mercoledì 30 dicembre 2009

Prefetto, ben venuto a Latina. Italia

Lidano Grassucci 
Arriva un nuovo Prefetto a Latina, benvenuto. Le istituzioni non hanno un’anima. L’ho sostenuto tante volte. Le istituzioni hanno doveri nei confronti dei cittadini e della Repubblica. Non si amano i prefetti, ma si rispetta la Prefettura. Le istituzioni non scendono mai nella cronaca, mai fanno valutazioni. In questi giorni sento ancora dare giudizi su Fondi da parte di istituzioni, lo trovo sgradevole. Lo Stato parla attraverso le scelte che fa: su Fondi ci sono state le dimissioni e si voterà a marzo, altro sono cose fuori luogo, ridondanti, inutili. Come poteva essere non è cosa dello Stato, lo Stato è e basta. Con l’anno nuovo vorrei un nuovo stile, ciascuno lavora per quel che deve, senza entrare nel campo degli altri. Semplicemente. I magistrati fanno sentenze, i difensori difendono, la polizia indaga e i cittadini si scelgono gli amministratori che amministrano. La sociologia è compito delle università e degli studiosi non è compito dei Prefetti, dei magistrati, degli organi di polizia.
Mi spiego: un sociologo puo’ dire “la società è marcia”. Un magistrato, un Prefetto, un poliziotto puo dire “Antonio è marcio e queste sono i riscontri”. Il Procuratore della Repubblica di napoli ha detto che il 30% degli amministratori campani sono collusi con la malavita, se questo è vero deve portare elenchi con nomi e cognomi e prove, altrimenti non ha fatto il suo lavoro. Saviano puo’ dire che la camorra sta lottizzando la luna, è letteratura e la cosa va bene (Dante mica era andato davvero all’inferno, al purgatorio e in paradiso) un funzionario dello Stato no se non h prove.
La differenza sta tutta qui, ma non è da poco è la differenza che passa tra uno Stato serio e il non Stato. Buon lavoro al nuovo Prefetto con cordialità umana alla persona e rispetto per l’istituzione che rappresenta nella consapevolezza che non ci giudicherà ma amministrerà con professionalità le funzioni che il governo a lui demanda. Nulla meno, nulla piu’. Benvenuti a Latina, Italia 

Autostrada per Craxi

Lidano Grassucci 
Ero anticraxiano quando Craxi comandava, e non era facile. Non condividevo di Craxi la scelta di un socialismo laico, liberale. Ero di quei socialisti che ritenevano Marx un riferimento indispensabile per capire il presente ed immaginare il futuro. Ero legato a schemi classisti anche rassicuranti. Craxi comandava e tutti erano craxiani. Poi il Raphael, le monetine, figli di una “questione morale” che un partito, quello comunista, fuori dalla storia usò per “evitare la questione socialista”. I comunisti fecero la morale etica dopo che erano stati finanziati per decenni da potenze straniere, come se i repubblicani americani avessero preso i soldi dai giapponesi e accusavano i democratici di essere corrotti per aver comperato camion Ford per l’esercito. Diventai, non craxiano, ma difensore di Craxi davanti a quella ipocrisia di stare sempre con chi vince che è propria dell’Italia che odio, imbelle e codina. Non si trovava un craxiano a pagarlo oro: leghisti e fascisti con il cappio chiedevano l’impiccagione di Craxi, i comunisti tacevano a fronte di Craxi che non aveva taciuto all’internazionale socialista quando diede il consenso ad accettare i comunisti italiani. Ma è un vecchia storia i comunisti spagnoli spesso trovavano piu’ utile sparare a socialisti e anarchici piuttosto che ai franchisti.
Oggi a Milano il sindaco Moratti vuole intitolare una strada a Craxi e i vecchi portatore di cappio tornano a urlare, a lanciare monetine, a colpire il capo che è in disgrazia. Tanti Bruto.
Credo che Craxi abbia diritto ad una via pure grande. Giulio Cesare ha importanti strade, ma non era uno stinco di santo, Napoleone Bonaparte non era uno specchiato, anzi a noi italiani ci invse in armi, loro hanno strade Craxi no? Antonio di Pietro insorge, con livore. Mi domando: ma quanto il suo giudizio su Craxi era onesto quando era magistrato, agiva non per giustizia ma per odio? Craxi ha capito, e per primo, che l’Italia aveva bisogno di una sinistra laica ed europea, di uno stato alleato degli americani ma non suddito (Sigonella), che la Chiesa andava rispettata ma non subita, che lo Stato italiano andava riformato nel profondo.
Ricordo i compagni socialisti spagnoli che venivano in Italia per comprendere l’idea di un socialismo nuovo, di una società delle libertà. Craxi è morto in esilio e l’Italia ha messo in carcere il socialismo,  la Spagna socialista, laica ed europea ci ha superato per ricchezza procapite. Sarà  un caso, ma i cappi producono morte, le idee nuove sviluppo. Sto con Craxi, rendo onoe a Craxi con lo stesso orgoglio per cui non condividevo la sua idea di socialismo pragmatico. Lui aveva ragione io forse torto seguendo il vecchio principio che se incontri due socialisti avrai almeno tre correnti. La fine di Craxi: il caudillismo di Berlusconi, il populismo giustizialista di Di Pietro, l’onanismo localista-ingeneroso-xenofobo-medievale della lega, e la morte della sinistra.
Una strada? Io gli intitolerei l’A1, e a Riccardo Lombardi un corso al centro di Milano. Perché  se Craxi tornasse sarei ancora con Lombardi contro Bettino. Sapete sono socialista e non ho capito.

Occidente e Oriente e Dio diverso





Lidano Grassucci


Leggo della repressione in Iran. I seguaci del governo clericale gridano verso gli oppositori: “sono nemici di Dio, sono da giustiziare”. Durante la processione del Venerdì Santo a Sezze mi toccò la parte del sacerdote del sinedrio che recitava un “morte” dopo che Caifa gridava: “Ha detto di essere il figlio di Dio, è reo di morte”. Caifa era ebreo figlio del Dio vendicatore, in Iran seguono l’Islam ed hanno come testa quella idea del potere che nasce dal monopolio dei grandi sistemi idraulici che è proprio dell’oriente. E tutto giustificato da un Dio lontano e patrigno, che piu’ che della vita è propenso alla morte. Il kamikaze che sale sull’aereo a Detroit per farsi esplodere pensa alla sua morte, in nome di Dio, e la morte dei passeggeri, per volere di Dio. Tutto votato alla negazione della vita per conto di Osama Bin Laden che invece sembra immortale, perché il capo: quello che controlla le dighe e i cicli della vita, non puo’ morire. Chi dissente in Iran? E’ “nemico di Dio”, per il cui conto si uccide, come tra gli ebrei di Caifa. Ecco forse in questo l’Occidente è un altro percorso, c’è la misericordia, c’è quella gara tra laici e religiosi che, a sintesi, è umanità. Il soldato occidentale va all’attacco, rischia la vita, ma pensa di ritornare e si da possibilità di ritorno, un kamikaze no.
Le proteste in Iran? Colpa di americani e sionisti, di senza Dio di bestemmiatori. Allora? Il Dio cattivo punisce, toglie la vita.
Puo’ esserci un Dio che toglie la vita? Che nega se stesso, la sua creazione? Per noi no, per l’Occidente no. La differenza è tutta qui: lì l’individuo non conta ed è alla mercè del potere-Dio, da noi la sua felicità è la ragione stessa del vivere e il potere è una cosa, Dio è un’altra.  Lì il potere è chi puo’ chiudere l’acqua, dio puo’ cancellare la vita, qui è la possibilità di cambiare gestore dell’acqua e Dio sta dentro la coscienza di ciascuno.
Piccole cose, ma grandi cose. Si puo’ in nome di Dio negare l’umanità? Per noi no, perché abbiamo creato, scoperto, definito, cercato semplicemente un Dio umano che non fa politica.

martedì 29 dicembre 2009

LA FORMICA ROSSA - Garanzie per tutti

tieffe
I numeri parlano chiaro come sanno parlare i numeri, ma le interpretazioni non lasciano scampo. Serve una sterzata. La precarietà abbigliata con il vestito buono della flessibilità non porta altro che miseria. Serve un nuovo statuto dei lavoratori, che garantisca tutti e non solo gli ipergarantiti. Serve un patto territoriale, che lasci agli imprenditori il rischio e ai lavoratori il diritto-dovere di lavorare.



