martedì 30 marzo 2010

L'ARCINORMALE - Polverini è di Latina




Lidano Grassucci

La Polverini vince, complimenti alla Polverini. A Latina è innegabile la vittoria di Galetto, una volta ci si toglieva il cappello davanti al vincitore che ti sorpendeva.
Una bagarre quella elettorale di ieri noiosa, un po’ triste. Ma ho provato tenerezza quando sono arrivati i risultati dei primi cento voti delle sezione dove votava la mamma di Giovanni Di Giorgi.
Su 100 voti espressi sessanta erano per il figlio, 4 per Fazzone e due per Galetto. E’ vero che le mamme sono una potenza, una grande potenza.
Il resto è stato calcolo. Debbo rendere merito al grande lavoro di Claudio Moscardelli: si è contato e ora conta 18.000 preferenze non sono un gioco da ragazzi a sinistra. A Latina nasce una versione moderato-riformista del Pd che chiude i conti, forse definitivamente, con l’eredità del Pci. Domenico Di Resta, comunque, ha giocato la partita con 12.000 voti personali.
E il confronto Zaccheo-Fazzone? Il primo ha dato un colpo di reni formidabile, ha dimostrato che è un animale politico a tutto tondo capace di tuffi carpiati che non ti aspetti, è uscito anche dall’accerchiamento di Latina giocando da protagonista a Terracina a Cisterna. Il secondo ha parato il colpo a livello locale, con qualche defezione su Latina che dovrà verificare, ma può incassare il ruolo determinante della provincia di Latina sulla vittoria della Polverini. I romani sono stati salvati dai burini di Latina, e questo è un dato. Un dato importante per i ruoli futuri.
Zaccheo con Galetto segna il punto, Fazzone incassa anche il risultato di Di Giorgi, Romolo Del Balzo viene cancellato e con lui l’utopia nostalgico-bleffista di Nuova Alleanza. Un partito con due anime il Pdl, e presto bisognerà trovare un sistema di convivenza.
Le elezioni non hanno lasciato sul campo morti, ma hanno evidenziato competitori forti.


SEZZE - Regionali, sonni incasinati per Campoli

Sergio Corsetti
Ora che fare? L’interrogativo dovrà essere ben in mente ai dirigenti del Pd e del centrosinistra dopo la batosta elettorale subita. Gli elettori diminuiscono del 12 % rispetto al 2005 passando da 13.676 a 11.521. La Polverini batte la Bonino 5.641 (51,82%) a 5.214 (47,90 %). Unica consolazione per il Pd la conferma del primato con 3.649 voti (35,40 %) a danno del Pdl 3.082 voti pari al 29,90%. In questo contesto va inserito l’ottimo risultato dell’Udc che arriva al 10 % con 1.095 voti. L’Italia dei Valori raggiunge appena il 5,49 % con 566 voti, ben al di sotto dei dati regionali e nazionali. Il risultato evidenzia come il sorpasso della Polverini a danno della Bonino nasce dall’appoggio di consiglieri organici al centrosinistra, in primis Polidoro e Bernabei, che hanno fatto votare centro destra. Appare chiara la necessità di un chiarimento in maggioranza. Per il Pd si apre un dilemma: tenere l’Udc in maggioranza anche come possibile ponte con l’amministrazione regionale a guida Polverini o rompere da subito senza tentennamenti? L’Udc, però, che nel frattempo ha aumentato il suo potere contrattuale, starà al gioco o sarà il partito di Polidoro a dettare le regole? Per i centristi si apre la possibilità di stare in giunta ora è godere dei vantaggi del governo per approdare nel centrodestra nel 2012 quando si voterà per il Comune. Altra questione riguarda il gioco delle preferenze tra Di Resta e Moscardelli con il primo accreditato di molti più voti rispetto al rappresentante dell’area ex margherita. Qualcosa non è andato per il verso giusto? Insomma il Pd si trova a pagare il conto della mancanza di decisione e di strategia evidenziata in questi ultimi mesi, così come la lontananza dai cittadini e dai loro problemi. Ora il pericolo del partito è quello di arroccarsi ancor di più in “ragionamenti” lontani dalla sana politica (per dirla come la si pensa, il rischio è perdersi in masturbazioni cerebrali). Semplicemente è ora di fare chiarezza sulla composizione della coalizione e sulle priorità amministrative. Di questo, ovviamente, risponde in prima persona il sindaco Andrea Campoli. Dall’altro versante politico il centrodestra non può continuare ad essere l’eterno incompiuto. I dirigenti, se ci sono, devono esser consapevoli del bacino di voti da cui parte la coalizione, chiarire una volta per tutte le beghe interne perché la partita amministrative del 2012 è una partita aperta. Occorre iniziare a lavorare seriamente, senza spaccature e con rinnovato spirito di squadra. Solo così si costruisce un’alternativa seria e spendibile.

