domenica 11 luglio 2010

EDILIZIA, tavolo tecnico per il rilancio

Teresa Faticoni
Si terrà oggi in prefettura il tavolo tecnico per l’edilizia propedeutico alla firma di un protocollo su sicurezza e legalità. Intorno al tavolo ci sono le organizzazioni sindacali di categoria Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil rappresentate da Ezio Giorgi del sindacato di via Solferino; la Asl, l’ispettorato del lavoro, l’Inail, la cassa edile, Confindustria e Federlazio. Brilla per assenza l’Inps, che non si è mai presentata a nessun appuntamento. La riunione sarà presieduta dal viceprefetto Caterina Amato. Su mandato del rappresentante territoriale del governo si tornerà ad analizzare la proposta avanzata dalle organizzazioni sindacali in tema di sicurezza (argomento complicato che torna alla ribalta della cronaca solo quando ci sono incidenti sul lavoro nei cantieri, ma che vede tutti i soggetti che saranno presenti oggi impegnati giorno per giorno nelle piccole e grandi battaglie di civiltà) e legalità. Restano da verificare alcuni aspetti normativi e poi sarà elaborato il testo del protocollo che entro la fine del mese di settembre sarà sottoscritto da tutte le parti interessate. Va avanti, intanto, la proposta dei sindacati lanciata il 24 maggio scorso: «Stiamo contattando tutti i sindaci e le stazioni appaltanti principali – dichiara Ezio Giorgi - per fissare una data a metà ottobre in cui fare un tavolo politico per fare partire i lavori per dare uno slancio al settore». Giorgi, Salvatore Pastore, segretario della Feneal Uil, e Cesare Pannozzi, segretario della Filca Cisl avevano chiesto di  «cantierare immediatamente le opere già finanziate». Nel comparto in pochissimi mesi la forza lavoro in provincia di Latina si è depauperata del 12%.

L'ARCINORMALE - Patagonia a sud di Roma


Lidano Grassucci

«Qui il sole picchia forte». Così descriveva Guareschi la sua bassa Padana, quella di Don Camillo e Peppone. Qui da noi il sole picchia altrettanto forte, ma c’è anche l’acqua che evapora dalla terra, in una miscela insopportabile che gli uomini li respinge.
 Sarà per questo che questo posto gli uomini non dovrebbe averceli proprio, sono loro che ci vogliono stare e quelli che ci stanno sono necessariamente avventurieri, gente che è fuggita da altri posti. Per fame, per furbizia, per sete di ricchezza fa poca differenza. Sta di fatto che di avventurieri si tratta. E gli avventurieri non riescono ad avere l’idea della res publica, che è la cosa di tutti, la cosa che ha reso differenti i romani da tutti gli altri. Ecco, questo ci manca. Infatti la nostra classe dirigente è la stessa della Patagonia, quello è un posto dove ti proclami re e ti inventi regni, poi se ci riesci affascini gli indios e i coloni ti sembra di essere re davvero. Di essere imperatore come Napoleone o come Massimiliano. Ma con la stessa facilità con cui ti proclami re poi gli indios e i coloni portano sugli scudi il re prossimo e dimenticano quello precedente. Per questo questa è una terra cattiva, maligna, che ha tanti re decaduti come ha tante città morte, è un ciclo, che non finisce mai e che credo non finirà mai. Gli avventurieri sognano le avventure che hanno come caratteristica quella di non attaccarsi troppo nel posto in cui sono costretti a vivere, ma pensano sempre di ritornare ricchi nel posto da cui sono partiti. La parabola di Zaccheo e della sua classe dirigente si legge nel profondo così, come prima di lui c’erano stati altri re che oggi abbiamo dimenticati. Chi ricorda Delio Redi e la sua idea di riscatto cispadano contadino? E prima ancora che memoria ha la città di Guido Bernardi o di Tasciotti e della importazione della borghesia lepina? Questa città consuma e poi butta via. È inevitabile, come è inevitabile che in questo limbo siamo solo in attesa del nuovo re. Fino ad allora saremmo monarchici senza sovrano o seguiremo guerre intestine tra i vari rami di tristi dinastie. Ci sarebbe una salvezza, ma bisognerebbe diventare cittadini e sentire questa terra come cosa di tutti. Ma è questa la malattia e la cura non c’è. 

CORDEN PHARMA, il primo passo falso

Teresa Faticoni
Il primo passo falso della Corden Pharma. L’azienda che è subentrata alla Bristol Myers Squibb in Via del Murillo a Sermoneta Scalo ha deciso di congelare il servizio trasporto per i dipendenti. E il sindacato insorge. «Trovo strano e paradossale - dichiara infatti Dario D’Arcangelis, segretario della Filctem Cgil di Latina - che fuori dal piano industriale che deve essere seguito anche dal ministero dello sviluppo economico, considerata tutta l’attenzione che si era concentrata sulla cessione, oggi Corden avvii un ragionamento che mette in seria difficoltà i lavoratori». Entro il mese di luglio la Corden Pharma deve presentare il suo piano industriale, con il quale intende gestire e rilanciare il sito produttivo di Sermoneta. Perché quindi prendere decisioni così di impatto senza nemmeno concordarle con le organizzazioni sindacali? «In questo modo - continua indignato D’Arcangelis - stanno disattendendo anche gli impegni assunti rispetto alle situazioni che sono entrate nella partita al momento della cessione. Abbiamo fatto un passaggio al ministero dello sviluppo economico dove il dottor Castano si è messo a disposizione, il sindaco di Sermoneta Giuseppina Giovannoli era molto infervorata per questa vertenza». Se queste sono le premesse, cosa aspettarsi da questo progetto industriale? D’Arcangelis registra anche un allarmante silenzio di alcune organizzazioni sindacali che nel momento della trattativa erano molto «bellicose, e adesso invece tacciono» Entro la fine di questo mese assisteremo anche al cambio delle insegne. Dopo decenni via la scritta Bristol. Sarà un momento durissimo per chi è stato lì dentro una vita. «Ho la sensazione che dovremmo gestire una partita difficile e delicata - aggiunge D’Arcangelis -. Ritengo questa una prova da parte di Corden: ci vuole testare, immediata la nostra reazione. Sono a disposizione dei lavoratori sui quali impatta una cosa del genere». Intanto pare che in Via del Murillo qualcuno si stia organizzando per una raccolta firme per chiedere il ripristino del servizio di trasporto. «Alcuni lavoratori non hanno nemmeno un mezzo proprio per recarsi al lavoro - conclude il segretario - sono in estrema difficoltà». Intanto Corden, società creata da hoc dalla Icig (conoterzista di farmaci tedesca), si espande. AstraZeneca Italia ha ceduto a Corden Pharma spa il sito produttivo di Caponago e Patrick Schnitzer, managing director di Icig, anuncia «la volontà rafforzare le nostre attività di produzione in ambito farmaceutico attraverso ulteriori acquisizioni».

