il pezzo che manca


Lidano Grassucci 
I cartelli a difesa della Nexans, meglio quelli per non farla chiudere, sono ovunque e prima del nome attuale dello stabilimento che produce cavi c’è il richiamo al vecchio nome dell’azienda “Fulgorcavi”. Perché questo secondo nome rappresenta un pezzo della storia industriale di Latina, di una storia industriale che trasformava, e questo è comune, contadini in operai ma che si preoccupava anche del “dopo lavoro”. Perché Fulgorcavi era anche il nome di una squadra di calcio che a un certo punto della sua storia gareggiava alla pari con il Latina Calcio, che era un punto di riferimento per il calcio giovanile, che rappresentava l’idea di un grande futuro industriale per Latina. Dalla “Fulgorcavi” è uscito anche, credo, l’unico scrittore che questa città abbia espresso: Antonio Pennacchi, che in qualche modo ha narrato l’epopea industrial-sindacale e sociale. Oggi la chiusura di questa fabbrica ha un significato drammatico perché il sogno industriale che rappresenta, e la società industriale che ne è conseguita, erano il frutto di un’idea di sviluppo, di futuro, che oggi non c’è lontanamente. Le fabbriche chiudono, e questo è normale, ma quando ciò avviene le comunità si salvano se si reinventano, se immaginano un domani legato a un’idea diversa di industria o al passaggio in altri settori ma soprattutto alla capacità di passare dalla vendita delle braccia alla competizione dell’intelligenza. Le grandi civiltà industriali decentrano il manifatturiero, il fare con le mani, ma accentrano la capacità di innovare. Il dramma non è non fare più cavi, ma non essere capaci di pensare e di progettare i cavi di domani. Il dramma di Latina è quello di non aver pensato per tempo al dopo industria sviluppata per il costo basso della manodopera, abbiamo progettato una università che non crea lavoro intelligente ma produce ripetizioni o servizi per il lavoro banale che non c’è più. Non esistono qui centri di ricerca al fianco dell’università, non esistono laboratori di innovazione tecnologica. La Nexans fa cavi come la Fulgorcavi faceva cavi. Il problema è tutto qui, l’incapacità dei contadini diventati operai di dar vita a ricercatori, a creatori di nuovi prodotti. Difendere la Fulgorcavi è essenziale se riusciamo però a confortare la presenza di questa industria con un’idea di progetto del domani che non c’è. 

Sabaudia - Azienda, una domenica con Mad

Luisa Guarino
La multiforme rassegna d’arte moderna Mad, ideata e curata da Fabio D’Achille, presenta l’AZIENDAMad, un evento che nasce dall’incontro tra il dj Red (un nome che è già un tocco di colore) con l’arte di Mirko Cannizzaro, che per l’occasione presenterà “Neon-Art Exhibition”, una personale di oggetti luminosi e opere d’arte con interventi e installazioni realizzate con il neon. L’inaugurazione si terrà oggi alle 17 presso il risto lounge bar l’Azienda di Sabaudia, in Via Casali di Paola. Ingresso libero. La mostra resterà aperta fino al 30 maggio. Per l’odierno vernissage l’Azienda offrirà ai visitatori una degustazione enogastronomica, in modo da rallegrare in perfetta armonia - spiegano gli organizzatori - le diverse sfere sensoriali, vista, udito e gusto, che contribuiscono a trasformare una semplice mostra in un’esperienza di forte valenza estetica e culturale. “Il mio maestro Pietro Sforna detto Peter - ricorda Mirko Cannizzaro - è stato un grande uomo: fondò la prima soffieria a Latina nel 1966, ed è grazie a lui che sono venuto a conoscenza della vera storia dei soffiatori. Negli anni ’60 il soffiatore veniva visto come un artigiano al di sopra di tutti, perché riusciva a trasformare una canna di vetro in una lampada luminosa grazie alla sua abilità manuale e fisica; pertanto lui era molto esigente e severo con chi volesse intraprendere questo mestiere. La ‘tana’ era il suo laboratorio; nessuno doveva vederlo e nessuno doveva usare i suoi strumenti, ma aspettare. Aspettare che quel giorno arrivasse. Per me quel giorno è arrivato nel 1990, quando entrai a far parte di quella soffieria. Nel 2002 - conclude Cannizzaro - la sua ‘tana’ è diventata la mia ditta: ero pronto, cresciuto con tanta voglia di sperimentare e creare nuove ‘progressioni”.