Bristol, comincia la conta dei danni


Teresa Faticoni
Davanti ai cancelli della fabbrica più grande della provincia di Latina ci sono i lavoratori. Siamo alla Bristol Myers Squibb. Sono silenziosi, e gli uomini della Digos sono lì a presenziare per l’ennesima volta alla disfatta delle politiche industriali di un territorio violato. La multinazionale americana del farmaco ha ceduto lo stabilimento di Sermoneta Scalo alla Corden Pharma Spa, società affiliata dell’International Chemical Investors Group. Ieri i dipendenti hanno scioperato per un’ora per turno («una protesta sostenibile - ha dichiarato Roberto Cecere, segretario generale della Femca Cisl - che non incide sullo stipendio dei lavoratori, ma dà un segnale chiaro») per dire che così non si fa. Dare l’annuncio della vendita, che comunque era nell’aria da un paio di anni, proprio alla vigilia di Pasqua e nel giorno delle elezioni regionali con la speranza che passasse sotto traccia nasconde evidentemente qualcosa. Che si può anche andar a ricercare negli ultimi 24 mesi vissuti in via del Murillo con il minimo di produzioni da quando lo stabilimento si è insediato in provincia. Era il 1970, erano gli anni in cui si andava creando il tessuto industriale che ha fatto di questa provincia il secondo polo chimico farmaceutico in Italia dopo quello di Milano. Uno stabilimento con potenzialità uniche al mondo, con un capitale umano fatto di gente dei Lepini e di Latina. Gente nostra, che ora si ritrova con un futuro incerto dopo un passato glorioso. Perché hanno sfruttato questa provincia come fosse una prostituta. Nessuno la ama. Tutti la sfruttano fin quando conviene. Poi basta. Si va via senza mai lasciare nemmeno i soldi sul tavolo all’uscita. Ieri con i dipendenti c’erano Dario D’Arcangelis e Walter Cassoni, della Filctem Cgil, Roberto Cecere della Femca Cisl, Luigi Cavallo, della Uilcem Uil, Armando Valiani della Ugl Chimici e anche il segretario nazionale della categoria Luigi Ulgiati. Sul caso è intervenuta anche il sindaco di Sermoneta Giuseppina Giovanoli che ha chiesto «un incontro urgente con i ministri Claudio Scajola e Maurizio Sacconi, e con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta. Il carattere di urgenza è motivato anche dalla necessità di tutela dell’ordine pubblico e per gestire le conseguenze che tale cessione avrà sull’intero comparto industriale della Provincia di Latina».

domenica 28 marzo 2010

L'ARCINORMALE - Due idiozie e il non voto.


 Lidano Grassucci

Stanno rimanendo a casa in tanti. Perché? La domanda se la dovranno fare i nostri politici, ma credo la nostra comunità tutta passata la buriana dei numeri elettorali. La politica non  appassiona se è solo carrierismo personale, se è una scelta di campo tra escort e trans, se è il luogo della gamba tesa dei giudici, se è il luogo della indecisione infinita del governo. Bettino Craxi alcuni anni fa faceva politica aveva ancora un senso di modernizzare questo paese con il concetto per noi rivoluzionario di “democrazia governate”. Che significava il dovere di chi governa di scegliere, degli elettori di controllare  e della società di modernizzarsi. Berlusconi governa dal '94 e la riforma della magistratura non l’abbiamo vista, dal '94 assistiamo a squallidi processi televisivi . Il vuoto dell’indecisione della politica è stato sostituito da tribuni vestiti da giornalisti e da magistrati che si stanno allenando a diventare politici. Berlusconi aveva promesso di liberare il paese dalle consorterie che lo tenevano legate a categorie dell’ '800 (sindacati burocratici, organi professionali, funzionari dello stato, inutili e assassini della libera impresa. Continuiamo  con gli stessi personaggi esattamente allo stesso posto abbiamo l’unica sinistra al mondo che non ha coscienza di sé e che dichiara, sempre unica al mondo, di non essere socialista, ma qualcos’altro senza dire cosa sia il qualcos’altro. Una sinistra che è un mix di giustizialismo, post comunismo, e cattolicesimo bacchettone. Poi andiamo a cercare le ragioni per cui non si vota, ma cosa avrebbero dovuto votare gli italiani tra i casi personali del governo e la voglia di vendetta dei tribuni televisivi? Malagodi, Nenni, Togliatti, De Gasperi non sceglievano in base a quanto si discuteva nel salotto di Vespa o ai decibel degli urli di Santoro, ma in ragione dei bisogni della loro urgenza. Certi erano bisogni tra loro differenti , ma tutti reali, oggi il governo ci spiega che la crisi non c’è, che le famiglie non hanno di che chiudere il mese, l’opposizione ci dice che il problema non è il lavoro non è la salute, ma è Berlusconi. Due idiozie in un sistema politico solo. Ecco italiani si sono stancati di scegliere tra idiozie e vorrebbero scegliere tra progetti alternativi di città future. Forse queste semplici domande piegano le ragioni del non voto. Mi dovete dire se in un paese serie poteva aspirare di diventare governatore uno come Zaia o se c’è un paese normale in cui uno come Bassolino poteva ancora volgere il ruolo pubblico e non andare in pensione. Cito due casi fuori dalla nostra regione per non influenzare la scelta di chi oggi andrà a votare ma mutatis mutandi fate voi. 