L'ARCINORMALE - Appuntamento con Aracri

Lidano Grassucci
Lunedì viene Aracri. Lunedì si pone fine a quell’equivoco ambiguo che ha tenuto in vita le speranze dell’ex sindaco di Latina di fare un Pdl due, o meglio la riedizione del movimento sociale. Una illusione che vive anche sull’equivoco di un sostegno finiano che è, il disegno finiano, l’antitesi dell’idea di Zaccheo della politica. Fini sta pensando da tempo ad una destra europea, libertaria nei diritti civili, proiettata a modelli politici che sono l’antitesi del nostalgismo identitario dello Zaccheo di oggi, dello Zaccheo garante politico di Finestra. Zaccheo che si appoggia a Fini è un aborrto politico, i due si sono invece utilizzati fino ad oggi ma con nessuna prospettiva di futuro. Maurizio Guercio, che nell’ambito della fronda di fede zaccheiana è il più lucido, ha aperto un sioto che richiama Littoria, quando Fini sta cercando da anni di togliere da sé anche le più lontane tracce del colore nero dalla sua pelle. Del resto sul percorso politico di Fini, ma in generale sul percorso politico della destra liberale nei 17 anni di nostalgismo non c’è traccia. Il partito, inteso come Pdl, è rappresentato da Aracri commissario a Latina e da Fazzone coordinatore provinciale del partito. Chi non è con loro è fuori, del resto così funzionano i partiti del secolo nuovo che hanno in odio correnti e distinzioni. All’incontro con Matteoli c’era Scalco, il vice presidente della Provincia De Monaco, Bruno Creo, la componente di Di Giorgi, gli uomini di Fabio Bianchi. Con Zaccheo sono rimasti gli amici stretti per affetto e Galetto che sta però avviando il percorso di riassorbimento. Lui per il Pdl è come un taglio che ti fai quando ti radi la barba maldestramente, esce il sangue, poi si fa la crosta e dopo due giorni sparisce tutto. Galetto tra due giorni starà nel Pdl a Roma come a Latina, a meno che non voglia chiudere, e per sempre, il suo percorso politico con l’unica esperienza regionale in corso. Ma è giovane e sarebbe per lui insensato immolarsi per la causa di chi, comunque, ha fatto una brillante carriere politica, una eccezionale carriera amministrativa che ora è al capolinea. Lunedì termina l’ultima ambiguità. 


martedì 6 luglio 2010

LA VIPERA - L’anarchia corretta e il perbenismo falso


aemme
Periodo di grandi riflessioni, deve essere questo per tante persone che fanno, disfano e rielaborano ragionamenti a doppio – ma pure triplo - senso di logica interpretativa. Anarchica è la parola che verso di me hanno usato di più e più persone. A partire dalla mia mamma, quando mentre mi infilava una scarpina io avevo già tolto l’altra, fino a qualche settimana fa. La libertà che mi sono sempre presa, dinnanzi a chiunque di manifestare apertamente il mio pensiero è sempre stata considerata una forma, come dire, di trasgressione al comune modo di comportarsi. Come fosse irriverente. Ma può non esserlo mai se si riesce a non assecondare un pensiero e si manifesta il proprio con un linguaggio sereno. Così il comportamento: cercare il proprio benessere, la propria serenità attraverso un modo “libero” di agire è fondamentale per sentirsi in pace con se stessi, per vivere bene. Niente guerra, a nessuno – oddio, se proprio non ce ne è bisogno - non serve. Ma la propria libertà, che ciascuno definisce come crede, deve avere base in qualunque rapporto, anche in quello con le cose di cui abitualmente ci serviamo. Ma ritengo pure si possa e si debba essere anarchici – un ossimoro, un po’ come il ladro gentiluomo – non mancando di rispetto al proprio prossimo. Più o meno vicino. Esistono regole, o prassi, talmente inutili o fastidiose, che si possono – io direi si devono – trasgredire, decapitare senza timore. Senza rimpianti. Altro è toccare la correttezza nei rapporti, il rispetto, la sensibilità e i sentimenti, calpestandoli. Sono molti quelli che sbandierano come possono il loro inappuntabile modo di pensare, di vivere la propria vita – corretti e coraggiosi, sinceri e  leali, di indiscussa moralità – si ritrovano poi a triturare, in maniera maldestra, tutto ciò o tutti coloro che in qualche misura non rientrano nelle loro grazie. Senza mai affrontarle di persona, offendendole attraverso comportamenti subdoli, ma da apparenti uomini perbene. Ecco, la differenza. Mi voglio tenere la mia “anarchia” di vivere una vita semplice e libera da schemi prefissati, ma nella considerazione del mio prossimo, sicura come sono di controllare il limite invalicabile del rispetto e della libertà degli altri – non a parole – disprezzando quanti mostrando il loro saper essere a modo, usano comportamenti falsi e ambigui, che quelli sì,  offensivi della persona, della sua dignità, della sua libertà, dei suoi sentimenti. Passare come un caterpillar, un carro armato mitragliando prima e disintegrando poi, ma senza avere mai il coraggio di metterci la faccia. Quella resta facilmente ben nascosta dentro il cingolato.
chevipera@libero.it