Nexans, solidarietà dal mondo del lavoro


Maria Corsetti


È oramai più di una settimana che i lavoratori della Nexans presidiano giorno e notte lo stabilimento di Borgo Piave. Una lotta dura e disperata contro un muro di non risposte, contro un futuro che nessuno riesce a immaginare. Una situazione purtroppo comune ad altre realtà della provincia di Latina, una condizione che unisce, e questa è l’unica nota positiva. Venerdì sera una delegazione di lavoratori Wyeth ha mostrato in maniera concreta la propria solidarietà, presentandosi ai cancelli della Nexans, pronti ad aiutare nella preparazione dei manifesti e degli striscioni che in questi giorni si vedono sempre più spesso nelle strade di Latina. «Abbiamo saputo del momento difficile dei nostri colleghi della Nexans – ha spiegato Ester Mazziotti della Wyeth – e siamo accorsi. È importante che la protesta diventi corale. Parliamo di aziende, parliamo di lavoratori che hanno segnato la crescita di questo territorio. Dietro ogni persona che viene licenziata c’è una famiglia. A questo punto non si può rimanere fermi a difendere le proprie posizioni, ma dobbiamo unirci perché la nostra voce sia sempre più forte». «È stata una sorpresa piacevole, nonostante il momento – ha dichiarato Alessandra Crociara della Nexans – vedere arrivare i lavoratori di un’altra azienda qui da noi. Lotteremo insieme per affermare i nostri diritti». E, a proposito di proteste, ieri doveva essere il giorno in cui uno striscione doveva essere posizionato sulla Torre pontina, ma all’ultimo momento non è stato possibile. Una delusione forte per i dipendenti Nexans che contavano di poter esprimere i loro timori nel luogo più alto della città. Una delusione che però non li ha visti abbandonare la presa, grazie anche alla solidarietà che continua ad arrivare dal mondo del lavoro: ieri sotto la Torre si è presentato un operaio ex Tetrapack, insieme alla moglie, per manifestare il proprio sostegno. Una nota è arrivata dai lavoratori della Shopping Global Center Latina che «coscienti delle difficoltà del momento esprimono tutta la loro solidarietà agli amici e compagni della Nexans alla quale si affiancano le segreterie provinciali dei tessili di Femca/Filctem/Uilta». Dario D’Arcangelis, della Cgil, ha chiesto a tutte le categorie del sindacato di attivarsi per non lasciare soli i lavoratori Nexans. Una protesta che si allarga a macchia d’olio, dunque, e per la quale si attende una risposta dal vertice al ministero in programma per domani. 

FORMIA - Stanata la banda della pelliccia

Raffaele Vallefuoco 
Il capo della “Banda della Pelliccia” finisce agli arresti. Giuseppe Buro, quarantottenne leader del sodalizio criminale, che ha operato in diverse circostanze negli atelier di Formia e dintorni, è stato incastrato dalle registrazioni delle telecamere a circuito chiuso dei negozi vittime dei raid. I filmati acquisiti dal commissariato di polizia di via Olivastro Spaventola, i cui agenti si sono attivati in seguito alle denunce formalmente presentate dagli esercizi commerciali truffati, hanno evidenziato un canovaccio fisso in cui si cimentavano ogni volta tre dei quattro componenti della banda, tutti residenti nell’hinterland partenopeo. Ad interpretare la parte della donna di «bell’aspetto», secondo la dichiarazione delle vittime, interessata all'acquisto di capi d'abbigliamento costosi, ben due “prime donne” che agivano a rotazione, affiancando Giuseppe Buro nelle trasferte. Il terzo attore, un arzillo ottantenne, è colui il quale, approfittando della distrazione dei titolari o delle commesse dei negozi, intenti a mostrare la merce alla coppia, materialmente portava via i capi d'abbigliamento, infilandoseli o nei pantaloni, vestendo calzoni visibilmente ampi supportati da bretelle, o occultandoli in impermeabili. Per gli altri componenti del sodalizio è scattata la denuncia a piede libero. Ad emettere, invece,  la misura di custodia cautelare in favore di Giuseppe Buro il gip della Procura di Latina Coccoluto, su richiesta del pubblico ministero Capasso. Sul quarantottenne, in particolare, gravava anche una notifica di arresti domiciliari da parte della Procura di Napoli, sulla quale, però, è prevalsa la richiesta della magistratura pontina, che si è attivata su impulso del commissariato di Polizia diretto da Paolo Di Francia. Gli stessi agenti hanno ammanettato venerdì notte il quarantottenne in un'abitazione di Casoria, nella quale vive con la compagna - complice. Un appartamento particolarmente lussuoso. Gli inquirenti, infatti, sono rimasti particolarmente colpiti dalla presenza di numerosi monitor a cristalli liquidi, «disseminati in ogni angolo della casa». Buro è stato, quindi, condotto presso la casa circondariale di Latina, dove avrebbe dichiarato di aver messo a disposizione del negozio di proprietà la refurtiva recuperata nei raid. Capi d'abbigliamento del valore di migliaia di euro che, quindi, potevano trovare nuova allocazione sul mercato. Attesi gli sviluppi dell'indagine che, dati gli evidenti indizi di colpevolezza per i complici, potrebbero portare a nuovi arresti. 