Addio annus horribilis dell'economia pontina

Teresa Faticoni
La crisi passa per le strade della provincia, si ferma nelle fabbriche e minaccia la produzione, svilisce le ambizioni degli imprenditori e si acuisce nelle case dei lavoratori. La crisi passa, ma lascia dietro di sé buchi neri che sarà difficile riempire di nuovo, sul terreno rimangono morti e feriti. La nostra terra solcata dalla linea difficile delle mancate occasioni, che la politica e la classe imprenditoriale non hanno saputo cogliere dopo la cassa del mezzogiorno. Un anno pesante, il 2009, analizzato punto per punto, mattone per mattone, lavoratore per lavoratore dalla Ugl di Latina. Claudio Durigon, segretario generale, non si ferma al novero delle situazioni difficili, ma cerca di guardare alle prospettive che potrebbero aprirsi nel 2010. Quello appena trascorso è stato l’anno degli ammortizzatori sociali: su tutti la cassa integrazione è stato il sottile fil rouge che lega molte aziende della provincia pontina. Un modo per darsi una speranza, per evitare che migliaia di lavoratori fossero espulsi dal mercato del’occupazione. Nel primo semestre 2009 si registra nel Lazio (rispetto al primo semestre 2008) un aumento del 324,8% delle ore di cassa integrazione guadagni, che in soli sei mesi hanno superato quelle complessivamente totalizzate nei due anni precedenti arrivando a 29,5 milioni di ore (13,7 milioni nel 2007 e 15,1 milioni nel 2008). Rispetto ai dati regionali Latina si colloca meglio rispetto alle altre province con + 124,8 % (da 608 mila a 1,4 milioni di ore). La crescita più alta si rileva a Roma (+584,5%; da 2,5 a 17,3 milioni di ore), seguita da Rieti (+193,5%; da 238 a 700mila), Frosinone (+190,8%; da 2,7 a 7,9 milioni), Viterbo (+158,2%; da 853mila a 2,2 milioni). I dati sulla disoccupazione fanno registrare un aumento senza freni nel primo semestre 2009. Le domande di disoccupazione presentate presso la sede Inps di Latina sono schizzate del 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I dati del 2008 davano la nostra provincia con un tasso di disoccupazione pari all’ 8,5%. Ma i primi conti di analisi dei tavoli territoriali portano a un notevole incremento. Sul lavoro irregolare i dati ci riferiscono di 29mila lavoratori scoperti nel Lazio nell’ultimo biennio; di questi oltre un quarto (27,9%) era totalmente in nero. I lavoratori irregolari scoperti sono stati 2.695 a Latina (1.343 in nero). Non va meglio la terribile piaga delle morti bianche (ma perché le chiamano bianche se portano solo lutti e distruzioni come fosse una guerra?): secondo i dati Inail aggiornati al primo semestre 2009 in Italia calano gli infortuni sul lavoro del 12,2% mentre nel 2008 infatti i casi di morte sul lavoro accertati sono stati 7 mentre nel 2009, considerando il periodo, fino a novembre si sono riscontrati già 19 casi, dato riferito a tutte le categorie dall’edilizia all’industria. «Davanti alle pesanti difficoltà dei settori della chimica, ceramica, tessile e del vetro, sul territorio della provincia di Latina - sottolinea Durigon - alcune realtà come gli stabilimenti della Nexans di Latina, Wyeth/Pfizer Aprilia e Bristol di Sermoneta, Haupt-Pharma di Borgo San Michele, Huyck di Latina, O.I. Manufacturing di Campo di Carne, Scm, Bsp ed il Calzificio ex Dublo di Latina Scalo, Pozzi Ginori di Gaeta, Evo Tape di Castelforte, stanno sentendo gli effetti della crisi economico-finanziaria che ha coinvolto tutto il mondo industriale». Ma sotto torchio è soprattutto il polo chimico farmaceutico, secondo in Italia solo a quello di Milano. «La situazione disastrosa richiede immediati e concreti interventi al fine di evitare, nel 2010, un tracollo  che comporterebbe la chiusura in tempi brevi di numerose aziende , impossibilitate ad operare sul mercato delle multinazionali per gli alti costi di gestione», aggiunge il segretario Ugl che precisa come «gli interventi delle istituzioni devono essere mirati per non  ingenerare dei mega fallimenti come la ex Pettinicchio settore agroalimentare o come la Meccano settore metalmeccanico». Che sono i casi più amari perchè hanno rappresentato l’uccisione di una speranza. Proprio questa manca alla provincia di Latina, agli imprenditori che rinunciano all’essenza stessa dell’intrapresa lasciando il rischio ai sussidi statali, ai manager che fanno pagare ai lavoratori lo scotto dei propri errori, a certi lavoratori che scelgono (abbiamo registrato un paio di casi in questo senso) il salario piuttosto che il lavoro (una vera contraddizione in termini), alla politica che non ha nemmeno più una programmazione di breve respiro, figuraimoci quella di lunga gittata: la visione del domani. Oggi e subito, per quanto poco sia, sembra sufficiente. Ma per ricominciare a essere un polo industriale bisogna accattivarsi gli investimenti ed essere aperti ai cambiamenti. Perchè il mondo sta cambianbo e noi siamo fermi alla Casmez. Che peccato.

lunedì 28 dicembre 2009

L’equivoco delle parole




Lidano Grassucci


Incontro per “Il Fatto del giorno” Ennio Tasciotti, un ragazzo di Latina, che fa il ricercatore nel Texas in nano medicina. È  brillante Ennio, sorridente, soddisfatto del suo lavoro. Ma mi colpiscono le parole, ad un certo punto si blocca e mi dice il nome di una struttura in inglese e mi chiede come si traduce quell’idea in italiano. Le parole, sono armi sottili, difficili da usare. Dei comici ci giocarono sopra: uno dice: “come si dice pentola a Milano?” E l’altro: “da noi pentola”. Ma sotto c’era il problema che le parole pesano in modo diverso da ciascuno, non hanno sempre lo stesso segno. Vivo di parole, eppure sto scoprendo quanto è difficile usarle quando vuoi dire cose che stanno dentro di te. E’ difficile perché ti accorgi che l’altro “deve tradurre” nel suo linguaggio, nelle sue aspettative, nella sua sensibilità. Uso spesso il dialetto e scopro che è più facile parlare con quelle parole se davanti hai uno che parla un’altra lingua, perché sei “costretto a spiegare il senso” e in questo fare stabilisci un lessico comune per quel dialogo. Le parole che si presuppone tutti conoscano sono bombe gettate nella piazza del confronto, sono mine vaganti che possono non far nulla, possono far sorridere o possono innescare drammi. Nano medicina? Che significa “una medicina per nanetti”, “una medicina piccola”, o “una medicina che si occupa dell’infinitamente piccolo”? Con Tasciotti ci chiariamo all’inizio della trasmissione e prendiamo il terzo significato e tutto diventa liscio, se lo lasciavamo nel limbo del “già compreso”, avremmo forse parlato di cose diverse.
Credo sia importante riprendere i fili delle parole, il loro senso, la loro sensibilità. Faccio il giornalista e ho un uso pirotecnico del parlare, come chi fa lo scienziato ne ha un uso rigoroso, o un religioso una modalità parabolica (per parabole, non tramite antenna satellitare, vedete gli equivoci?) e questo genera difficoltà a parlare nella vita ordinaria: quando il confronto non è per titoli mi viene difficile, bisognerebbe mettersi d’accordo prima. Forse è meglio non parlare, ma senza la parola non c’è vita. “In principio era il Verbo…. E il Verbo si è fatto carne” dicono le Scritture, ma la parola può ferire la carne.  