L'ARCINORMALE - Le facce sui muri



Lidano Grassucci

Non gioco in questo scritto con il caldo, sarebbe facile, ma riprendo il confronto antico sul futuro di Latina. Ieri era Santa Maria Goretti, la città era vuota e forse si interrogava di questa sua nudità.
 Vuote le strade, un museo. Può avere futuro un museo? Cammino dentro strade enormi. Ora, se ci fosse il sindaco cosa cambierebbe? Manca la festa. Ecco cosa manca, ma non credo che qui abbiamo bisogno di feste, di sogni di futuro.
Chi sarà il sindaco il prossimo anno? Sarà qualcuno certo, ma certo dovrà cercare di portare qui i rumori. Dovrà andare in periferia prendere la gente e portarla qui. Dovrà riempire gli angoli di questo vuoto di umani, tanti quanti ora non ci sono. SE fossi candidato sindaco scriverei nel programma solo questo: prendere la gente e portarla qui, in centro. Il fine? Guardarsi volto con volto, uomo con uomo, donna con donna, per scoprirsi. Farei foto a questi volti e li metterei in tutti gli angoli della città, così ci vediamo. Volti sorridenti, volti vivi, volti prossimi, volti umani. La maledizione di Latina? I volti che fuggono via, le anime in pena che stanno qui volendo stare altrove,. Quelle foto negli angoli ci fermerebbero tutti, ci “fisserebbero” per un po’ in questo posto. Basta fuggire, o invadere, basta cominciare a stare, a sedersi a guardare ma non i muri, come hanno fato Finestra e Zaccheo, ma le persone. Le città non sono i muri sono la gente, cancelliamo i muri, tutti e mettiamoci le facce.

lunedì 5 luglio 2010

NEXANS, destino unico per tutti i lavoratori

tieffe
Un destino unico, finalmente, per tutti i lavoratori della Nexans. Ieri presso la Regione Lazio, assessorato al lavoro e formazione, è stato sottoscritto l’accordo per la cassa integrazione in deroga per i trenta lavoratori somministrati. Gli ammortizzatori sociali andranno avanti fino al 26 luglio, data in cui scadono anche quelli per i dipendenti. «Ma abbiamo già un impegno a seguire questi lavoratori anche dopo», sottolinea Pino Sperandio segretario generale del Nidil Cgil. A quella data si dovrebbe essere nella certezza di quale sarà il futuro del sito di Borgo Piave. Un segnale importante, quello di ieri, accolto positivamente da tutte le parti sociali. C’erano Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confail. I somministrati, dipendenti di quattro agenzie interinali, erano stati riassunti dalla Nexans per svolgere nel sito alcuni lavori di messa in sicurezza. Finiti quelli anche per loro si è aperta la strada della cassa integrazione. Si tratta di un accordo pilota, questo, perché per la prima volta in provincia di Latina e tra le prime in Italia, in una sola vertenza convergono i lavoratori a tempo indeterminato e quelli precari, di solito invisibili. «Come Nidil Cgil - aggiunge Sperandio che era in delegazione con Walter Cassoni della Filctem Cgil - non possiamo che mostrare apprezzamento per quanto realizzato. Abbiamo apprezzato anche la disponibilità dell’azienda a integrare un po’ di reddito ai lavoratori». In sostanza nell’accordo è scritto nero su bianco che i somministrati riceveranno una specie di indennità di disoccupazione, tutta a carico dell’azienda, per il periodo che va dal primo al 22 giugno, con un una tantum che sarà loro corrisposto. «Per noi della Ugl - sottolinea Alessandra Crociara, rsu di fabbrica - la cosa positiva è il segnale di grande apertura da parte della Nexans. Auspico che anche altre aziende prendano questo accordo come esempio per i propri dipendenti». Sull’argomento anche l’amministratore delegato di Nexans Italia Giuseppe Borrelli: «L’accordo è il risultato della fattiva collaborazione con le parti sociali grazie alla mediazione della Regione ed è un atto concreto di attenzione, che testimonia l’impegno di Nexans per tutti i lavoratori indistintamente dal tipo di contratto». «Nel confermare il nostro impegno per un clima disteso e costruttivo – spiega l’assessore regionale Mariella Zezza - la Regione ha ribadito la volontà di sostenere anche quei lavoratori che hanno meno tutele e rischiano di trovarsi a reddito zero, portando sullo stesso piano i diritti e le garanzie di ogni tipologia di contratto». Il prossimo incontro si terrà il 20 luglio, a pochi giorni dall’ora ics.