L'ARCINORMALE - Un metro da rimandare

Lidano Grassucci 
 
A Latina si voterà  tra un anno, una distanza siderale in politica. Vedo scalpitare, vedo aspettative superiori ai bisogni. Di sindaci è piena la città  di idee è deserto.
Sindaci per far cosa? Ho sperato tanto nel commissario di governo, un occhio esterno per “ordinare” un comune che si regge su rendite di posizione consolidatesi in 18 anni di “revanscismo”, rendite tante quante quelle dei 30 anni precedenti, e talvolta sovrapposte.
Ho sperato nel commissario di governo per quella idea alta di Stato che mi viene dalla mia credo troppo vecchia cultura liberale. Immaginavo un ritorno alla normalità, ad un Comune fuori per sempre dalla logica onirica dentro la prassi del vivere quotidiano.
Ora anche con il commissario si parla di metropolitana, sia pure leggera, e mi domando: non è il caso che su questo decida il sindaco prossimo?
A Latina serve un anno di strade pulite, erba tagliata, vigili in strada e licenze date secondo norme e presto. Basta, basta per favore perché di voli del tacchino ne abbiamo raccontati tanti, poi il culo grosso ha sempre impedito alla bestia di staccare le zampe dalla terra.
Caro Commissario ci faccia vivere la rivoluzione del normale, ci doni un anno in cui parliamo noi (intesi come cittadini-elettori) di futuro mentre lei ci garantisce il presente.
Sulla metro ho detto la mia poi gli elettori l’hanno chiesta perché era nel programma di Zaccheo, lui in tre anni non è stato capace di farla. Ora? Ora se farla o meno debbono deciderlo i cittadini e il sindaco prossimo.
Sarebbe bello, per esempio, che quest’anno al mare ci fosse tanta pulizia e i locali pieni di gente che si diverte fino ad ora tarda perché d’estate il mare è vita. Sarebbe bello che Lei desse un ordine semplice: “al lido è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato”. E non come oggi che tutto è vietato tranne quello che è “permesso” a capriccio dell’amministrazione. Lo dico per via di quella cultura liberale che vede prima la libertà, poi i suoi limiti. Non il contrario.
Dice: ma è blasfemia? No è il criterio della Costituzione della Repubblica italiana che sancisce prima le libertà, poi ne stabilisce i limiti.
Stabiliamo che al mare gli ospiti debbano stare bene, i cittadini anche, e le imprese debbono lavorare. Il Comune? Deve incentivare il lavoro non punirlo.
Signor commissario io farei così, ma sono nato liberale e italiano, nel Regno dei Borbone, nelle terre del Papa non va così. Povero me che continuo ad amare il 20 settembre. Il Re dei napoletani viaggiava in treno da Napoli alla casa di vacanza a Portici, le merci e i cittadini a cavallo del somaro. Dio salvi l’Italia e i suoi 150 anni e stramaledica principi, stranieri e tirannelli.

giovedì 20 maggio 2010

L'ARCINORMALE - Aeroporto simbolo di tristezza



Lidano Grassucci

“Aeroporti? Non ne servono di nuovi”, a dirlo è il presidente dell’Enac Vito Riggio. E l’aeroporto di Viterbo, quello di Frosinone, quello di Latina? Niente, niente. In Italia rimarranno 47 scali, quelli che ci sono. Di Viterbo, inteso come aeroporto, non si parla nemmeno nella relazione sulle infrastrutture per le olimpiadi di Roma (c’è solo la candidatura) del 2020.
E i comitati per l’aeroporto di Latina? E le battaglie con Marrazzo che prometteva aeroporti ad ogni contrada? Stupidaggini.
Perché noi a Latina arriviamo sempre quando i giochi sono fatti. Vogliamo le terme quando il termalismo è allo stadio terminale, gli aeroporti quando il traffico aereo precipita e il treno diventa, con l’alta velocità, competitivo nelle tratte medie e brevi.
Perché? Perché non c’è classe dirigente, non c’è un circuito politico in grado di immaginare il futuro conoscendo il presente. Abbiamo raccolto le firme per un aeroporto inutile, impossibile. Abbiamo fatto comitati per chiedere nulla.
È, questa vicenda, la conclusione della grande stagioni delle politica dei prestigiatori: l’aeroporto arriva dopo il parco tematico senza tema, la banca di Latina senza banca, l’intermodale senza merci, la metropolitana leggera così leggera che è volata via come una piuma, le perforazioni per illusioni termali,  l’università diffusa che è diventato un liceo specializzato senza attrarre studenti da fuori.
18 anni e si sentono tutti. Il simbolo? L’Icos, lo scheletro dell’Icos sulla Pontina, guardatelo mura che paiono scarnificate, come le illusioni di niente morte una ad una.
Volevamo l’aeroporto quando gli aeroporti chiudevano, tristezza di vivere con sogni ovvi e pure impossibili. Due tristezze in una illusione sola. 