domenica 27 dicembre 2009

Buon Natale... ragazzi


Fabrizio Bellini

Vivo ancora nella casa di mio nonno. Il tavolo da pranzo è per sedici persone. A Natale, quest’anno, eravamo in nove. Sette sedie vuote, troppe. Natale in pochi? No, tutti quelli che restano di una bella, classica, famiglia italiana. Il mio, purtroppo, è un caso molto comune: i vecchi se ne vanno e i giovani non fanno figli. Mancano i “rimpiazzi”. Questo è il terzo millennio e per adesso non mi sembra un gran che. Gli auguri calendarizzati prevedono spesso formule banali. Si va da “Auguri di Buon Natale e felice anno nuovo” a “Buon Ferragosto”  passando per “Buona Pasqua”. Al Nord, più prosaico e attaccato al soldo, spesso sostituiscono “felice” con “prospero”. Per noi romani il “prospero” è solo un fiammifero e quindi non l’usiamo. Si mandano in circolarità con gli sms. Ne scrivi uno ed è buono per tutti. Frasi senz’anima che sostituiscono i delicati bigliettini personalizzati di una volta. Però vuol dire che almeno qualcuno ci ha pensato. Secondo me, no, significa che ci ha messo in rubrica, e basta. Che tristezza! Abbiamo perso il sentimento, conserviamo solo la forma. Senza grandi emozioni e con poche pretese. Comunque quattro, miseri, giorni di auguri l’anno: Natale, il 31, Pasqua e il 15 agosto. E gli altri trecentosessantuno? Ecco, i miei auguri sono per questi e sono rivolti a tutti coloro che sono in età e in condizione di moltiplicarsi: “auguro, a chi può e dovrebbe, di “fare” ogni giorno dell’anno. Festivi, il doppio, mattina e sera”. Insomma , chi è in grado di mettere al mondo figli, lo faccia. O almeno segua scrupolosamente la procedura. Tenti, si impegni, non si risparmi, “faccia”. Non dia retta a nessuno e “operi” in libertà. Prima o poi qualcosa succederà. Se non altro saranno contenti il Papa e l’Inps e poi, se mi ricordo bene, non è neanche una cosa molto noiosa. Il Natale di noi sessantenni con figli adulti ma prudenti, stanchi, preoccupati, timorosi perfino di sognare, sta diventando una tragedia. Troppe sedie vuote intorno a noi, ognuna con un ricordo che non si scioglie nel sorriso di un bambino. Nessun giocattolo sotto l’albero, solo cravatte e foulard, nessuna speranza. Viva i bambini, qualcuno li faccia. Riprodursi . Su questo punto c’è accordo perfino tra evoluzionisti e creazionisti. Si beccano solo su come si è cominciato, questione importantissima, ma io voglio discutere sul perché da noi si è smesso. E’ vero che il mio operaio indiano in tre anni ha messo al mondo due pargoletti e quindi, demograficamente, il conto torna, ma mi chiamano saib e invece io voglio un mostriciattolo tutto mio che mi chiami nonno. Ho voglia di vita. La nostra, in famiglia. Credetemi, come me c’è un sacco di gente. Leggo che le colpe sono nostre. Che abbiamo educato male i figli, che li abbiamo protetti troppo, che addirittura li abbiamo trasformati in bamboccioni. Ce lo dicono i soloni della politica, a prescindere dalle appartenenze. Quelli che mettono la famiglia e i giovani al centro dei loro programmi elettorali e poi, quando sono al governo di qualunque cosa, se lo scordano. Niente quoziente famigliare, occupazione giovanile, salario d’ingresso, mutui agevolati, piano casa, lotta al criterio di anzianità, valorizzazione del merito,  finanziamento degli studi universitari, ecc ecc. Posso andare avanti  fino alle due parole magiche che racchiudono tutto il politichese insulso del mondo: spirito di servizio e politica sociale. Madonnina mia, non si possono più sentire, figuriamoci crederci. Se la politica non crea e mantiene le condizioni di una socialità minima e di una fiducia generale, come fanno i giovani a trovarle in se stessi? Un esempio piccolissimo ma significativo: pochi giorni fa, a Latina, in Consiglio comunale si dovevano approvare i sussidi per gli indigenti e gli ammortizzatori delle zaccheiane strisce blu. Cioè soldi a chi ne ha bisogno e serenità a chi lavora; che c’è di più sociale di questo? Bene, invece di discutere, la maggioranza se ne è andata e l’opposizione pure. Sono rimasti pochi simil-sessantottini a occupare l’aula. Da una parte hanno fatto capire che era un messaggio in codice per il Sindaco, dall’altra che era un modo per evidenziare la crisi della maggioranza. La tattica più che la strategia. I dettagli più che la sostanza. I mezzi più che i fini. L’interesse di bottega più che quello generale. Morale: la politica di quartiere è quasi sempre stupida e troppo spesso affidata a uomini inadeguati che non ne capiscono neanche il significato e gli obiettivi. Così mentre loro si compiacciono della propria furbizia gli indigenti si scaldano battendo i piedi per terra e chi non può spendere per il parcheggio, cammina. E noi li paghiamo, gettoni di presenza compresi, per queste belle pensate. In che si dovrebbe avere fiducia? Se il mio indiano mi presta un bambino voglio portarlo da uno di questi geniacci e metterglielo in braccio. Spero che gli faccia almeno la pipì addosso. Ma conto anche su qualcosa di più. Sindrome da Bambinello? Ok, forse è vero, comunque ne vorrei discutere, ma a Natale siete tutti più buoni e in ogni caso, mi perdonerete. E voi ragazzi, fregatevene e …“fate”.

Latina - Quei versi che scaldano l’anima

 Luisa Guarino



Tra gli ultimi appuntamenti proposti a Latina dal tendone “Festa di stelle. Idee per il Natale” di Piazza del Popolo, che ha chiuso i battenti ieri sera, c’è stata sabato mattina la presentazione del libro “Cuore di poesia” di Massimo de Martino. Pubblicato da Albatros/Il Filo per la collana Le Cose-Nuove voci, il testo è stato presentato, oltre che dall’autore, dalla giornalista Simona Serino e da Gabriele Brocani, voce ‘storica’ di Radio Luna. Non una presentazione come tante dunque, ma anche una vera e bella rimpatriata tra amici, visto che Massimo de Martino è un noto speaker di Radio Studio 93, seguitissima emittente radiofonica di Aprilia. Nato a Napoli nel ’68, de Martino vive da molti anni a Latina, canta, e scrive i testi per il gruppo rock in cui milita da molti anni, i Sipario.
Il libro “Cuore di poesia” è la sua terza opera, dopo “Il sentiero dell’anima” del 1999, e “Il filo rosso” del 2001. Dovendo raccogliere una produzione che abbraccia ben otto anni di scrittura, “Cuore di poesia”, la cui copertina è stata realizzata da Sonia Ducanio, si presenta come un testo piuttosto corposo: “E’ la prima cosa che mi ‘obiettano’ - ha detto fra l’altro Massimo durante la presentazione -: come se quelli di poesie dovessero essere per forza dei libricini”. E evidentemente per de Martino non è stato così. Le composizioni, brevi o lunghe, che toccano gli argomenti più disparati, erano molte, e tutte urgevano. Del resto una raccolta di versi non è come un romanzo che devi per forza leggere di seguito: “Cuore di poesia” è il classico libro che si può tenere sul comodino, e aprire e chiudere secondo il tempo e lo stato d’animo. L’autore ha voluto caratterizzare le sue poesie secondo gruppi, definiti rispettivamente “Introduzione - Assapora”, “La visione dell’anima”, “La visione dell’amore”, “Poesie a raccolta”, “Poesie a tema” divise in Shorts (A volte breve è il tempo della poesia) e Oggi è stato un giorno di poesia, “Io e la luna”, “Ho scritto una poesia per te… e forse non ti piacerà”, “Vocabolario”, “Sono tutto solo in questa generazione?”, che si conclude proprio con i versi che danno il titolo al libro, “Cuore di poesia”: ‘Ho un cuore che non vive di battiti/ ma di parole,/ che non vive di sangue ma di inchiostri multicolori,/ che non vive di ossigeno/ ma di suoni trasparenti.// Ho un cuore di poesia.’. Il testo si conclude con le liriche dedicate a due care, anzi carissime amiche, quasi due ‘alter ego’, Etta e Marina. La prefazione del libro è di Flavia Weisghizzi. La dedica più bella è quella per la moglie Angela, “che sa sempre ascoltare il battito (non sempre regolare) del mio cuore di poesia”.
 