Unicredit, si inasprisce la protesta

Teresa Faticoni
Si inasprisce la situazione in Unicredit Banca di Roma per i dipendenti che da tempo sono in stato di agitazione. La protesta coinvolge sia le filiali di latina sia quelle di Frosinone. Nei giorni scorsi si sono tenute le assemblee provinciali di Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Silcea, Ugl Credito e Uilca e amaramente non si è potuto far altro che constatare che la situazione all’interno dell’azienda non si è assolutamente modificata rispetto alle motivazioni che hanno indotto i rappresentanti sindacali nei mesi passati alla dichiarazione dello stato di agitazione. Il cahier des doleances è lungo. I dipendenti lamentano di subire pressioni «esasperanti» per la vendita dei prodotti commerciali. La formazione del personale risulterebbe insufficiente e non idonea. La gestione e l’organizzazione del personale sarebbe, secondo la denuncia delle sigle sindacali, confusa. Il tutto si inserisce in un organico carente con conseguenti ritmi e carichi di lavoro divenuti insostenibili. Pesa, inoltre, l’incertezza che aleggia intorno alle ricadute che potrebbero determinarsi per ONE4C. Si tratta sostanzialmente della fusione, cioè il progetto “One for Clients” (“Uniti per i Clienti”) che secondo Unicredit è “programma di evoluzione del nostro approccio al mercato e un programma di cambiamento culturale”. Esso prevede la rivisitazione dei criteri con cui sono ripartite le aree tematiche: Corporate Banking, Families, SME Banking e Private Banking. Da un punto di vista organizzativo, i segmenti saranno raggruppati in due Strategic Business Area: la SBA Families & SME Banking e la SBA Corporate and Investment Banking and Private Banking. In Italia è anche prevista la modifica dell’articolazione societaria tramite l’integrazione in UniCredit S.p.A. di tutte le attività attualmente svolte nelle principali società italiane del Gruppo e la creazione di 7 “presidenti territoriali” cross-divisionali come interfaccia tra UniCredit Group e i principali interlocutori locali. Cosa significa in termini di qualità del lavoro? Non è ancora dato sapere. Da qui dalle assemblee è emersa in maniera unitaria la volontà di cominciare con una protesta più dura: non saranno caricati bancomat e non saranno eseguite attività lavorativa durante l’orario di intervallo del pranzo; i dipendenti si asterranno da qualsiasi prestazione di lavoro straordinario, («che come recita il contratto collettivo nazionale del lavoro è una prestazione eccezionale e non permanente come solitamente avviene, tra l’altro nella maggior parte dei casi non retribuito»); saranno segnalati ai rappresentanti sindacali comportamenti eticamente non corretti relativamente a pressioni commerciali e personali. «Non abbiamo proclamato sciopero per non creare disservizi alla clientela – sostiene Claudio Fargnoli, coordinatore provinciale per la UniCredit banca di Roma della Uilca Uil – Non si tratta di rivendicazioni di carattere salariale, ma solo di carattere normativo che non graveranno economicamente sulla banca. Cerchiamo un clima di serenità sul posto di lavoro e una gestione del personale che tenga conto delle persone». I rappresentanti sindacali hanno richiesto un incontro con la Direzione Commerciale per la verifica e la possibilità di interventi a breve. Saranno interessate anche le Segreterie Regionali per un coinvolgimento al fine di interventi presso le strutture superiori della azienda e per la proclamazione, se necessario, di eventuali giornate di sciopero, congiuntamente ad altri territori  della Direzione Commerciale. Hanno già incrociato le braccia i lavoratori di Lombardia, Toscana e Campania. Si avvicina anche l’ora di quelli pontini. 

LAVIPERA - La città di nessuno.


aemme
Ma viviamo nella stessa città? A volte il mio dubbio rimane così, in balia di una risposta che non arriva. C’è pure chi la definisce bella e vivace. La mia città è sciatta, negli ultimi anni un po’ di più, semmai se ne sentiva bisogno. Una città, come dire, anarchica, terra di tanti, ma di cui nessuno si sente figlio. I Cispadani hanno il loro mondo. I Lepini il loro: i paesi da cui provengono che non finiscono mai di nominare. E di Latina, chi si sente di Latina se ciascuno tira fuori sempre le sue origini e non si sente di piazza del Quadrato? Quelli di Caserta, di Tripoli, di Ferrara. Ciascuno mantiene il suo accento, il suo dialetto. Una città che non migliorerà finché non sarà madre. Una mamma che resta in disparte, non cresce, non si evolve, perché il figlio la rinnega, non la degna, non è suo. Resta lì, a guardare, sciatta come una donnaccia in tarda età, che qualcuno si prenda cura di lei. Ma è giovane e potrebbe avere ancora mille ambizioni. Triste e sola, non può nulla. La Marina sporca, abbandonata a se stessa o all’iniziativa di privati, priva dei servizi minimi di cui necessiterebbe per attrarre turisti. In città và peggio: piena di immondizie per strada, niente controlli, erba alta e, sento dire, topi. Bene, che altro manca per denunciare (oddio, forse è troppo!) una città sporca e di nessuno? Negarne le carenze non la farà crescere mai, perché è un cane che si morde la coda. A Roma si sta meglio? Impossibile paragonare la capitale ad una delle città che da anni corre per accaparrarsi gli ultimi posti per qualità della vita nelle classifiche nazionali. Trovo i paragoni inutili, improduttivi. La guardo come si fa con un figlio, e penso che solo un genitore stolto lo veda privo di difetti e di mancanze. Amo la mia città perché ci vivo. Amo la mia città e mi dispiaccio nel vederla così trasandata. Senza controlli. Neanche i pullman per il mare: pochi. Mi dicono: - Ma costano! Poi paga sempre Pantalone!-. Forse Pantalone, che poi siamo tutti noi contribuenti, sarebbe molto più felice di sapere una ripartizione del denaro, che anche lui ha provveduto a mettere nel forziere, in direzione di servizi, pulizia, controlli. O forse è più contento di leggere che spende 10 volte di più del resto d’Europa per la quantità di auto blu? Pantalone amministra la sua casa in piena crisi economica e riesce anche ad andare a mangiare la pizza, il sabato sera. Pantalone sa che una attenta e giusta ripartizione del denaro pubblico gli consentirebbe di camminare in mezzo ai giardinetti, magari quelli di Parco S. Marco e non vedersi arrivare l’erba alle ginocchia, non curata da chi dovrebbe e l’immondizia abbandonata da chi non sa cosa sia il senso civico.  C’era la palude, adesso c’è un giardino da curare, però. Pennacchi da solo non basta.
chevipera@libero.it