LE SCAMPAGNATE – La politica pontina (e non solo) vista da ‘no lavannaro -CONSIGLIO REGIONALE, VARIABILE IL NUMERO DEI SEGGI


Roberto Campagna
Il Consiglio regionale del Lazio è come l’elastico delle mutande che si allarga o si restringe a seconda di quanto uno mangia. Perché? Ma perché, come ha scritto Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore del 6 marzo 2010, i suoi seggi potrebbero lievitare. Nonostante il numero sia fissato in base alla popolazione: 70 membri, di cui 56 eletti proporzionalmente nelle circoscrizioni provinciali e i restanti 14 eletti, insieme al presidente, con il maggioritario attraverso le liste regionali. E nel caso portato ad esempio da D’Alimonte, arriverebbero a 98 unità se la Polverini venisse eletta con il 47% e le liste che la sostengono prendessero il 30%. Da sottolineare che questo potrebbe accadere sempre e  non perché la lista del Pdl è stata esclusa nella circoscrizione provinciale di Roma. Certo, è più facile che capiti adesso con tale estromissione. Ma poteva avvenire anche in passato, come potrebbe succedere in futuro. E con percentuali diverse, che, secondo la loro entità, determinerebbero lievitazioni del Consiglio regionale altrettanto diverse. Due esempi, dello stesso tenore di quello dell’esperto del Sole 24 Ore. Il primo. Lasciando  la vittoria con il 47% alla Poverini, ma modificando la percentuale delle liste che la sostengono (35 anziché 30%), l’ex segretaria dell’Ugl conquisterebbe 54 seggi: i 14 della sua lista (che scattano ogniqualvolta il presidente viene eletto con una percentuale inferiore al 50%), i 20 delle liste sostenitrici e i 20 della quota aggiuntiva che la legge 108 del 1968 assegna per permettere al vincitore di raggiungere il 60% del totale dei seggi del consiglio. Alle opposizioni, invece, andrebbero 36 seggi. Totale seggi del consiglio regionale: 90. Questo il secondo esempio: cambiando anche la percentuale della vittoria della Polverini, 39 anziché 47%, il totale dei seggi del Consiglio diminuirebbe: da 90 a 82. Ma resterebbe sempre maggiore dei 70 fissati dalla legge regionale 2 del 2005. In questo caso, la maggioranza sarebbe formata da 46 consiglieri (i 14 del listino, i 20 conquistati dalle liste nel proporzionale e i 12 della quota aggiuntiva che la stessa legge 108 assegna per permettere al vincitore di raggiungere il 55% del totale dei seggi in Consiglio). Insomma, la legge attribuisce al presidente eletto il 60% dei seggi quando ottiene una percentuale pari o superiore al 40% e il 55% se conquista una percentuale inferiore al 40%. Anche nel secondo caso, alle minoranze verrebbero assegnati 36 seggi. Ecco, proprio per non danneggiarle, per non togliere loro i seggi conquistati sul campo, che il legislatore ha disposto che i 70 seggi fissati per il Consiglio regionale (anche per altre regioni è così) possono aumentare “in misura pari all’ulteriore quota di seggi assegnati”. In definitiva, per garantire la governabilità, che non sempre sarebbe assicurata perché convivono malamente i due sistemi elettorali (il maggioritario, appunto, per la lista regionale e il proporzionale per le liste circoscrizionali provinciali) ha messo l’elastico al Consiglio regionale.                  