Gli Oscar del Basket del "Territorio"


Paolo Iannuccelli
Come ogni anno il  giornale IL TERRITORIO “distribuisce” gli Oscar provinciali di Latina del basket. Nel 2009 si sono distinti:

Miglior dirigente: Enzo Becchetti, Latina, promozione in Lega2
Miglior dirigente giovane: Massimiliano Di Maria
Miglior allenatore: Giovanni Benedetto, Latina
Miglior giocatore: Massimo Macaro,  Fondi
Miglior giocatrice: Valeria Boccoli della Cestistica
Miglior straniero: Kc Rivers
Migliori giovani: Pitton, Ab Latina e Giancarli, Smg
Miglior allenatore settore giovanile: Alessandro Iacozza e Roberto Gallo
Miglior azzurro: Diego Monaldi, Monte Paschi Siena e Luigi Massa, Futura Cisterna
Miglior istruttore minibasket: Mimmo Mascolo e Marco Botticelli
Miglior preparatore atletico: Remo Saputo
Miglior arbitro: Dino Mastrantoni
Miglior ufficiale di campo: Loretta Ceccano
Miglior dirigente federale: Costantino Giorgi
Miglior dirigente minibasket: Fabio Bagni
Miglior veterano: Giuseppe Trotto
Miglior organizzatore manifestazioni: Leo Giardino, Scauri
Miglior settore giovanile: Smg Latina
Miglior procuratore: Vittorio Gallinari
Rivelazione dell'anno: Alessandro  Fanti, Aprilia
Miglior torneo: Trofeo Tosarello
Migliore squadra: Ab Latina
La sorpresa: Basket Terracina
Miglior giornalista: Mario Arceri
Migliore Radio: Musica Radio
Miglior magazine: Superbasket
Miglior addetto stampa: Donatella Schirra, Ab Latina
Dirigente e coach rivelazione: Fabio Nardone
Oscar alla carriera: Antonio Lungo, 20 anni di basket
La migliore scuola: Elementare Aspri di Fondi
L'intramontabile: Lino Mevi
L’impresa: Sport Management Group con due finali nazionali
Premio Simpatia: Mauro Grimaldi
Migliore sponsor: Lucio Benacquista
Fair Play:  Massimo Zichi, presidente Panathlon
Etica nel basket:  Marcello Zanda
Basket e solidarietà: Bull Basket

sabato 26 dicembre 2009

Paese che vai, presepe che trovi





Maria Corsetti

Suggestivi, evocativi,  innovativi: ogni anno la corsa è al presepe più bello, o più originale. Spazio alla fantasia, comporre un presepe è come fare un castello di sabbia, tanto lavoro per una soddisfazione effimera. Liberatorio. Che si creda o no ai fatti di due millenni orsono, la natività è la rappresentazione più di successo al mondo.  Ci sono tutti gli elementi per lavorarci su, a Hollywood non avrebbero saputo inventare di meglio. La nascita povera con il bue e l’asinello in contrasto con la ricchezza del cielo che si spara una super cometa e schiere di angeli in coro. Il bimbetto adagiato sulla paglia e i re magi che arrivano a cavallo del cammello portando doni sontuosi mentre milioni di pecore pascolano nei prati circostanti. L’atmosfera è stile frittata e champagne, ce n’è per tutti i gusti. Ognuno può metterci del suo, come insegna la tradizione napoletana. A Doganella non se lo sono fatto ripetere due volte: sono sette anni che si scatenano in una mostra-gara, con tanto di libro delle critiche. Nell’edizione 2009 troviamo il presepe fatto con la carta dei quotidiani e quello realizzato prendendo come spunto le città della provincia. E non ci si ferma qui. I capolavori assoluti della fantasia sono rappresentati dal presepe stile McDonald’s con il bambinello nel panino e dal “Natale espresso”, realizzato nella Mokona: entrambi arrivano a una perfetta sintesi tra i tempi di oggi e la tradizione che fu. Lo stand è situato a ridosso della chiesa di Santa Maria Assunta e merita una visita in omaggio all’originalità.
La palma della suggestione, invece, va senza dubbio al presepe ambientato nelle Grotte di Palazzo Caetani a Cisterna. Da ben 24 anni Orazio Biscossi, Pietro Rolletti, Giuseppe Palombo, Sandro Frezza, Nadia Biscossi e Fabio Rotondi, allestiscono la natività con circa duecento statuine quasi tutte provenienti dalle botteghe artigianali di San Gregorio Armeno a Napoli. Quest’anno sono stati rinnovati alcuni scenari, ma è rimasta invariata l’ambientazione ottocentesca con giochi d’acqua, movimenti meccanici e luci. Il presepe in grotta si può visitare oggi, il 31 dicembre, il 2 e il 6 gennaio dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19.  Negli altri giorni le associazioni, le scuole e i gruppi interessati potranno visitare il presepe previa prenotazione ai numeri: 347.6143668, 06.9693735, 338.7740550.
Si può visitare fino al 13 gennaio a Latina il presepe di Marcello Cassoni, allestito da qualche anno a questa parte nel giardino del Comune.
Due le natività rappresentate, quella popolare e quella palestinese. Tra i pezzi più suggestivi, l'acquedotto romano, le lestre, i paesi dei Monti Lepini, antichi mestieri e molto altro. Inoltre, sotto i portici di Piazza del Popolo è anche possibile ammirare i presepi allestiti in dieci teche dall'Associazione Presepistica Pontina.

In aula a Formia arriva il bilancio di previsione


 Raffaele Vallefuoco

Domenica 27 Dicembre 2009

Tra il Natale e il Capodanno, a Formia, arriva il consiglio comunale. La convocazione, firmata dal presidente dell'assise civica Erasmo Picano, è fissata per domani, presso la Sala Ribaud del Palazzo municipale. All'ordine del giorno  il bilancio di previsione 2010. A darne anticipazione l'assessore al bilancio Raffaele Manna: «Si tratta di un passaggio contabile che rispetta per la prima volta il termine del 31 dicembre, nonostante la legge di finanza ne fissi la scadenza in proroga al 30 aprile 2010. Un appuntamento che rispetta la linea della trasparenza che l’amministrazione Forte ha ritenuto darsi per garantire un corretto esercizio sin dall’inizio del 2010, in maniera da porre in essere tutti i provvedimenti indispensabili atti ad assicurare quegli interventi necessari per soddisfare i bisogni e le attese della cittadinanza». Decisamente meno politichese è il primo cittadino Michele Forte: «Stiamo adottando, in linea con l’esercizio precedente, una politica di rigore – afferma il sindaco – lavorando e mantenendo l’impegno di soddisfare al meglio i bisogni dei cittadini e i servizi essenziali, non rinunciando tuttavia ad investire sulla crescita turistica e sociale del nostro territorio. Al momento persistono difficoltà – continua il primo cittadino –  in materia di personale comunale. Stiamo operando con 30 unità in meno a causa dei vincoli del patto di stabilità. Ciò nonostante abbiamo garantito i servizi erogati al cittadino. In alcuni casi come per l’Ufficio Anagrafe abbiamo apportato sostanziali miglioramenti, riqualificando la struttura dal punto di vista ambientale e dotandola di apparati di informatizzazione per il pubblico. Tutta la finanza pubblica degli enti locali risente dello scenario finanziario nazionale - analizza con minuzia Forte -. In particolare i vincoli di finanza pubblica attraverso il patto di stabilità frenano l’azione amministrativa in materia di spesa, investimenti e assunzione di personale». Quindi, prosegue il sindaco Forte, che non risparmia di criticare la passata amministrazione per questo stato di sclerotizzazione: «Stiamo pagando la pesante eredità dello sforamento del 2007 le cui risultanze di gestione furono caratterizzate da riscossioni straordinarie relative ai proventi del condono edilizio per circa cinque milioni di euro. Quella entrata ha determinato in seguito penalizzanti vincoli per l’esercizio 2009 con riflessi anche per il 2010. In presenza di precise limitazioni abbiamo saputo gestire comunque l’emergenza destinando risorse in conto 2010  per circa 7 milioni di euro a settori preminenti come il sociale e la scuola, circa il 20% dell’intero bilancio comunale». Un dato poi l’assessore Manna tiene a sottolineare: «Non abbiamo previsto alcun incremento di tasse e tariffe nonostante alcuni servizi come la raccolta differenziata siano stati potenziati ed estesi e sul fronte delle entrate si rileva una riduzione prudenziale di circa 700 mila euro delle previsioni riferite al gettito delle sanzioni amministrative per violazione al codice della strada e l’adeguamento in materia della direttiva Maroni emanata nell’estate 2009». Parola ora al consiglio, che prevede, tra l'altro, l'approvazione definitiva delle osservazioni e controdeduzioni sulle aree percorso dal fuoco nell'ano 2008; il riconoscimento di debito fuori bilancio per liquidazione di somme per servizio pubblicitario eseguiti per conto del Comune nell'anno 2007. 