domenica 4 luglio 2010

L'ARCINORMALE - Terra di lupi e volpi, non di uomini



Lidano Grassucci


L’assegnazione dello Strega ad Antonio Pennacchi mi ha posto una domanda: perché questa terra ispira tanti odi? Perché questo posto è negato anche da chi ci vive, e ci vive bene? Una maledizione? Credo di sì, credo che questo non sia un posto di vita. Qui San Tommaso viene a morire, nasce ad Aquino. Qui l’aria è “del male”, è malata anche l’aria. Qui le città muoiono: Satricum, Norba, l’antica Circe. Qui tutti si agitano, poi il posto li avvolge. Maria Goretti non nasce a Le Ferriere ma ci viene a morire. Vivere qui puzza di questa maledizione, la città più giovane d’Italia è anche la più malata di ricordi. Il mio amico Guercio ha fatto un sito che si chiama Littoria. Anche quella città è stata effimera, creata all’inizio degli anni ’30 è stata uccisa dagli americani con le bombe e il cannone qualche manciata di anni dopo. Come a Norma, come al Circeo, la città che ha sostituto la vecchia è stata edificata accanto, lasciando il vecchio nella sua tomba. Il centro storico di Latina è uno zombi di vita se non ci fosse la movida dei giovani nell’area dei pub, ma gli ultimi residenti li odiano, il rumore è delle città, nei cimiteri è di rigore il silenzio. Pennacchi dice: «le mie ceneri le voglio gettate nel Canale Mussolini». Giusto, lui ama questa terra ma il Mississipi corre, il canale Mussolini quando dai Lepini l’acqua si fa poca, stagna…
Come si fa ad amare questo posto, ci vuole ardire: qui San Paolo passa, forse guarda ma va via. Ci vuole Lidano il santo più di mille anni dopo per fare cristiane queste terre, qui c’è più Giunone che la Madonna, qui c’è una sorta di santeria che non rinnega il passato, lo adatta. Siamo cinquecentomila, ma eravamo neanche 60mila marocchini arroccati in montagna o nascosti dietro la trincea della brezza benefica del mare a Terracina e 30mila cispadani. Gli altri? Gente che non sa. Gente che non ha visto la guerra delle vacche, cispadane, contro le bufale marocchine, la battaglia delle carcioffole contro il formenton. Gente che sta qui con lo stesso spirito con cui si fa l’amore con una prostituta, stanno qui come si sta in un supermercato per “prendere”. A Cori Chiominto ha scritto: “Cori me, beglio”. A Nizza cantano in italiano “Nissa la bella”, avete mai sentito una poesia, una conversazione, un bacio a Latina (ma vale per tutti i posti di qui…) la bella. Chiominto dice pure che “Cori mia”, la città è parte di sé, è comunità. Qualcuno dice Latina mia? Uno slogan elettorale diceva “amo Latina”, come fanno i 14enni quando si dichiarano la prima volta. Un amore in attesa del prossimo, a scadenza come la mozzarella.
Questo è posto di morte, la Circe si innamora di Ulisse ma lui deve tornare a Itaca, deve andare da Penelope. E Circe sarà per sempre malvagia, capace di trasformare gli uomini in porci, capace di renderli a-umani. Ma Omero non ci dice che lei era semplicemente innamorata di un uomo che amava un’altra donna. Circe è questo posto capace di un amore che nessuno vuole. Neanche i porci. La mia gente marocchina era forestica, pagana, porci senza neanche le ali. I miei cispadani erano i piedi neri di Corsica, i padri pellegrini della costa atlantica americana. Non credo che mio nonno Lidano avrebbe accettato fattori e ordini, infatti aveva camicie, poche ma di tanti colori, neanche una nera. Nonno Graziano Bergamin quella nera la teneva. Uno era una volpe che muore senza libertà, l’altro un lupo capace di farsi cane, ma la cui memoria di lupo non sparisce mai.
Terra di lupi e volpi, terra di maiale, terra di morti. Come vedere qui non c’è mai stato posto per gli uomini, e gli uomini non la amano.

LA SCAMPAGNATE - Approfittiamo della buona sorte


Roberto CAMPAGNA 

E due. Dopo Stefano Zappalà, entra nella giunta Polverini Aldo Forte a cui sono assegnate la delega ai Servizi sociali e quella alla Famiglia. Un bottino, questo, che potrebbe crescere quando il Consiglio regionale metterà mano alle commissioni. In corsa per guidarne qualcuna, infatti, ci sono tre consiglieri regionali pontini del Pdl: Stefano Galetto, Giovanni Di Giorgi e Romolo Del Balzo. Le due deleghe di Forte valgono di meno di quella del Turismo andata un paio di mesi fa a Zappalà, ma non lamentiamoci del… brodo grasso. Poiché è la prima volta in assoluto che la provincia di Latina riesce a entrare nella stanza dei bottoni di via della Pisana con due rappresentanti. I colleghi di Latina Oggi hanno ironizzato scrivendo che quello della Famiglia è “il settore nel quale è decisamente esperto Aldo, dal momento che la famiglia Forte, in provincia di Latina, è ormai sinonimo di Udc”. Ciò per sostenerne l’incompetenza in materia. Ma diamogli tempo… Sulla base, poi, dei fatti lo giudicheremo. Anche perché come capogruppo dell’Udc nella scorsa legislatura non ha fatto male: pur essendo all’opposizione, è riuscito a portare a casa anche qualche risultato e non è mai stato subalterno a Forza Italia e Alleanza nazionale, i due maggiori partiti della minoranza. Tant’è che era stato rieletto alla guida del gruppo. Carica, questa, che ora ha lasciato. Mentre, per il momento, non abbandonerà il seggio in Consiglio regionale a Fabrizio Cirilli, il primo dei non eletti della lista Udc in provincia di Latina. Cirilli, per due volte consecutive eletto in via della Pisana nelle file dell’ex An, si era candidato con il partito di Casini come indipendente, anche se già dall’anno passato, in occasione delle Provinciali, aveva aderito alla Costituente di Centro con tutto il suo movimento politico “L’altra faccia della politica”. Dovrà aspettare settembre per conoscere il suo destino, ossia se riavrà il posto che gli elettori gli avevano negato a marzo. A settembre, infatti, il Tar si pronuncerà sul ricorso relativo ai tre consiglieri (due del Pdl e uno della lista Polverini) assegnati in più al Consiglio regionale facendolo passare da 70 a 73 membri. Se saranno esclusi, Forte dovrebbe dimettersi poiché l’Udc diventerebbe determinante per tenere in piedi la maggioranza e lui non avrebbe più bisogno del seggio-paracadute. Tornando alle commissioni, Galetto e Di Giorgi puntano alla presidenza di quella dei Servizi sociali, mentre Del Balzo aspira a quella dei Lavori Pubblici. Non dico tutti e tre, ma uno di loro è certo che ce la farà. Un’altra certezza è il posto che si libererà alla Camera dei Deputati per Michele Forte, il papà di Aldo. A lasciarlo, perché incompatibile, sarà l’onorevole Luciano Ciocchetti, l’altro esponente Udc entrato in giunta (è stato nominato vice presidente con delega all’Urbanistica). Con sette consiglieri regionali (sei in maggioranza e uno all’opposizione), due assessori, qualche presidente di commissione e un deputato in più, piovuto dal cielo, non ci resta che… approfittarne. Quando mai ci ricapiterà un’occasione del genere!