sabato 27 marzo 2010

Voto e lapis



Lidano Grassucci
Entro nella cabina elettorale, è primavera. Si vota sempre di primavera, forse che è tempo nuovo quello del voto? Ci ho fatto caso solo ora che sono dentro questo posto separato dal mondo come una ritirata di campagna. Sto qui con il lapis in mano. Già il lapis è come quello che avevo alla scuola elementare, nel tempo in cui la mia gente usciva dalla fame e di quella fame rimaneva la “semplicità del lapis”. Apro il foglio che mi hanno dato ci sono simboli colorati che non mi dicono, che non dicono, niente. Partiti di cui non conosco passato, non percepisco presente e, credo, non ritroverò sulla scheda la prossima volta. E pensare che ho iniziato a 18 anni nel ’79 o ’80 non ricordo bene con orgoglio. Entrai allora nella cabina tronfio, passando tra una selva di rappresentanti di partito che mi guardavano, andavo a votare il mio partito. Una cosa seria, tanto seria che papà, vecchio comunista come nonno, mi aveva tolto il saluto perché io votavo socialista. Non mi parlava per giorni prima e dopo: “Te so mannato puro alla scola, ma addo’ le tenete le ceruella?”. Era un tormento, io niente: votavo socialista. E ogni volta questa storia. Se non lo avessi fatto mi veniva mal di pancia, come se avessi mortificato me stesso. Ed è andato avanti tanto, mai dubbi. I candidati erano per me miti, quando parlava Riccardo Lombardi restavo estasiato, come se parlasse la storia della gente ultima di cui mi ero fatto parte. Papà era di quelli che “i forchettoni” mai, di quelli che pensavano che “se non sarà quest’anno, sarà il prossimo anno anche i preti lavoreranno”. Me la sono ritrovata nella canzone di Lucio Dalla sul futuro: “anche i preti potranno sposarsi, ma soltanto a una certa età”.
Pensavo di cambiare il mondo con il mio voto, di avere, pensavo, un domani meglio del presente. In camera mia c’era il poster con la faccia di Lombardi, c’era scritto: “E’ socialista quella società che dà a tutti le medesime opportunità”. Non diceva che saremo tutti identici, ma che tutti potevamo avere le stesse carte da giocare per vivere. Quante cose mi ricorda ‘sto lapis e questa cabina, la luce mi va sul foglio c’è una riga vuota dove mettere il nome. Cosa ci scrivo? Sto qui e vedo mio padre che con la millecento andava a votare, quando siamo venuti a Latina per lui era una testimonianza di diversità: andava al seggio di Santa Fecitola, i cispdani erano quasi tutti democristiani, i parenti di mamma (cispdani pure loro) erano pure un po’ fascisti per via che dalle nostre parti veniva Vincenzo Zaccheo. Papà andava con un orgoglio che manco i generali sovietici manifestavano alla parata del primo maggio, per votare comunista. Allo spoglio i voti comunisti erano pochi, quelli democristiani sempre troppi. Risultava dallo spoglio che neanche mamma lo aveva seguito, lei votava Dc. Ma era una storia che si ripeteva perché mentre nonno Lillo non aveva dubbi e segnava “i suricchio”, nonna aveva studiato dalle suore e votava la “croce”, santa e benedetta.
Mo? Che voto? Popolo della libertà? Perché c’è un popolo degli schiavi, dei sudditi, dei servi? Partito democratico? Che significa che gli altri non lo sono? Italia dei valori, perché c’è l’Italia dei disvalori? E quali valori?
Il lapis è l’unica cosa rimasta della mia prima volta, io votavo come Treves, come Turati, come Andrea Costa. Mo? Come Bondi? Voto il partito di Di Pietro? Voto come Capezzone? Voto come Bassolino? Voto come Travaglio? Mi sento triste e non so perché. Il lapis mi è compagno, ora barro. Ma dove. Quando finivo di votare andavo al bar con gli amici e la voce cresceva, ci si infiammava. Ora di che mi infiammo delle escort, dei trans, dei cappotti di cammello.
Sento in testa la voce di papà: “Te so mannato alla scola e non te su ‘mparato niente, non tenete le ceruella. Per vota’ci vo testa e testone”. Già, ma chi voto.
Mi ricordo di un mio amico che si candida, scrivo il nome, segno il partito suo e vado via, voglio andar via. Mi sento solo, solo quanto mi sentivo tanto insieme agli altri prima. Solo quanto mi sentivo figlio di una storia prima. Consegno la scheda, fuori uno mi chiede ridendo: “allora hai fatto il tuo dovere?”
Lo guardo e gli dico con rabbia che non merita: “no, mi vergogno un po’”. E non avrei coraggio di guardare negli occhi papà, nonno perché non sono un uomo, un uomo ha una idea: come recitava Cesare Chiominto “pe lo giusto se faceva accide”. Mi sono venduto la libertà, uomo misero sono.   