NEXANS, PROTESTA CONTINUA



Teresa Faticoni
«Non lasceremo che ci portino via la storia, ma non permettiamo che sia rubato il futuro a noi e ai nostri figli». È la quinta notte di presidio alla Nexans. A parlare è Alessandra Crociara, rsu della Ugl. È stata lei lunedì mattina all’assemblea sindacale a prendere la parola per prima: «Dobbiamo stare uniti» aveva detto al microfono un po’ emozionata ma con la determinazione di chi non mollerà in questa lunga lotta. I rumors sulla chiusura del sito di Latina non sono mai stati smentiti dalla dirigenza del gruppo Nexans, e loro, i lavoratori, stanno di giorno e di notte a presidiare il sito: «Per assicurarci che nulla esca da questo stabilimento. Non lasciamo mai il sito scoperto - precisa Alessandra - per evitare che la dirigenza sposti documenti, macchinari o il materiale che continuiamo a produrre». I dipendenti fanno entrare le materie prime per la produzione dei cavi, ma poi, come dice Alessandra Crociara, «ce li teniamo in casa». «A casa», significa che qui la gente ha dato tutto e adesso si vede portar via «la casa». Per questo lunedì hanno bloccato la rotonda, per sensibilizzare l’opinione pubblica su quello che vogliono “combinare” alla ex Fulgorcavi. Dove è nato il sindacalismo pontino (nei giorni scorsi anche la visita di Antonio Pennacchi «che ci ha ristorato l’anima»), intorno alla quale è stata costruita una società. Lunedì prossimo il giorno x. Al ministero dello sviluppo economico forse si saprà del domani che certezza ci sarà.

martedì 18 maggio 2010

Sezze scalo, il parcheggio della stazione diventa un circo

Teresa Faticoni
«Non credevo ai miei occhi». Claudia Piccoli è una delle tante pendolari che ogni giorno dalla stazione di Sezze Scalo prende il treno per andare a lavorare a Roma. Una vita già complicata che lunedì mattina ha subito anche l’amara sorpresa: il grande parcheggio realizzato alcuni anni or sono lato mare era per oltre la metà del suo spazio occupato da un circo. Immediata la reazione di sorpresa, che ha subito lasciato spazio allo sgomento. «Credevo di trovare mangiafuoco a dirigere il traffico delle auto impazzite dei pendolari alla disperata ricerca di un luogo dove posteggiare», dice Claudia. La reazione di tutti i pendolari, di buon mattina e a inizio settimana, è stata unanime: la rabbia ha cominciato a circolare. I più si sono limitati a mugugnare qualche rimbrotto, lamentandosi come alle poste dell’Italia e del governo ladro. Ma  Claudia ha scritto un’ironica lettera al sindaco di Sezze Andrea Campoli, ponendo un quesito semplice ma la cui risposta sarà complicata. «Visto che più della metà del parcheggio è occupato dal circo, dove possiamo parcheggiare?». Domanda legittima, perché l’area sosta è capiente, certo, ed è frequentata da un folto numero di persone che si servono della stazione di Sezze Scalo tramite il comodo sottopassaggio. Ma se per la metà ci metti un circo, i pendolari sono costretti a lasciare le auto lungo la strada di entrata al parcheggio. Perché dunque levare spazio a chi ogni giorno, causa studio o lavoro, è costretto a viaggi avanti e indietro dalla Capitale (con tutti i problemi del trasporto ferroviario, su cui si dovrebbe scrivere un capitolo a parte) in favore di un evento di intrattenimento per cui si sarebbe potuta trovare una collocazione diversa? Una ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza, dopo la vessazione di ignoti che squarciavano i copertoni delle auto in sosta, dopo il circo acquatico, adesso anche il circo degli animali. Non sarà un po’ troppo?