FORMIA - Bagarre per i cassonetti

Raffaele Vallefuoco
La risistemazione dei cassonetti in città crea sempre malumori. I bidoni sono perennemente protagonisti di un singolare tira e molla. Ognuno li vorrebbe sempre più distanti: nè sotto il naso, nè tantomeno a portata di vista. Così il settore igiene di Formia cerca soluzioni alternative. Tuttavia quando si va ad incidere su degli spazi vitali come le strisce bianche allora il malumore sfocia in rabbia. Così in via Macello, braccio secondario di via Emanuele Filiberto, dove i nuovi bidoni sono stati sistemati, non sulla chilometrica striscia blu, ma sul fazzoletto di striscia bianca a disco orario. A questo punto la domanda sorge spontanea. Ma per i cassonetti vale il disco orario? 

Emozioni alla tredicesima edizione de il Minturno

Raffaele Vallefuoco  
Lunedì 5 Luglio 2010 
Emozioni e cultura sono state i fattori comuni della tredicesima edizione de Il Minturno, premio di narrativa e saggistica organizzato dall'associazione Cristoforo Sparagna. Un'edizione particolare per l'impostazione che l'organizzazione ha voluto imprimergli. Infatti è stata l'occasione per ricordare lo storico presidente di giuria Renato Filippelli, poeta e architrave della cultura del territorio, recentemente scomparso. Un tributo che si è materializzato in consegna di una medaglia del presidente della Repubblica consegnata nella mani della moglie e delle figlie del poeta. Venerdì, infatti, l'aula magna del liceo scientificio L.B Alberti è stato il palcoscenico del premio organizzato da Mario Rizzi, storico promoter dell’evento. Una manifestazione ricca di perle.  Ad impreziosirla, infatti, ha concorso la presenza dell'ospite d'onore, Franco Prosperi, regista, scrittore e pittore, che fu uno dei primi pionieri della ricerca subacquea e collaborò con il Cirs. Quindi, venendo direttamente ai riconoscimenti il primo premio per la sezione saggistica è stato consegnato ad Alfio Caruso per “Io che da morto vi parlo”, edito da Longanesi & Co. Editore, mentre il primo premio per la sezione narrativa, invece, è stato assegnato ad Alberto Bevilacqua per L'amore Stregone, edito da Arnoldo Mondatori Editori. Per lui la medaglia di bronzo, del presidente della Repubblica italiana "In riconoscimento della sua lunga, prestigiosa, attività di narratore”. Nel corso della serata è stato consegnato un altro riconoscimento. Questa volta ad Antonietta Barbato per Capendula, la luna nel pozzo, pubblicato da Caramanica Editore. Venendo, quindi, all'ospite d'onore, Franco Prosperi, ha spiegato Rizzi: «Al regista di fama mondiale è stata consegnata la medaglia di bronzo del presidente del Senato “In riconoscimento della sua lunga, prestigiosa, molteplice attività di pioniere della ricerca subacquea e regista cinematografico. È, altresì, autore di numerosi ed interessanti romanzi e saggi dimostrando eccezionale valenza nell’ambito di quasi tutto lo scibile”». Un premio prestigioso in una cattedrale della cultura qual'è il Liceo Alberti. 

sabato 3 luglio 2010

L'ARCINORMALE - Fa caldo, che notizia




Lidano Grassucci
 Vedo la televisione, vedo i telegiornali. Mi informano, con dovizia di particolri, che fa caldo, tanto caldo. Mi dicono che è umido e il caldo percepito è di 40 gradi. Ascolto e comincio ad irritarmi. Mi informano anche che bisogna bere molto, come se fossi cretino e se mi viene sete non bevo perche la tv non me lo ha consigliato. Tg1, Tg2, Rete4…. Tutti che mi informano che fa caldo. Siamo al 3 luglio a me hanno insegnato che di questi tempi farebbe notizia un gelata, una nevicata. In giro ci sono tante madonne della neve, luoghi che ricordano eventi eccezionali tipo la neve ad agosto. Non mi risulta che chi ci ha preceduto ha ringraziato o si è stupito del caldo in luglio.
Ai tg intervistano pure le persone con domane del tipo: “lei ha caldo?”. L’inervistato sta a mezzogiorno al centro di piazza di Spagna, cosa gli risponde: “mi sto a ricrignà di freddo”. O “mo me compero il cappotto”…. Mi sento cretino per i colleghi che chiamano l’esperto, il colonnello di turno che spiega: “ci sono correnti africane, l’umidità è al 40%”. Ma vi risulta che a luglio sono mai arrivate correnti siberiane? Che l’umidità si sia abbassata?
Una signora al mare spiega: “rovo qui un po’ di refrigerio”. Perché mio nonno andava al mare per schiantarsi di caldo? C’è l’immagine della fontanella con l’acqua che scorre.
Ora che informazione ho avuto? Cosa mi è stato detto che non sapevo? Poi capisco perché i discorsi e le considerazioni sono ovvie, non siamo piu’ usi a stupirci a raccontare di cose fuori dall’ordinario, eccezionali. Viviamo senza ricodi, faceva caldo pure l’anno scorso, e pure nel ’61 quando sono nato. Ci riempiono di non notizie, di niente.
Tra poco cominceranno a contare le macchine dell’esodo che sarà sicuramene “biblico”. Ci informeranno che nei fine settimana la Pontina è intasata.
Ma questo non mi meraviglia, mi stupisco che non ci sia un cristiano che inorridisca davanti a queste fregnacce. Qualcuno bara sulle notizie.