Una Pasqua di Passione

Raffaele Vallefuoco
E' tutto pronto per la Sacra rappresentazione della Vita, Passione e Morte di Gesù Cristo che andrà in scena domani sera a Gaeta nel Piazzale Largo Daga antistante il Tribunale di Gaeta. Un evento atteso e che unisce tutta la comunità diocesana in una rievocazione così viva da farci toccare con pelle nuda gli ultimi attimi di vita di Nostro Signore Gesù Cristo. Meglio di un film in 3D, la Passione di Cristo ci regala l'illusione di essere al fianco di Gesù, di percepirne il suo anelito e il suo dolore.  I messaggi d'amore e di speranza che da oltre 2000 anni animano le coscienze dei cristiani. Il professor Di Tucci e il cast degli attori (Gesù di Nazareth è interpretato da Massimo D'Accone, Maria da Cristina Pasciuto, da segnalare i membri del sinedrio: Ascanio Sasso, Vincenzo Vallefuoco, Pasquale Picano, Nicola Buccarelli, Filippo Grimaldi, Giovanni Fantasia e Salvatore Montanaro nella parte di Caifa) da anni riescono a donarci il miracolo dell'empatia, facendoci calare nel contesto della Giudea di duemila anni fa e rendendoci protagonisti del grande mistero della morte e resurrezione di Cristo. Ma ciò non potrebbe realizzarsi senza la macchina organizzativa animata dall'associazione Antares, dal sodalizio Sogni e Spade, l'associazione Admiraris, la Federazione Italiana Teatro Amatori, con i patrocini della XVII Comunità Montana, la Confcommercio di Latina, l'Ascom di Gaeta, la Regione Lazio, la Provincia di Latina e il Comune di Gaeta. Appuntamento, quindi, domani sera alle 20, presso il Piazzale antistante  in compagnia dell’Arcivescovo Mons. Fabio Bernardo D’Onorio che presenzierà alla Passione. 

giovedì 25 marzo 2010

Ci sono gli echi della terra la cui tragedia è domata solo al canto

Maria Corsetti

Che strano riascoltare quei canti attraverso le casse di un computer.
Filtrati dalla tecnologia acquistano una punta di retrogusto artificiale al quale ormai il nostro orecchio non sa più rinunciare.
Viste dal vivo, ascoltate dal vivo, le Donne di Giulianello sono l'ultima incarnazione dei canti dei contadini, dei canti della passione, dei canti ascoltati durante le processioni.
Scampoli di un mondo dove la sacralità si era impadronita dei riti pagani, senza riuscire però a cancellarne le radici profonde, l'impronta dura del lavoro, della terra, della natura madre matrigna. Un mondo dove la consolazione poteva avvenire attraverso un canto.

Chi l'ha sentito quel canto, durante le processioni, se lo ricorda subito. Per quelle voci alte e quelle figure consumate dal tempo, per la capacità di arrivare lontano nello spazio e nell'anima.
Non è perfetto quel canto, non lo è nella dizione, non lo è nel suono. Ma è armonioso. E' come la natura: imperfetta e potente, armoniosa. E l'incontro con la natura, quella vera, l'incontro privo di filtri di difesa, è difficile, spesso intollerabile.

L'uomo di oggi guarda al passato con la nostalgia verso qualcosa di mai esistito. Si raffigura la tradizione a sua immagine.
E' un antropomorfismo moderno la lettura che viene data della tradizione. Pulita, edulcorata, resa perfetta dall'esercizio metodico e programmato. Quando il mondo cambia è l'unica maniera per conservare l'immagine di quello che è stato.

Le Donne di Giulianello sono quello che è stato.
Non rappresentazione della tradizione, ma tradizione vissuta sulla propria pelle, portata dentro il loro vivere.
Ascoltarle per la prima volta restituisce il senso di estraneità che si prova verso un passato prossimo sepolto in fretta.  