NEXANS, serve il sostegno di tutti

Teresa Faticoni
Ieri mattina sono riprese le attività lavorative anche se a regime ridotto alla Nexans di Latina. Mentre fuori si cercava di sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sta accadendo a Borgo Piave. Alcuni lavoratori infatti hanno distribuito volantini al mercato del martedì a Latina: «sos futuro». I dipendenti della ex Fulgorcavi hanno cercato di coinvolgere i cittadini sulla ventilata chiusura del sito. Che l’azienda non smentisce. Da venerdì scorso, dopo che nella mattinata Radiofabbrica aveva diffuso la voce della chiusura, i lavoratori sono in presidio permanente davanti all’azienda. Per non lasciare campo libero al management che potrebbe, con una semplice comunicazione (così prevede la legge) riattivare la cassa integrazione straordinaria per tutto il personale. Ma la cosa che scotta di più, come specifica Armando Valiani, segretario provinciale della Ugl chimici e dipendente della fabbrica, è che «l’azienda è latitante. Da quando abbiamo iniziato lo stato di agitazione non si è fatta sentire. Confermando così di fatto le voci che parlano della chiusura». Intanto le parti sociali hanno inviato la richiesta di incontro al ministero dello sviluppo economico, trasformando di fatto il tavolo del 24 che doveva tenersi in Confindustria Roma. «Ma noi non andiamo a casa loro», aveva detto Roberto Cecere, segretario della Femca Cisl all’assemblea di lunedì mattina. Pare che comunque il funzionario del ministero, Giampietro Castano, sarebbe orientato positivamente in questo senso.  «Noi siamo convinti come Cgil - ha dichiarato Dario D’Arcangelis segretario della Filctem Cgil - che esiste un problema Latina che va affrontato nella sua totalità partendo da queste situazioni particolari per riprogettare lo sviluppo della provincia». Le parti sociali hanno chiesto anche un incontro anche all’amministrazione provinciale. E non si è fatta attendere la risposta del’assessore alle attività produttive e alle crisi industriali Silvio D’Arco. «Abbiamo già concordato con le organizzazioni sindacali l’apertura del Tavolo di concertazione provinciale per la prossima settimana - precisa l’assessore - con il preciso obiettivo di ricercare con l’impresa un percorso chiaro e condiviso, da seguire a livello provinciale, regionale e ministeriale per superare la grave situazione di crisi al fine salvaguardare prioritariamente la produzione e l’occupazione. La situazione – conclude D’Arco - non è certamente facile ma posso assicurare che i lavoratori  non saranno lasciati soli e che la Provincia metterà in campo, come ha già fatto con altre situazioni di crisi industriale, tutti gli strumenti a sua disposizione, utilizzando al meglio le normative vigenti e gli ammortizzatori sociali  disposti a livello regionale e nazionale per salvaguardare  la produzione industriale e tutelare  l’occupazione in provincia di Latina».

lunedì 17 maggio 2010

LATINA - La vertenza Nexans blocca la città

Teresa Faticoni
Il dramma che la chiusura della Nexans si porta dietro è tutto racchiuso nella rabbia e nelle lacrime di Armando Valiani, segretario Ugl chimici e dipendente di questa fabbrica. «Mio nonno ha lavorato qui, mio padre e mia madre hanno lavorato qui, e io conosco tutti per nome». Sbatte i pugni sul tavolo e i colleghi si sciolgoono in un applauso che significa più di quello che dice. La mattinata era cominciata con il blocco della rotonda di Borgo Piave. Con le forze dell’ordine a deviare il traffico e a spegnere qualche eccesso. Fischietti, striscioni e urla contro il management dell’azienda reo di aver trasferito le produzioni nello stabilimento di Battipaglia. Cristian Della Portella, rsu della Ugl, grida nel megafono la disperazione di chi «ha dato tutto a questa azienda». C’è anche una donna incinta a sostenere il marito che forse perderà il lavoro. Ci sono i pensionati di Fulgorcavi, con un’amarezza difficile da mandar giù, per chi è andato in pensione presto per lasciare il posto di lavoro, che all’epoca sembrava sicuro come uno al ministero, ai figli. Qualche mortaretto per fare scena, e intanto la fila delle auto nella zona nord di Latina si faceva lunghissima. Il corteo poi è sfilato a ritroso verso il sito in via del Crocifisso dove si è tenuta l’assemblea sindacale. Continua il presidio permanente.

NEXANS, i lavoratori: «E mo' che famo?»


Teresa Faticoni
I primi a prendere la parola sono i rappresentanti sindacali unitari Nexans. Alessandra Crociara e Cristian Della Portella della Ugl, Salvatore Chiera della Cgil e Michele Astore della Confail guardano in faccia i loro colleghi e chiedono unità. Dicono no a mobilità o cassa integrazione, ma come sottolinea la Crociara, «anche con un salario ridotto noi vogliamo lavorare». Poi è il momento di Armando Valiani, segretario Ugl chimici (con lui il segretario generale Ugl Claudio Durigon), che parla con il cuore: «Questo stabilimento ha aiutato l’economia pontina, qui hanno lavorato i nostri padri. Noi non vogliamo parlare di ammortizzatori sociali, ma di Nexans aperta. Vogliamo che ci spieghino il piano industriale». Che al momento non c’è anche se il fatto che le produzioni siano state spostate nel sito di Battipaglia dal management, tutto campano, e che da mesi non arrivano materie prime fa presupporre futuri non produttivi. Di più: le macchine lavorano a regime ridotto. Dario D’Arcangelis, segretario della Filctem Cgil (con lui anche Walter Cassoni), si rivolge ai politici. «Dalla vertenza Nexans bisogna creare la vertenza Latina. Faccio appello alle istituzioni a tutti i livelli: le famiglie vanno tutelate e protette con un serio progetto di sviluppo del territorio». Anche Pietro Galassi, segretario Confail, parla ai politici presenti: «Non si salvaguardate, non c’entra il colore, la politica è assente». Roberto Cecere, segretario Femca Cisl, chiede ai politici di non dividere il fronte dei lavoratori. «Siamo solo al primo minuto di gioco, la partita sarà lunga». Cecere propone di spostare il tavolo del 24 da Confindustria al Ministero dello sviluppo economico. Alla fine si decide per un comitato di sostegno alla negoziazione che affianchi le rsu. «Non lasciamo mai sola questa azienda». Il presidio, dunque, continua in vista della lunga marcia su Roma.