LA VIPERA - Le mamme in competizione


Ponza. Welcome Bar. Mattina caldissima e bibita ghiacciata che s’impone. Dietro me, seduti al tavolo vicino, un signore ed una signora di “una certa età”, chiacchierano. Accento non locale, neanche di Latina. Più tardi scoprirò che vengono da Macerata. Una conversazione, la loro, a voce alta e che inizialmente pare un pourparler oppure un modo per passare il tempo, senza pretese. La signora maceratese sostiene decisa che le donne con figli o soprattutto figlie adolescenti dovrebbero evitare di vestirsi in maniera “giovanile” (dice lei). “Come quelle che mettono quei pantaloni a metà gamba!”. Sorrido, mi guardo: sta facendo il mio ritratto. Figli e pantaloni a “metà gamba”. Sostiene una tesi che incomincia ad attrarre la mia attenzione in modo più serio, che mi fa pensare. “Per questo ci sono in giro tutte queste ragazze tristi ed anoressiche, perché le mamme sono le loro prime concorrenti. Mamme che non capiscono che oramai hanno fatto il loro tempo e che non si possono mettere in competizione con le figlie. Si rifanno il seno, il lifting e poi mettono le minigonne, i jeans …”. Detta così fa inorridire. Credevo fosse una conquista della donna, non sentirsi da buttare via, subito dopo la nascita del primo figlio. Credevo di essere figlia dei jeans, li indossavo già a pochissimi anni d’età e non immaginavo andassero tolti. Credevo che vestire in un modo piuttosto che in un altro attenesse al proprio gusto, al buon gusto specialmente, alla capacità che noi tutte dovremmo avere di adattare l’abbigliamento al proprio aspetto fisico, evitando attentamente qualsiasi forma volgare di abbigliamento. Mia madre allungò l’orlo della gonna, perché sopra il ginocchio non si addiceva ad una signora per bene. Ed aveva poco più di 20 anni ed un fisico invidiabile. Ma la mia domanda ormai mi martellava nel cervello: di chi è la colpa dei dispiaceri dei ragazzi, dei loro problemi e addirittura di quelli dell’alimentazione? Possibile che io non abbia avuto problemi solo perché la mia mamma vestiva in maniera sobria e classica? Con tutte le paranoie che ci facciamo per questi figli, il senso di responsabilità che ci porta a metterci in discussione pure per la qualità dell’aria che respirano? Ma pure i jeans mi pare eccessivo. O forse no. Mi fa pensare. Nel frattempo la signora, che si è accorta del mio pantalone – jeans e per di più sopra il ginocchio! - e che avrà sicuramente intuito che ho qualche figlio, abbassa di colpo la voce. Praticamente ero stata additata, suo malgrado, come una mamma dannosa, pericolosa per la salute psicofisica dei suoi figli. Vorrei sentirmi in colpa, poi penso che mio figlio cresce senza grandi problemi e mangia abbastanza. Le mie nipoti, non sono anoressiche e sono felici di stare al mondo. E’ sera quando il rientro in barca, il vento forte unito a qualche spruzzo d’acqua mi riportano col pensiero al discorso sulle responsabilità verso i figli adolescenti. Mi ha colpito molto la sua tesi e ci ripenso.  Colpito, ma non ancora affondato.
chevipera@libero.it

venerdì 2 luglio 2010

Quel giorno che Guido mi fece leggere Mammut

Maria Corsetti
La prima volta che ho avuto un libro di Antonio Pennacchi tra le mani è stato quindici anni fa. Me lo mostrò mio cugino Guido che lavora(va) alla Nexans, allora non ricordo come si chiamava (Alcatel? O ancora Fulgorcavi?). Il libro era Mammut. Guido mi disse che l’aveva rifiutato un numero importante di case editrici, mi sembra quarantatré. Il che mi ha dato l’impulso per scrivere, cosa che fino a quel giorno mi ero negata perché tutti mi dicevano che era una cosa impossibile. Iniziai con il settimanale La Piazza diretto da Pietro Antonelli. Un giorno entra Antonio in redazione. E Pietro: «Maria, ti presento Antonio Pennacchi». E io: «Lo scrittore!».  Credo che non abbia mai capito il perché del mio entusiasmo sfrenato nello stringergli la mano.  Ieri Piermario De Dominicis mi ha detto: «Adesso vedrai quanti cercheranno di cavalcare l’onda». Lo faccio io per prima: quando cinque anni fa ho pubblicato il mio libro, Doolin Street, Antonio mi ha scritto l’appendice. Per me è stato come vincere il Premio Strega.