Vescovi e urne

Lidano Grassucci


I vescovi parlano alla vigilia del voto, è una vecchia storia sulle pecore che senza pastori si perdono nel mondo. I vescovi hanno sempre parlato di cose di Dio e lì hanno l’esclusiva, ma sulle cose terrene no, non hanno esclusive qui è terreno umano, umanissimo, fatto di errori, di erranti, di sporco. Lo stesso sporco che passa dentro, non la Chiesa, ma le sue gerarchie, dentro i suoi uomini. Come raccontare di virtù quando c’è dentro il cancro del male verso i bambini?
Tacere a volte è Grazia, tacere a volte è opportuno. Gli italiani sono chiamati a scegliere chi ripara le buche sulle strade e chi tiene aperti gli ospedali, non si sceglie tra la vita e la morte. Leggo delle vicende della Basilicata con cadaveri che sacerdoti avrebbero “dimenticato” in soffitta. Credo che qualche interrogativo a Roma se lo dovrebbero porre e cominciare a lasciare l’Italia agli italiani. Roma è bella da quando “sovrano è il popolo”.
La Bonino viene da un mondo, quello del radicalismo, che è iperborghese, ridondante. La Polverini viene da un sindacato di testimonianza che ora, grazie alla Tv, si presenta come classe di governo. Scelgano i laziali, liberamente, perché non sono in gioco valori eterni ma solo, più modestamente, funzioni dell’amministrare. E anche i preti votino chi credono da cittadini della Repubblica, il resto è retorica.
Non sono ipocrita dico questo davanti alle considerazioni dei preti sulla vita come l’ho detto davanti al “male del capitalismo”, come l’ho detto di preti che si fanno anti usura o si sostituiscono a magistrati e carabinieri contro la mafia.
Mi direte: ma tu sei anticlericale. E’ vero, lo sono perché italiano e 150 anni fa loro, i preti, l’Italia non la digerirono e, credo, non l’abbiano mai digerita. Il cittadino Bagnasco può dire ciò che vuole, il capo della Cei Bagnasco no ha il limite del rispetto della Repubblica. E non finirò mai di ringraziare i bersaglieri per avermi liberato. Voto Polverini o Bonino perché lo decido io. 

VIPERA ED EMMA, PARI SIAMO.

Io, come Emma. Fino ad oggi la mia simpatia per la candidata del Pd era limitata al fatto che porta un nome bellissimo, che adoro e che metto in qualunque racconto scrivo. Un nome che se avessi avuto la fortuna di avere una figlia femmina l’avrei chiamata così: Emma. Inusuale, classico, breve, elegante. Un nome che, se fosse mai nata, nel tempo lei avrebbe saputo valorizzare, ne sono certa. Ma così non è andata. Solo maschi, a casa mia, ahimè. Oggi leggendo un giornale trovo che al contrario a lei è stato affibbiato il mio di nome. L’hanno chiamata Vipera! Non volevo crederci ma padre Livio Fanzaga, il sacerdote e direttore di Radio Maria ( chi non conosce l’emittente radiofonica cattolica più nota in Italia) la chiama “signorina vipera”. Il garbo e la classe non riescono proprio a farla da padroni, neanche in questa turbolenta campagna elettorale che si è svolta senza esclusione di colpi. Infatti dopo i colpi bassi al Partito della vipera in questione (fortunatamente non sono io) da parte del cardinale Bagnasco, ecco la mazzata finale, così, giusto per non fare capire per chi protende la Chiesa, in questa consultazione elettorale. Definisce così, la Emma nazionale, con un appellativo che tanto gentile non sembra essere. Da ricordare che nelle Sacre Scritture (ma anche nella credenza popolare) il serpente ( una vipera maschio) è la personificazione del male, del demonio, che la Madonna (il bene) schiaccia con il piede perché vuole prendergli il Bambino che porta sul grembo. Che metafora padre Fanzaga! Lui, che ha a cuore il tema del demonio e di come nella vita di ciascuno il demonio possa palesarsi, non trova altro modo. Deformazione professionale. Come dimenticare gli slogan della manifestazione di Roma del Partito della Libertà? ”Il bene vince contro il male”e “l’amore vince contro l’odio”? Finalmente adesso capisco, dopo questa precisazione, chi è il bene e chi il male. Più indicazione di voto di così non avrebbe potuto, lui che annunciò dai microfoni della sua radio che il terremoto in Abruzzo l’aveva voluto il Signore. Doppia entrata a gamba tesa: l’altro ieri, una ieri. Da cartellino rosso. Fortuna che mancano solo due giorni alla fine di questa che ricordo come la peggiore e più scorretta campagna elettorale. Speriamo che non si ribatta con le recentissime ennesime accuse di pedofilia contro 200 bambini sordi. Ed il caso Elisa Claps. Sarebbe troppo facile. Basterebbe fare qualcosa che non si fa ormai più: meditare. Se a qualcuno fosse rimasto qualche dubbio …
chevipera@libero.it