L'ARCINORMALE - Il colpo arrivato vicino

Lidano Grassucci 
 
La guerra è lontana, l’abbiamo mandata lontano per evitare di pensare che questa pace che viviamo non è normale, non è sempre stato così. Muore un soldato e in tanti commentano: “beh lo sapeva”. Cosa sapeva? Nessun uomo sa di morire, puo’ immaginare di morire ed un soldato non muore di meno di un civile, si muore soltanto umano per noi uomini, non ci sono altre categorie. Ma che ci stava a fare un nostro ragazzo in Afghanistan? La domanda è sempre la stessa, la stessa che si ponevano i ragazzi europei nel ’39: “vale la pena morire per Danzica?”.
In molti pensavano che era inutile, stupido. Se non l’avessero fatto tanti giovani oggi saremo servi. Perché la domanda era mal posta: “non si puo’ lasciare Danzica ai cani, perché i cani in branco poi arrivano a casa tua, ogni casa è Danzica”. Ecco in Afghanistan siamo per non esser schiavi, per non pregare tutti allo stesso modo. Siamo contro quelli che hanno sparato alle statue del Buddha perché blasfeme con i cannoni, contro quelli che impediscono alle bambine di leggere, di scrivere, di sognare. Siamo lì contro i cani che usano la fede per uccidere l’umano. L’afghanistan è casa nostra, le bimbe a cui i cani negano la scuola, la salute, la dignità sono le nostre bimbe.
Massimiliano Ramadu’ è un ragazzo che poteva stare in discoteca, poteva ridere davanti al bar del corso di Cisterna, che poteva essere il nostro vicino di cinema al Corso, con cui forse abbiamo visto la partita insieme. Era un ragazzo morto troppo giovane e siccome che fa il soldato muore per gli altri, è un morto generoso della stess pasta di quei ragazzi che ricordiamo nei monumenti ai caduti di cui sono piene le nostre città, quei monumenti che guardiamo con idiota indifferenza. Davanti la casa della mia infanzia, a Sezze, c’è una statua di un soldato che bacia la bandiera, con passione, come fosse una bellissima dama. Ricorda i ragazzi che morirono sul Piave, forse è un po’ retorica ma ieri quando mi hanno raccontato la storia di Massimiliano l’ho rivisto in quel soldato che non incuteva timore, ma amava. Retorica? Sarà per il libro Cuore  che mi ha insegnato che l’amore non è solo quello della vita quotidiana. Ma chi lo ricorda Cuore.

domenica 16 maggio 2010

L'ARCINORMALE - Loffredo , Finestra e il tempo





Lidano Grassucci


Finestra e Loffredo, il primo racconta di cosa dovrebbe fare il commissario di governo a Latina, il secondo spiega il suo ritorno in politica dopo il ’93 in cui anche lui contribuì al suicidio democristiano. Non un suicidio normale, era quello di un capo famiglia (e lo dico da antidemocristiano) che lasciava i figli nelle mani di un nonno astioso, vendicativo, fuori dal tempo. Sono stato per anni collaboratore di Alfredo Loffredo, e lui rimane l’unico borghese che questa città abbia mai avuto. In qualche modo è stato il mio riferimento sociale e professionale, ma… il tempo.
Obama ha meno di 50 anni, Cameron poco più di 40 e… potrei continuare.
Il suicidio democristiano portò, nel 93, ad una regressione temporale: il sindaco Mansutti aveva 38 anni, fu sostituito da un Finestra già sopra i 70. Una follia del tempo, sono i figli che sostituiscono i padri, non il contrario. In questi numeri c’è il male di Latina. Dice, poi è arrivato Vincenzo Zaccheo che è più giovane. È vero ma era figlio della politica del ‘900 ed era già il 2000. Era, Zaccheo, figlio dell’idea di riscatto nostalgico della città fondata dai fascisti. Una follia che viene nobilitata letterariamente da Antonio Pennacchi con la categoria del “fascio comunista”, una categoria che mette insieme in un posto solo, qui, il peggio del secolo scorso l’inumanità del totalitarismo fascista e di quello comunista. Qui usiamo categorie che in nessuna altra parte del mondo sono neanche accettabili. Loffredo e Finestra ieri sono stati non storia di questa città ma cronaca, rivendicando una guida che se non è senatoriale non è. Il ’93 è stato il nostro dramma: mentre in tutta Italia nascevano nuove classi dirigenti, noi unici abbiamo ripreso quelle vecchie.
Loffredo e Finestra sono la storia profonda di Latina, ma non possono essere il domani, è ingiusto chi non riesce a spiegare questo.
Sono legatissimo ad Alfredo Loffredo ma non sarei dalla sua parte se non esprimessi questo mio pensare: alla Gran Bretagna serve Cameron non un ritorno della Thatcher la signora è stata una grande. Sto con i laburisti, ma la rinascita del socialismo britannico non passa per Blair.
Sono socialista e amo Turati, ma il futuro del socialismo non potrà essere lui che di noi è stato il più grande.