L'ARCINORMALE - Orologio e crocifisso

Lidano Grassucci



“Adesso cosa chiedo al Vescovo?”. Mi faccio questa domanda mentre vado dal Vescovo di Latina, è la vigilia di Natale, è già la mezza e la città si sta “ritirando”, le strade cominciano ad esser vuote e il tempo si fa lento. Non è un Natale da cartolina, anzi l’aria è un po’ di primavera. La domanda che mi faccio è cretina per un giornalista, come se una bimba si chiedesse “cosa ci farò con la mia bambola?”. Ci accoglie un sacerdote sorridente, entriamo al vescovato da via Sezze, cancello banale, verde, e nulla che richiami la potenza ricca del Rinascimento, o la severità controriformista. Una casa, da questa parte. Entro, sulle pareti riproduzioni di quadri di mistiche e crocifissi i cui originali stanno a Sezze, a Priverno o a Terracina, le mamme di questa diocesi. Cosa chiedo al Vescovo. Mi accoglie con un sorriso aperto: “è il mio alloggio, vieni ti mostro…”. Un camino, un televisore, arredo che assomiglia tanto a quello delle vecchie signore di paese. Mentre parla penso alla mia domanda e mi guardo intorno. Lui è tutto un simbolo: il copricapo viola che indica la sua condizione nella Chiesa, l’abito che significa che è sacerdote, e il crocifisso grande che sta sul suo petto. Penso, e io? Ho un orologio, solo un orologio. Un misuratore di tempo che indica che per me il tempo è un giro d’ingranaggio: chi ho davanti pensa che il tempo sia un percorso in un disegno. Che differenza. Lui, il Vescovo, mi parla di una Chiesa conciliante: “Noi abbiamo riconosciuto i nostri errori, siamo stati gli unici”. Poi continua: “Non credere che Galileo fosse così nel giusto, anche lui aveva degli assoluti. Pensava che la matematica, la sua matematica, fosse indiscutibile, uno scienziato di oggi inorridirebbe”. Già, ma non è che il Cardinale Bellarmino fosse meno convinto del suo. Diciamo che erano tempi “assoluti”. Sta di fatto che ora siamo seduti uno davanti all’altro e lui esordisce: “è la parola, il Verbo, che si è fatto carne”. Ecco, mi domando, come lo spiego, come lo capiscono, che la parola diventa vita, ragione di vita. Speranza? Come lo spiego a un mondo dove la carne è la fettina e sta in contenitori di polistirolo coperto con un film di plastica?
Ascolto e chiedo: “la nostra società ha perduto la prospettiva”, incalza. Già, come dargli torto, la fettina nel contenitore è rispetto al tempo questa idea che esista solo il presente, che annulla tutti i passati e non immagina il futuro.
Già, penso che quel crocifisso che ha sul petto questo voglia dire: guardate che c’è un passato, lungo, e c’è una idea di domani che è “speranza”. Il vescovo distingue tra egoismo e narcisismo, tra l’idea di un mondo concentrato in se stessi e quello di un mondo per se stessi. Non entro in questo merito, so che con l’ingranaggio del mio orologio misuro il tempo, lui, il vescovo con quel crocifisso testimonia il tempo passato e “crede” nel futuro. Robe, direbbe una persona che conosco, da occidente che sono occidente. Oggi Galileo avrebbe dei dubbi sulle sue certezze matematiche, Bellarmino sarebbe capace di chiedergli scusa per quella terra che doveva stare ferma eppure si muoveva.  

LA VIPERA - La vanità dei nuovi uomini

aemme

Due minuti e sono pronta! Cinque e scendo! Questo succedeva quando le donne erano colpa di ritardi agli appuntamenti, ad una cena a casa di amici, al pranzo della domenica dalla mamma. Era normale fino a qualche tempo fa attribuire alle donne la mancanza di puntualità. Nessuno metteva in dubbio di chi fosse  la responsabilità. Non è più cosi. I tempi evolvono o involvono. Le donne accelerano e, loro, devono provare a starci dietro. Ma non sempre emulano la nostra parte migliore.  Mettersi dal lato del profilo migliore, ore in bagno ad in cremarsi, depilazioni e lifting, sciarpina si o sciarpina no, erano prerogative femminili e, neanche tanto da copiare. Danno un po’ sui nervi, certi uomini che passano ore ed ore in palestra per poi auto ammirarsi davanti ad uno specchio, magari con commento sui propri bicipiti. Plaudono soli alla scoperta della propria bellezza. Ma era proprio così che sognavamo un uomo? Forse neanche loro sognavano donne così determinate, così in corsa alla conquista di tutto, oltre al mantenimento di quanto era già consolidato nelle loro mani. Tutti corrono. Le donne ad essere sempre più autonome, libere e un po’ uomo; gli uomini ad essere sempre più curati nell’aspetto, più fru fru e un pò più donne. Non ci dispiaceva un uomo, che da uomo, ci aprisse lo sportello dell’auto, ci versasse da bere e ci coccolasse come un dono prezioso. E noi, pur inseguendo e raggiungendo gli apici di incredibili carriere avremmo continuato volentieri il nostro originale, naturale, ruolo di donna.

chevipera@libero.it

mercoledì 23 dicembre 2009

BUON NATALE A TUTTI I NOSTRI LETTORI. 
TORNEREMO A SCRIVERE E SCRIVERCI IL 26 DICEMBRE

Caro Babbo Natale fai un regalino ai nostri politici



Alessia Tomasini
Caro Babbo Natale per favore quest’anno cerca di compiere il miracolo e di portare ai nostri politici un pò di sale in zucca. Per Mauro Anzalone porta un bel partito, li ha girati tutti e di questo passo ci finisce arruolato nella legione straniera. Non ti preoccupare per quella cosa dei valori e dei programmi, tanto lui non ci fa caso. Al nostro sindaco Vincenzo Zaccheo regala il porto che lo aspetta da tanto tempo. Lo sai come è fatto Zaccheo, se si mette in testa una cosa va giù duro finchè non la ottiene. Il problema è che tra quando la pensa, l’opera da mettere in cantiere, e quando la ottiene ci passano l’acquisto di tutti gli immobili presenti sul territorio, due o tre concorsi di idee, almeno un paio di sfuriate contro Cusani e il Pdl. Per non parlare poi dell’innamoramento per gli stranieri alla Wilmotte. Vedi di fare veloce caro Babbo perchè di questo passo se va  in Brasile e si innamora del Cristo Redentore  del Corcovado ce lo fa realizzare paro paro in piazza del Popolo. Fidati, ci costa di meno il porto. Caro babbo poi per il Pd cerca di far entrare un candidato presidente che non sia anche “trans”genico. Uno normale come Zingaretti che magari riescono a fare qualcosa di valido e non solo a vendere chiacchiere come nel caso delle strisce blu che se stiamo dietro a loro anzichè cancellarle le estendono al resto di Latina. Caro Babbo babbino a Mansutti porta meno lacca e più coraggio, a Giorgio De Marchis una botta di sano socialismo, a Visari un pò di consequenzialità, ad Aielli uno statuto del Pd così avrà ben chiaro il programma che i cittadini hanno votato. Caro Babbo porta a Di Resta un sorriso e a Moscardelli meno timidezza che ci piace di più quando non è teso. Caro Babbo portaci tante strisce bianche, e non capire male, perchè tra poco in centro gli unici esseri viventi che si vedranno circolare saranno i gechi che si muovono sui muri. Babbo babbetto a Guercio porta tanti spazi verdi e tante rotondole, a Fabio Bianchi un pò di coraggio, a Cusani un nuovo staff. Per tutti gli addetti stampa caro Babbo porta un bel vocabolario di italiano di quelli particolareggiati. Per “er caciara Terry” porta meno arrabbiature e per il direttore almeno un paio di “Del Piero e Totti” che con i soli “Ringhio” fa poco. Per me caro Babbo fai tu, ma lo sai, confido di più nel carbone della Befana.