CULTURA - Bravo Antonio



Lidano Grassucci
L’immagine dell’uomo nero che viene cacciato dalle paludi finalmente civilizzate è lì, sugli schermi di Rai 1. È la copertina del libro di Antonio Pennacchi “Canale Mussolini”. Seguo la vicenda, nel senso che c’è quasi un tifo per il verdetto finale. L’alternativa è Acciaio della Avallone che parla di fabbriche e di una città operaia. Ho tifato per Pennacchi, il suo libro è bello, interessante. Poi mi ci sono ritrovato per via della mia metà cispadana che emerge prepotente, di tanto in tanto, come l’isola Ferdinandea per poi sparire per un po’ in attesa del prossimo ritorno.
Guardo Pennacchi in trionfo, si vede che è emozionato, felice. Chi non lo sarebbe, beve lo Strega come sanno fare quelli che… anche l’alcol era alimento, quelli che vivono perché le generazioni precedenti le aveva salvate e condannate il vino.
Il libro è bello, da dignità letteraria a gente come i miei cispadani che di libri non erano proprio gran frequentatori. Nel romanzo ho trovato l’odore dell’acqua ferma, l’odore che aveva l’acqua che dopo averla cacciata nella bonifica “fermavamo” per irrigare e battere l’altro grande nemico degli uomini di questo maledetto posto: il caldo.
Davanti a Pennacchi c’erano i “signori”, bello vedere che premiavano un colono, che un colono batteva tutti, stupiva i signori. Chissà che cosa avranno pensato i miei connazionali cispadani rimasti nel Veneto di questa storia che ricorda antiche povertà davanti a inediti grassi egoismi di oggi. Mi sono gonfiato per Pennacchi: ho pensato a mia nonna Gilda che strappata dalla sua Piazzola sul Brenta l’hanno portata qui in un mondo straniero e poi la guerra le ha strappato anche il marito Graziano, ed è rimasta sola con cinque figlie femmine. Sola…
Non ci andavo tanto d’accordo con i miei cispadani, l’educazione anarco-lepina faceva premio al sangue bastardo che avevo.
Ma restavo e resto bastardo, meticcio, impuro… Sarà per questo che odio i fascisti e non amo i comunisti. Sarà per questo che resto senza patria.
La digressione è breve, poi vedo Antonio Pennacchi felice e penso ai tanti che continuano a dire che «a Latina non c’è cultura. Qui non succede nulla, vuoi mettere Roma». Non succede nulla? C’è uno che scrive la storia delle nostre genti, la radice di questo posto dove non dovrebbe esserci nulla e… vince lo Strega.
Ma è un caso? Qualche hanno fa lo ha vinto una ragazza, Melania Mazzucco. Il suo libro si intitolava Vita. Raccontava la storia di una donna di Minturno emigrata negli Stati Uniti. E non succede niente qui?
Pennacchi dice: «fate la Pontina, è un po’ messa male, ma attraversa un giardino. Noi abbiamo fatto un giardino. È vero, abbiamo fatto un giardino. Solo che molti che sono qui non se ne accorgono, non lo vedono, hanno smarrito gli occhi. Di Latina si è parlato in Italia per un signore che era “eletto” , cioè scelto, migliore di tutti noi che esprimeva livore verso un altro che non c’era e amore interessato verso le figlie. No, non è quello il volto della nostra gente. Pennacchi richiama la vicenda della Nexans, la sua fabbrica. Lui ha lavorato alla Fulgorcavi con le mani. Questo è un posto dove c’è dolore, odio, amore, fatica. Non è un angolo di mondo, è nel mondo.
Grazie Antonio. 

LA VIPERA - Al cardiopalma la vittoria di “Canale Mussolini”.


Aemme
 “Scrivere è il mio dovere”. E’ una delle prime dichiarazioni che rilascia il vincitore del Premio Strega 2010, Antonio Pennacchi, a Gigi Marzullo. Abbiamo tifato tutti per lui, perché è uno dei pochi concittadini per cui vale la pena tirar fuori l’orgoglio, il senso di appartenenza. Abbiamo tifato tutti per lui perché ha scritto un bel libro che meritava realmente, al di là del campanilismo, di vincere l’ambito premio. Abbiamo tifato per lui, anche se  non è simpatico, neanche quando vuole provare ad esserlo e neanche quando manda letteralmente a quel paese il suo bastone solo perché si permette di sfuggirgli dalle mani cadendo a terra. Abbiamo tifato tutti per lui perché è uno dei pochi cispadani a non sentirsi una razza eletta, ma si considera un extracomunitario dell’epoca. Questo riconoscimento serve a Pennacchi perché è bravo, perché ha scritto un altro ottimo libro, probabilmente il migliore, e perché la nostra città aveva un forte bisogno di riscatto, maltrattata com’è stata in tutti questi anni. E lui, facendoci gonfiare un po’, ha superato per pochi punti di differenza Silvia Avallone, con cui c’è stato un testa a testa al cardiopalma fino agli ultimi voti (133 contro 129). Ci onora questa vittoria e lui anche nel momento più emozionante, quello della premiazione, beve dalla bottiglia di Strega, come costume dei vincitori del premio, ma non dimentica gli operai della Nexans, i suoi ex colleghi, li chiama. “Il libro per il quale sono venuto al mondo. Da bambino sapevo che il mio compito nella vita era quello di scrivere questo libro, di fermare la mia storia, quella da cui provengo, raccontandola”. Racconta della sua storia personale e di quella del romanzo. Parla e lo fa con i modi e lo stile che noi di Latina conosciamo bene, della moglie Ivana, della donna che gli ha dato due figli e  l’equilibrio che andava cercando, di cui aveva bisogno e senza il quale non avrebbe mai scritto. Parla della morte, quasi ad esorcizzarne la paura e lo fa ripetutamente. Parla della fede e di perdono. Della non violenza. Un percorso di vita articolato e complesso il suo, a tratti incomprensibile. Parla tanto, a valanga, non si ferma. A noi resta il suo libro, con la copertina della palude pontina del pittore Duilio Cambellotti. Qualcuno, preso dall’entusiasmo, avrà l’ardire di dire che siamo una città vivace e competitiva. Io penso che le eccellenze dei miei luoghi sono ancora eccellenze. Un libro affascinante, da leggere, da comprendere, da studiare. importante sapere da dove veniamo ed il colore degli occhi che avevano molti dei nostri antenati.
chevipera@libero.it