FOMRIA - Meno quindici: riapre il ponte sulla Flacca



Raffaele Vallefuoco  
Meno quindici alla riapertura del ponte sulla litoranea di Formia. L'annuncio arriva direttamente dall'assessore alle infrastrutture Erasmo Ciccolella che esprime soddisfazione per l'avanzamento dello stato dei lavori. «Dieci giorni fa - analizza - è stato realizzato il sopralluogo col sindaco Forte. Insieme al primo cittadino si è stabilita la data di riapertura: 31 maggio. Certo potranno rimanere incompiuti piccoli accorgimenti tecnici che saranno realizzati in un altro momento, ma il grosso è fatto. Oggi, in particolare, sarà realizzato il manto impermeabile e i pozzetti per l'illuminazione, poi, infine aspettiamo che sia realizzata la copertura d'asfalto». Una soddisfazione che, però, l'assessore non tradisce. Intanto in settimana è prevista la decisione sulla data di collaudo della struttura. Insomma l'amministrazione sembra aver rispettato l'obiettivo di restituire una viabilità rinnovata alle porte dell’estate. Ma non possiamo dimenticare l'agonia di questi mesi. E in questa direzione va l'intervento del Partito Democratico di Formia, che non concede nulla all'amministrazione. Anzi sullo sfondo resta la critica di non aver dato alla città delle alternative significative per ovviare alla grave crisi. In particolare afferma il sodalizio: «Sentiamo il dovere di ringraziare tutti i cittadini, le famiglie, gli imprenditori, i professionisti, i turisti, i pendolari e tutti quanti hanno dovuto subire e sopportare i forti disagi determinati dai lavori che sono stati effettuati. Tali difficoltà, che hanno sconvolto le nostre abitudini, provocando problemi di ogni tipo, sono state superate grazie a un alto senso civico comune e condiviso da tutti i cittadini. L’esempio che è stato dato costituisce, per noi del Partito Democratico, uno stimolo nel continuare a credere in una società formata da cittadini solidali e responsabili come quelli di Formia».  Rivendica, invece, i meriti dell'amministrazione comunale l'assessore alla viabilità Pasquale Cardillo Cupo, critico verso chi aveva espresso delle riserve  sui lavori. Commenta: «Eccoli, sono tornati, e persino con qualche giorno di anticipo! Dopo aver previsto catastrofi, rivolte e sommosse di piazza, sparso fotografi per tutta la città, ostruito il passaggio di auto e tir circolando a due Km/h in bicicletta, inviato alle riunioni ed ai vari incontri avvenuti in comune catastrofici veggenti, “espertissimi” di grandi opere e costruzioni che prevedevano con certezza la fine dei lavori sul ponte non prima di Gennaio 2011, tanto certi delle loro capacità profetiche e della incapacità altrui che erano pronti a scommettere qualunque cosa sul fallimento altrui». Certo, come sostiene l’assessore Cupo, i «detrattori» (meglio dire chi la pensava diversamente) non sono mancati, ma le perplessità avanzate  riflettevano le preoccupazioni di un affossamento della Città, tant’è vero che nel periodo solo i commercianti hanno lamentato un crollo nelle vendite di oltre il 30%, in una fase di preoccupante contrazione economica.