Natale e grano nuovo




Lidano Grassucci


È  Natale, ma io non credo, forse. Meglio credo che questa vita sia qua e non oltre il muro che abbiamo davanti. Allora che senso ha questa festa per me? Non dovrei dire. Ieri Fabrizio Bellini su queste colonne mi ha definito perfetto e chirurgico, autodefinendosi passionale e agricolo. Non sono un chirurgo e non sono preciso e, per fortuna o purtroppo sono contadino, e Natale l’ho capito verso mezzogiorno di ieri. È venuto da me d’improvviso. Dopo giornate grigie è uscito un pezzo di sole e dalla macchina ho guardato la campagna, c’era il grano nuovo verde intenso. Era uscito dal gelo, era grano cucciolo. Da piccolo andavo, di questi tempi, in mezzo alla campagna e accarezzavo il grano, lo sentivo tenero e ingenuo sotto il palmo della mia mano. Era vita acerba ma prepotente, infingarda. Quando il grano spunta è verde invasivo, è “prepotenza”. Ho sempre avuto un rapporto tattile con la mia terra, mi piace sentirla tra le mani, spaccarla. La riconoscerei tra mille e in altre mille non ho trovato: la terra della mia piana è grassa di neri, è intensa di marroni, è infida quando diventa fango, è aspra quando si spezza per la secca. Quando un contadino va oltre la terra sua, la prima cosa che fa “sente” la terra, la cerca. Per questo qualche giorno fa ho cercato di spiegare come non sono capace a lasciare questo posto, un contadino è se ha la terra, se sta nella terra sua. Prendi un contadino e lo porti da un’altra parte, muore o non vive che è peggio. La terra ti prende quando la lavori, la senti, la odori, la guardi, la riconosci. Quando se ci metti la mano sopra lei ti risponde, la terra e il contadino si parlano, bisticciano, si comprendono.
E, ovunque va il contadino, va a vedere se esce il grano nuovo. Nel lessico della mia gente il grano nuovo è segno che anche l’anno prossimo mangeremo, saremo vivi, avremo speranze. Anche l’anno nuovo saremo qui. Quel grano è speranza e la speranza è l’unica ragione per noi viventi. Gli ebrei per 2000 anni si salutavano rinnovando una speranza, in qualsiasi parte del mondo si trovassero auguravano a se stessi e all’altro: “l’anno prossimo festeggeremo a Gerusalemme”. La maggior parte di loro non l’aveva neanche vista in cartolina e non la vide mai. Ma speravano e sono andati avanti per due millenni. Non so se ha a che fare il grano nuovo con il Natale, so che io contadino capisco il Natale da questa cosa qui.
Il palmo della mia mano sente il piacere della vita che viene, come se mettessi le mani nella pancia del mondo. Forse per questo Natale viene da nascere. Poi se nasce il grano, il Salvatore, o un bimbo fa la stessa cosa, è la speranza che sta dentro il Natale, è l’idea di domani meglio di oggi.
Cosa voglio augurare a chi mi legge? Che la vita nuova è già germogliata, che l’anno prossimo avremo di che gioire e avremo pane. Lo racconto perché è il caso di capire quel che facciamo: il pane a Natale sa di uova, burro, uva e frutta candita è serenità nel consumare la farina che resta perché ne verrà di nuova.
Il mio Natale è così, è un inno alla vita che è già sbocciata. Mani, terra e grano serve questo a Natale. Buon Natale.

APRILIA - Pignoramento nullo, attivi i conti postali

Maria Corsetti
Pignoramenti nulli, conti liberi, da questa mattina il Comune di Aprilia dispone di un milione e trecento euro in più. Si è concluso in tempi brevi l’ennesimo contenzioso Aser-Tributi Italia- Comune di Aprilia, iniziato lo scorso 3 novembre con il pignoramento da parte della società mista e del socio privato dei conti correnti postali dell’amministrazione. Non ha avuto dubbi il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Latina, Rosaria Giordano, che lunedì ha sciolto ogni riserva. Decisiva la dichiarazione del terzo pignorato, Poste Italiane, che ha precisato di non svolgere servizio di tesoreria per il Comune di Aprilia. D’altra parte la legge è piuttosto chiara: «non sono ammesse procedure di esecuzione forzata – recita l’articolo 159 del testo unico degli enti locali – e di espropriazione dei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa». Quanto alla circostanza – dedotta da Aser e da Tributi Italia – che il Comune di Aprilia depositerebbe e farebbe depositare le proprie entrate su conti differenti da quello intrattenuto presso il tesoriere proprio per impedirne il pignoramento – il giudice Giordano ha rilevato che la questione va sollevata in altre sedi per gli eventuali accertamenti. Si andrà, invece, in aula il 17 giugno del 2010 per la richiesta di risarcimento danni avanzata dal Comune di Aprilia che si è vista bloccare i conti per un mese e mezzo. La decisione del giudice è stata comunicata immediatamente alle Poste italiane che già da questa mattina dovrebbero mettere di nuovo a disposizione del Comune le somme pignorate: si tratterebbe – come specificato ieri dall’assessore alle finanze Tonino Chiusolo – di un milione e trecentomila euro. «Ci tengo a sottolineare – ha sottolineato l’assessore al contenzioso Luigi Buonadonna – che abbiamo ottenuto un ottimo risultato avvalendoci di risorse interne: a redigere gli atti di opposizione e a seguire la causa è stato l’avvocato Massimo Sesseri dell’ufficio legale del Comune».  

martedì 22 dicembre 2009

APRILIA - Latte Primavera: pochi riassunti e indotto ko

Teresa Faticoni
Un nodo difficile da districare quello del latte Primavera. Ieri per la terza volta l’assessore Silvio D’Arco ha convocato le parti in Provincia, ma non si trova una via d’uscita. Perché l’azienda, quella Clap proprietaria del marchio che in provincia è secondo in termini di vendite solo alla Granarolo, chiude e basta. E non vuole trattare per quanto attiene gli undici dipendenti. Ieri il clima si è surriscaldato in via Costa. «Nonostante l’impegno preso dalla Provincia l’azienda non ha accettato di portare avanti nessun tipo di trattativa se non individuale e al ribasso con i lavoratori», ha dichiarato a margine dell’incontro un indignato Giovanni Gioia, segretario generale della Flai Cgil di Latina. La Clap, infatti, si è presentata al tavolo con delle comunicazioni e non con delle proposte. Su quel sito, diventato dal luglio scorso - secondo visura camerale - di proprietà della Coperlat, arriverà un’altra azienda. La Mave: il cui titolare sarà il figlio dell’attuale amministratore delegato della Clap. Questa nuova realtà assumerà 4 degli attuali produttivi con contratto commerciale e non industriale (quindi peggiore dell’attuale) e uno (sindacalizzato) lo lascia a casa punto e basta. Per quanto concerne gli amministrativi il discorso cambia, ma non molto. Due sono lo stesso amministratore delegato e il figlio. Il primo va in pensione il secondo fa il salto di qualità. Uno sarà riassunto dalla Coperlat in provincia di Latina. Altri tre saranno spediti a lavorare ad Ancona, pena il licenziamento. E il latte? Non sarà più prodotto qui, ma nelle marche e poi commercializzato in provincia con il marchio Primavera. Se ne deduce, quindi, che l’indotto – costituito dalle cooperative pontine che conferiscono alla Clap – va in malora. «Utilizzeremo – conclude Gioia – tutti gli strumenti a nostra disposizione per tutelare i lavoratori e l’indotto».  