mercoledì 24 marzo 2010

Telecom riduce gli informatici

Teresa Faticoni
In Telecom parlano bene e lo  chiamano “efficientamento”. Tradotto, per chi parla la lingua dei lavoratori, significa tagli al personale. La maggiore azienda di comunicazioni di Italia continua nella sua politica di riduzione, che già nel passato di è rivelata fallimentare. ieri i dipendenti del settore informatico sono scorsi in sciopero per protestare contro la cessione del settore It Operation alla società Ssc s.r.l. Lo scorporo avverrà il primo aprile. Tale operazione vede coinvolte più di 2150 lavoratrici e lavoratori, di cui ben 800 circa nel Lazio e un numero a due cifre in provincia di Latina. Stanno svuotando, in questo territorio, l’intero comparto, che ha già perso Ericsson lo scorso anno. «Dopo le 5 mila mobilità del 2008, gli oltre 1400 lavoratori del “1254” messi in contratto di solidarietà nel 2009, con ulteriori 4 mila tagli annunciati nel 2009, siamo ora alle prese con riduzioni del personale mascherate da cessioni, senza una logica industriale e siamo in attesa del piano industriale per il 2010-2012», spiega Alessandro Genovesi, segretario nazionale di Slc Cgil che annuncia che quella di ieri è stata solo la prima tappa di un percorso di mobilitazione molto più articolato che coinvolgerà tutto il gruppo.

SEZZE - Estrusione Italia vuole licenziare

Teresa Faticoni
Tutto è avvenuto in 4 ore. La Estrusione Italia ha deciso di aprire la procedura di mobilità per 17 persone. Venerdì scorso l’azienda aveva incontrato i sindacati presso i locali di Confindustria Latina per discutere della cassa integrazione che l’azienda aveva deciso di aprire per un calo di commesse. Un calo improvviso, perché fino a due settimane fa la Estrusione Italia produceva profilati in alluminio lavorando a ciclo continuo. Aveva però dichiarato di voler fermare lo stabilimento per due settimane, ricorrendo ala cassa integrazione ordinaria per 12 operai e 5 impiegati. Utilizzando la rotazione per spalmare il disagio. Si stava trattando per questo venerdì in associazione industriali. E l’incontro si era riaggiornato a ieri mattina perché in quella occasione il management non aveva portato al tavolo delle trattative le risposte necessarie alle parti sociali per trovare un accordo. Poi la doccia fredda. Venerdì in serata è arrivato alle organizzazioni sindacali il fax con cui la Estrusione Italia apriva la mobilità per 17 dipendenti su 91 totali. «Non si inventa la mobilità in tre ore - dichiara Tiziano Maronna, segretario generale della Fiom Cgil di Latina -, questa azienda è ingovernabile». Per legge, infatti, non si può aprire una procedura di mobilità nel momento in cui si sta usfruendo di una cassa integrazione ordinaria. A questo la Estrusioni avrebbe risposto dicendo che in questi giorni avrebbe deciso, unilateralmente, di convertire i giorni di cassa in ferie. E i lavoratori non sono stati avvertiti. I sindacati ieri, nel lungo incontro in Confindustria - mentre in via Montesanto si erano radunti i lavoratori che hanno scioperato per otto ore con adesione del 100% alla protesta - hanno chiesto che si acceda prima alla cassa integrazione straordinaria: per mantenere i posti di lavoro e capire come l’azienda si voglia strutturare per il futuro. Perchè a Sezze si parla di ristrutturazione da tre anni. «In provincia di Latina - conclude Maronna - non abbiamo mai firmato mobilità per licenziare. Non lo faremo adesso». Intanto oggi si tiene l’assemblea dei lavoratori per capire quali azioni intraprendere mentre l’incontro in Confindustria è stato riaggiornato a giovedì.