NEXANS snobba gli operai

Teresa Faticoni
Ci si mette anche Giove Pluvio a spegnere le speranze dei lavoratori Nexans. Da venerdì, quando si è cominciata a diffondere la parola “chiusura”, sono a Borgo Piave in via del Crocifisso a picchettare lo stabilimento. «La cosa vergognosa, che ci fa pensare il peggio – dice Armando Valiani, segretario Ugl chimici che passa le notti e i giorni con i lavoratori – è che la società non ha confermato né smentito». Un silenzio assordante, che penetra nelle mura della portineria e della sala sindacale dove sono accampati i dipendenti in protesta. La produzione viene comunque garantita, ma chi sta dentro racconta di macchine che girano al minimo, di materie prime che scarseggiano. «Con l'addio della Nexans non chiude soltanto un'azienda ma finisce definitivamente la speranza di un rilancio della provincia di Latina. Esprimiamo solidarietà ai lavoratori della Nexans partecipando alla mobilitazione prevista per domani». Così il coordinatore comunale del partito democratico Giorgio De Marchis. Il partito aveva anche portato il segretario nazionale Pierluigi Bersani in questo sito, proprio per mantenere alta l’attenzione su una chiusura, che sebbene ancora non ufficiale, era annunciata da tempo: manca un lavoro, cosa si può produrre più? Ma la domanda forte è un’altra: perché una grande azienda di cavi come la Nexans è legata solo alle commesse Enel? Perché il management non ha cercato altre fette di mercato? «Nella provincia pontina si rileva un dato territoriale che non funziona – conclude De Marchis -: all’interno della crisi generale, osserviamo uno stato di crisi particolarmente accentuato nel nostro territorio, che non riesce a scongiurare eventi di questo genere e a dare risposte al settore imprenditoriale e occupazionale». Il Pd annuncia mobilitazione a tutti i livelli.

sabato 15 maggio 2010

Di Cocco, la Marina e il coraggio



Lidano Grassucci


Deve essere stato un bel parlare: da una parte Italo Di Cocco che rappresentava i commercianti pontini, un novello Braveheart, pronto a tutto per affermare diritti negati. Tipo la libertà che i perfidi inglesi negavano agli orgogliosi scozzesi. E dall’altra il subcommissario di governo Alicandro ed Elena Lusena come interlocutori. Ed eccolo Italo Di Cocco che davanti al commissario e all’avvocato del Comune chiede l’auspicata libertà: quella di poter fare al mare le feste d’estate. Non si è spinto oltre, perché poteva pure, con lo stesso ardire, chiedere l’autorizzazione a fare il bagno, a prendere il sole, e di sostare sulla spiaggia in costume la mattina con il sole. Naturalmente non ha osato tanto. Si è limitato a domandare che gli esercenti commerciali del lungomare possano tenere aperti i loro negozi. Una cosa così non si era mai sentita. Ora anche quelli di Rimini vogliono le stesse libertà chieste da quelli di Latina. Apriranno un contenzioso con il loro Comune e con la Regione Emilia Romagna. Perché lì poter fare le feste d’estate, tenere aperti i locali la sera col fresco è un sogno. Italo Di Cocco ci informa anche che visto che parte della spiaggia è stata erosa dal mare quelli degli stabilimenti si possono allargare di qua e di là dalla loro concessione. Pagando, naturalmente, per lo stesso numero di ombrelloni. Anche questa è una cosa coraggiosissima, non ci aveva pensato nessuno. Siamo alla prima rivoluzione dolce che riafferma la conquista dell’ovvio. Al Comune di Latina concedono agli esercizi commerciali del mare di somministrare bevande fino alle 21. Perché, lo sanno tutti, dopo Carosello tutti a nanna, soprattutto d’estate e nelle zone balneari. La movida spagnola? Finisce alle 6 del pomeriggio. La costa azzurra? Lì chiudono addirittura alle 5. Solo noi a Latina possiamo dare gazzose, chinotto e spuma fino alle 21. Anche qui i funzionari di Rimini e Riccione hanno chiesto a noi consiglio per sapere come si fa. In tutti i Comuni del Lazio i sistemi di autorizzazione sono semplificati e veloci. A Latina emeriti avvocati studiano i singoli casi, i funzionari ricercano con maggiore attenzione di quanto fanno quelli della Monsanto quando creano gli ogm. Poi tutti parlano di rilancio della Marina, ma forse intendono nel senso di lancio nella discarica di Montello di qualsiasi ipotesi di sviluppo turistico. A questo punto non resta che appellarci al neo assessore regionale Stefano Zappalà affinché “commissari” Latina, tolga dalle mani di Latina, dei suoi amministratori e dei suoi funzionai la gestione del turismo ed emetta un provvedimento legislativo che dica semplicemente: «Latina è Italia, è Lazio, e valgono le stese regole che ci sono negli altri Comuni di questa Regione». Scrivendo così, semplicemente, gli operatori turistici di Latina darebbero vita senza lacci e lacciuoli al più grande boom turistico del Mediterraneo. E non servirebbero Braveheart alla Italo Di Cocco, ma semplicemente cittadini e operatori commerciali consapevoli dei loro diritti davanti a amministrazioni consapevoli del loro ruolo di servizio ai cittadini. Avere la Confcommercio che autorizza le feste al mare è come avere Paperon De Paperoni che autorizza Paperino a spendere l’unico cent che ha in tasca.