regionali 2010


Gaeta - Raimondi, fine anno col botto




Franco Schiano
Nella  sua ormai tradizionale conferenza stampa di fine anno (siamo alla terza edizione), Raimondi si presenta con un volto disteso e con un vago sorriso di compiacimento stampato sul volto per tutte le due ore della sua durata. Nessuna delle domande dei giornalisti – forse troppo buone per il clima natalizio - è riuscita a fargli cambiare umore, neanche per un momento. Per uno che per due anni e mezzo è stato costretto a coniugare con troppa frequenza il tempo futuro del verbo fare, deve essere stata una grande soddisfazione poter coniugare diverse volte lo stesso verbo al passato.
L’elenco delle cose fatte è pronto, dettagliato: non solo marciapiedi, ma anche illuminazione pubblica, stabilizzazione dei precari, demanio ( a cui per ora sono tornati la ‘Casina Reale’ e la ‘Caserma S.Angelo Basso’ in uso al Parco), l’inizio dei lavori per il Polo Nautico, e (con molta enfasi) il ripristino della ferrovia Formia-Gaeta i cui lavori proseguono con l’appalto in queste ore della stazioncina di Bevano e l’acquisto di convogli ferroviari. Un acquisto un po’ anticipato per un lavoro la cui data di completamento è stato spostata in avanti di un anno. Infatti adesso si parla del 2011 mentre in principio si indicava nel 2010 l’anno della ferrovia. Ma si sa come vanno certe cose nel bel paese. Anche le tasse sui terreni, stabilimenti balneari, chioschi e le delibere di approvazione dei bilanci, vengono messe nelle poste attive. E ancora: la delocalizzazione dei mitili e della itticoltura  - che Raimondi rivendica a suo esclusivo merito -  consentirà ( torna l’uso del tempo futuro) a brevissimo tempo il completamento del porto commerciale. A proposito di tempo futuro, anzi qui siamo nel campo dei desideri, Raimondi dedica un passaggio a quello che chiama il progetto Canzatora: “Se la società proponente avrà la forza di acquistare le aree siamo ben disposti a consentire la realizzazione della ‘Cittadella del calcio’ e di un grande centro commerciale tipo Itaca”. Per i Piani Particolareggiati di Zona (cooperative), il Pua, il Piano di Commercio, Water Front ed altre cosucce, Raimondi è costretto ancora ad usare – con varie sfaccettature e accenti – o il futuro semplice  o quello anteriore. Ma tant’è. La bacchetta magica non c’è l’ha neanche lui. 

Nell’incontro che si svolge nell’ufficio del  Sindaco, invece dell’aula consiliare, e a cui partecipano anche il vice Di Ciaccio, l’assessore Vecchiariello e per una parte anche l’assessore Avitabile, c’è spazio anche per la  politica.”Non sono candidato alle Regionali. – dice Raimondi in apertura – Anche se l’assessore Fichera mi ha invitato a fare il capolista della lista del Presidente. Ho detto no anche all’IDV. Sono Sindaco e voglio continuare a farlo” Come a dire che non vuole correre il rischio di dover“abbandonare” la città in caso di elezione in Regione. Sull’AVIR: “L’opposizione doveva avere le idee più chiare per dialogare. Sull’AVIR non avevano una posizione comune. Se l’avessero avuta ci saremmo confrontati meglio. C’è stata – aggiunge - troppa enfasi sulla Vetreria, sottovalutando l’impostazione generale di questa amministrazione: l’onestà assoluta. Comunque – precisa - l’approvazione dei criteri è stata la delibera più importante del 2009.” Non poteva mancare la domanda finale sul desiderio per l’anno che viene. “Nel 2010 auspicherei più serenità politica, più dialogo, più rispetto tra le parti. Mi piacerebbe avere dei chiari interlocutori sia nel PD che nel PDL. Giocare allo sfascio non giova a nessuno. Bisogna lavorare e costruire per la città futura a prescindere da chi amministra ora – che comunque è di passaggio.” Ha scritto nella sua letterina a Gesù Bambino, Raimondi.

lunedì 21 dicembre 2009

antePRIMA 22 dicembre


Storia, leghisti e amore




Lidano Grassucci

Zaia è il candidato del centrodestra in Veneto, Cota in Piemonte. Zaia sostiene, da ministro dell’agricoltura, che ciascuno deve mangiare quel che produce, è un chilometrista zero. Vorrebbe guidare la provincia che in Italia esporta di più, la regione che ha come capoluogo Venezia che il commercio, non dico che lo ha inventato, ma insegnato al mondo. Zaia vorrebbe fare di Venezia una sosta di Belluno un po’ più grande, che se qualcuno sognasse di fare di Roma una Sezze oversize, di Parigi una Brest obesa, o di Londra una Cardiff che ha esagerato con il plumcake.
Cota vorrebbe guidare il Piemonte dicendo, cito il professor Bellini, che i Savoia sono stati banditi comuni, come se un figlio dicesse del padre che ha il sangue ignobile mentre, lo porta nelle vene.
Zaia pensa che dopo Rovigo c’è il deserto del Sahara e si viaggia in cammello, Cota che la salsedine di Genova brucia il cervello, tutto con il sostegno dei “nazionalisti italiani” che stavano in An. Come se gli italiani cacciati dalla Libia aprissero un club per Gheddafi, o i Baschi sostenessero la monarchia di Madrid. E tutto va bene. Il partito che doveva essere liberale di massa, il Pdl, candida nel Lazio un sindacalista, la Polverini, ma è tutto normale. Come se il partito di Malagodi avesse proposto alla guida del governo Luciano Lama capo della Cgil.
Non capisco e mi adeguo. A Latina, l’amico Bellini mi scuserà, in tanti piangono per il trasferimento del Prefetto Frattasi. Perché era un nostro parente che parte per la Germania? E’ un nostro amico che parte per l’Argentina? Credo che il Prefetto vada rispettato anche in questo, è un servitore dello Stato e presta i suoi servizi dove lo Stato lo chiama. Non è un fidanzato che è tradito nell’amore. Bellini se ne duole, io lo saluto, il Prefetto, e gli auguro una brillante carriera, ma non sono triste per questo.
Siamo un paese che fa tanta, ma tanta, confusione. Vorrei che tornassimo tutti normali: il Prefetto fa il Prefetto, Zaia torna a pascolare sui suoi altipiani, Cota segue un serio corso di Storia patria e magari fa visita al monte Cengio dove i granatieri piuttosto che cadere in mano austriaca su buttarono nella rupe, si chiama ancora salto del granatiere, o studia la storia dei piccoli fanti sardi della Sassari che morirono negli altipiani del carso gridando “Avanti Sardegna” ma per far l’Italia. Mi scuserete ma non mi piacciono quelli che mischiano le carte del gioco. Trovo inquietante che un partito che si chiamava Forza Italia sostenga Zaia e Cota.
Quando Disraeli venne tacciato nel parlamento di Sua Maestà Britannica di esser uno sporco e incivile ebreo, lui rispose: “caro collega quando i miei avi pregavano nel Tempio di Gerusalemme i suoi pascolavano negli altipiani della Scozia”. Ma Zaia e Cota sapranno dove sta la Scozia?

LATINA - Gial, il 2010 sarà più dolce

Teresa Faticoni
Investimenti per oltre sei milioni e mezzo di euro alla Gial. La bufera è passata e pare che a Borgo San Michele sia stata utile per pensare al futuro di quello stabilimento. Ieri in Confindustria si è tenuto un incontro nel quale, alla presenza di Cgil, Cisl e Uil categorie agroalimentari, della Provincia di Latina, i vertici della Gial hanno presentato il sospirato piano industriale. Investimenti, si diceva. 5 milioni di euro andranno nell’ammodernamento degli impianti e delle strutture. Un milione e mezzo di euro andrà nella ricerca di nuove produzioni. E proprio qui sta il gancio con il futuro.
L’imprenditore Aniello Ingino ha deciso di cercare nuove soluzioni per l’utilizzo della frutta candita, il business decisamente più debole rispetto a quello dei marron glaceès,  per esempio nella gelateria o nella yogurteria. Magari una sperimentazione per la frutta a basso contenuto calorico, come va tanto di moda adesso. A parte i dettagli, è l’idea che piace. Perchè nonostante l’avviso (troppo affretttato, possiamo dirlo adesso, oppure era solo una provocazione signor Ingino?) di due mesi fa quando si disse che lo stabilimento chiudeva, il domani sembra più dolce. Grazie anche alla tenacia dei lavoratori, alla caparbietà delle parti sociali e anche all’intermediazione dell’assessore alle attività produttive della Provincia di Latina Silvio D’Arco. Grazie, soprattutto, a Ingino che ha deciso di continuare a credere in questo territorio. Fermo restando che per tutto il 2010 una trentina di lavoratori accederanno alla cassa integrazione per consentire all’imprenditore di superare le difficoltà dei momenti in cui non ci sono le campagne di produzione. «Siamo soddisfatti – dichiarano Gioia, Bellezza e Passaretti di  Flai, Fai e Uila – che l’azienda abbia mantenuto l’impegno sancito nei precedenti accordi relativo alla presentazione di un piano industriale; un piano che stavamo richiedendo da almeno due anni e che era diventato fondamentale dopo le vicende degli ultimi mesi». «Un piano – continuano le organizzazioni sindacali – biennale che ci consente di ragionare con una prospettiva più a lungo raggio e che  deve rappresentare la base su cui ragionare per garantire la permanenza di un’azienda storica e importante del territorio pontino come la Gial. È altrettanto chiaro però che le proposte presentateci devono essere costantemente monitorate e vagliate per fare in modo che i percorsi preannunciati abbiano poi la possibilità di una fattiva realizzazione». «Proprio per questo motivo – concludono i segretari – prima della ripresa  produttiva di gennaio ci sarà un incontro in sede aziendale con la rsu di stabilimento per pianificare i piani produttivi immediati e quindi l’organizzazione del lavoro con relativa gestione della cassa integrazione in essere e, subito dopo le festività, abbiamo già calendarizzato un incontro presso la Confindustria di Latina per analizzare meglio le linee del piano industriale; tale incontro propedeutico ad un tavolo istituzionale interassessorile regionale che vedrà la presenza anche della Provincia di Latina per vagliare tecnicamente la fattibilità di tale piano».

domenica 20 dicembre 2009

GOLFO .- Policlinico si, policlinico no: oggi il summit

di Raffaele Vallefuoco
Lunedì 21 Dicembre 2009

Policlinico del Golfo si, Policlinico del Golfo no. E’ questo il nuovo dilemma che assale la politica formiana, con riflessi provinciali e soprattutto regionali. Accantonata, per il momento, la Pedemontana, «un miraggio» secondo il Pd cittadino, «sulla buona via» secondo l’amministrazione, appare sullo sfondo del dibattito politico il tanto agognato Policlinico. Ma a che punto sia effettivamente l’iter  lo diranno oggi i consiglieri regionali del Partito Democratico Claudio Moscardelli e Domenico Di Resta, affiancati dall’ex assessore alla sanità Augusto Battaglia. A moderare l’incontro, il cui titolo è Progetto definitivo dell’Ospedale del Golfo, il segretario provinciale del Pd Loreto Bevilacqua. Connoterà il confronto il sottotitolo dell’evento: la sanità pubblica è un bene primario: difendiamola! Sede del convegno, alle 16.30, il Dono Svizzero di Formia, laddove, proprio nel 2008, fu presentato l’iter che avrebbe seguito la nuova struttura all’avanguardia, da realizzare secondo le linee direttrici tracciate dall’architetto di fama internazionale Renzo Piano. Oggi sarà l’occasione per conoscere a che punto è la realizzazione. Ma stiamo attenti a non farne un’altra ‘‘pedemontana’’. Da destra e da sinistra si lavori per la sua nascita, poi ognuno si prenda i meriti che vuole. L’importante è che i cittadini del Golfo abbiano il loro Policlinico.

Brutte giornate, anzi pessime


Fabrizio Bellini

Il Prefetto sta per andare via e mi dispiace da morire. Questa sera lo incontrerò al teatro per gli auguri di Natale, (è stato gentile, ha invitato anche me) e mi auguro che a salutarlo e a ringraziarlo ci sia tanta gente. Spero solo che gli ipocriti se ne restino a casa. Un po’ di dignità non guasterebbe. Secondo la stampa andrà a ricoprire un incarico di maggiore responsabilità. Ne sono sicuro. Ma non vorrei che qualche furbone avesse recuperato l’antico adagio “promoveatur ut amoveatur”. Sarebbe insopportabile. Voglio credere, invece, che sia lo Stato ad aver voluto veramente i suoi uomini migliori nei posti più delicati. Là dove è necessaria alta professionalità e un’assoluta integrità. Dottor Frattasi, Eccellenza, ci mancherà più di quanto lei stesso potrà credere.  Fa un freddo cane, piove, l’umidità mi si infila nelle ossa e il clima pessimo amplifica la sensazione di malessere che proviene da tutto ciò che mi circonda. Soprattutto dai giornali. Leggo che l’onorevole Roberto Cota, capogruppo della Lega alla Camera, ci invita a ripensare il Risorgimento perché, a suo dire “…la storia va rivista e raccontata: tutta. E’ tempo di andare a rileggersi Rosmini, secondo cui questo sistema può stare insieme solo se si dà spazio al territorio, al federalismo.” E bravo Cota, paciarotto campione di tutti i rioni di Novara e dintorni, compreso Torrion Quartara dove, all’epoca che richiama, 23 marzo 1849, qualche antenato suo ci ha rimesso la pelle insieme a un bel mucchio di meridionali che erano saliti fino a là per “farsi” gli austriaci. Che bravi ‘sti leghisti: quando c’è da dare chiamano tutti, poi, quando è ora di prendere, ognuno a casa sua. Eh, rispondono, lo dice la storia, e se non lo dice, riscriviamola! Oggi, sarà per il fatto del Prefetto, sarà per la pioggia, sarà che mi girano, non mi sento tollerante e questa al Cota dagli occhi azzurri e la faccia da “sacra ampolla del Po”, non gliela passo. Dunque, tutto quello che il leghista sa sul Risorgimento è derivato, lo dice lui stesso, da Lorenzo Del Boca, pure lui di Novara, che, come molti sanno, fa il giornalista e non lo storico. Però ha scritto “Maledetti Savoia “ e “Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento italiano”. La sua tesi storiografica è già contenuta nei titoli e non mi sembra serena. Ora, lasciando in pace Antonio Rosmini che era prete e filosofo e come tale può essere tirato da tutte le parti, direi che come fonti, non mi pare che il buon Roberto ne citi un gran che. Eppure anche i bambini sanno che la storia non esiste altro che come assoluto e che in realtà noi conosciamo solo la storiografia. Cioè tesi che nascono dai documenti che ricercano gli storici e che valgono fino a che non se ne scoprono altri di indirizzo diverso. Si chiama dibattito, non dogma. I giornalisti ci ricamano sopra e ci campano la famiglia. Si convinca Cota, non esiste “la verità” della storia, non se la inventi, levi mano e basi la sua corsa alla guida della Regione Piemonte su altre suggestioni. Comunque, auguri onorevole. Di più, ma molti di più, al Piemonte. Dio lo protegga. Leggo anche di un valzer di poltrone che avvicina in maniera sempre più preoccupante la politica al gioco del Risiko. Due o tre persone fanno le puntate e i poveri elettori tirano i dadi. Si vince e si perde, venghino siori, venghino. In Veneto Luca Zaia contro Giancarlo Galan. Stesso partito, diversa puntata. Al Ministero dell’agricoltura, Paolo Scarpa Bonazza contro chi perde. Una buona notizia per gli agricoltori e una pessima per i veneti. In Sicilia si sono fregati addirittura il tabellone e non si capisce più niente. Neanche chi gioca e men che mai in che squadra gioca  A Roma Renata Polverini raccoglie la scommessa di tutti. Da Casini a Fini passando per la smorfia di Berlusconi. Bel match: la Polverini contro il nulla. E se rispuntasse Veltroni? Magara, dicono nella capitale. Della Polverini so solo che nasce nella Cisnal, cioè nel Limbo e che, dopo Angela Merkel, possiede i tailleur più brutti del mondo. Perde nella scelta ma vince nel portamento: li indossa peggio della tedesca. E non è facile. Nel post Marrazzo in Regione Lazio si sono chiuse le porte ai trans. Speriamo che qualcuno le apra agli stilisti. Dopo Brenda un tantino di buon gusto non ci starebbe male. Auguri, auguri, auguri a tutti. E perché no, anche ai pessimi. Oddio, che freddo! Domani ci sarà il sole e la vendetta è del Signore. Io, speriamo che me la cavo.