Pietà, festa e sguardi ebeti


Lidano Grassucci

Mi dicono che sono andati da Sezze e da Cori a Santiago de Compostela, per la processione i primi per la tradizione dei canti della Passione delle Donne di Giulianello i secondi.
 Santiago sta dall’altra parte del mondo, sta dove finisce la terra dei cristiani e c’è il mare, più a sud i saraceni. Da qui si parte e si va, si va fino a Roma, fino a Gerusalemme. Qui si parte per chi è di qui, qui si arriva per chi viene dal cuore della cristianità. Sono andati quelli della mia terra a testimoniare di pietà, di come il popolo sente il divino. C’erano anche i sindaci che non dimenticano la storia sociale riformista dei lepini, lì a testimoniare un filo lungo con il tempo. Quella gente, la mia gente, e la povertà di questo tempo presente in cui la Fede è una medaglia pubblica che nasconde, coltiva, vizi privati. Quanta gente a Latina, ad Aprilia conosce i riti della Settimana santa sulle nostre montagne, nel sud pontino. Quanta gente pensa al Venerdì santo come il tempo di una vacanza? Quanta gente pensa alla fine della prossima settimana come la prima uscita al mare. Non è che sia peccato pensarla in questo modo, è che non ci sono più i giorni, non c’è distinzione tra un tempo e un altro. Vengo da un mondo che si preparava alla morte del Cristo, ne seguiva passo passo i racconti dei Vangeli, si faceva carico del dolore della fine di un uomo che era tutti gli uomini, poi risorgeva come la vita nuova rinasce da quella vecchia. Andavamo nei sepolcri, avevamo idea della morte, e non era cosa inumana, estranea agli uomini.
Ora invece? Le donne non cantano nelle notti di Passione, la processione è uno spettacolo tv con tanto di attori professionisti che vengono da Roma. Loro, gli attori, recitano bene ma senza pietà, senza convinzione. Senza tempo. Poi ci meravigliamo se i candidati alle elezioni ti guardano ebeti dai manifesti? Siamo diventati tutti ebeti, viventi del presente senza passato e senza futuro. Che dire, a Santiago l’incesacolo è enorme e vola sulla capoccia dei fedeli per attenuarne l’olezzo (prosaicamente) per testimoniare l’angelo di Dio che viene a salvare il mondo. Ma cosa vuoi che importi noi siamo impegnati a seguire lo show televisivo quotidiano con seri signori e signore che fanno patto solenne e non stanno dichiarando l’indipendenza degli Stati Uniti, non stanno enunciando i sacri principi di libertà della rivoluzione di Francia, neanche la fine dell’odiosa tirannide, ma si candidano a tappar le buche e far funzionare gli ospedali. Se conoscessero di Storia e di Fede forse si sentirebbero ridicoli.
Stiamo eleggendo dei capi di un grosso condominio che è la Regione, ma come fai a capire le differenze se per te giovedì santo è solo il giorno che anticipa la gita a Sharm El Sheik? Come fai a capirlo se il giovedì è solo il giorno degli gnocchi?
Guardate i candidati, siamo noi allo specchio, e il capo ci prometterà una festa, una bella festa.  Perché cantano le donne di Giulianello? Perché i ragazzi di Sezze si mascherano da soldati romani? Sarà una esterna di “Amici”, pure brutta.

lunedì 22 marzo 2010

Scetticismo tra i cittadini sulla realizzazione della Pedemontana

Raffaele Vallefuoco 
Da giorni un mega striscione, affisso alle lamiere del cantiere del multipiano delle poste, calamita l'attenzione di cittadini e automobilisti. Imbambolati davanti all'elaborazione grafica della "Pedemontanta come sarà" cercano di individuare abitazioni e terreni di proprietà. Obiettivo? Capire l'impatto che questo mega progetto avrà su quotidianità e beni di proprietà. Mi incuriosisce la loro attenzione, per questo mi avvicino ed esclamo in tono entusiasta: «Allora questa pedemontana si farà?». A rispondermi un'anziana donna che, prima di espormi tutte le sue perplessità sull'infrastruttura, mi domanda: «Ma tu quanti anni hai. «Ventidue» rispondo a questo strano rovesciamento dei ruoli. «E allora manco quando avrai 80 anni la vedrai!» esclama stizzita. Una risposta che mi spiazza, e alla quale replico: «Ma lei è di sinistra!» «Ma quale sinistra - incalza - a me fanno schifo sia quelli di destra che quelli di sinistra. Non è una questione politica, ma solo che sono anni che parlano di sta pedemontana e ancora non s'è vista». In effetti l'attuale querelle politica che vede contrapposte le principali forze politiche del territorio non tiene conto degli anni che il sogno viabilità si porta alle spalle. «Mio padre Domenico - spiega ogni volta il consigliere comunale Stefano Paone -  parlava già di Pedemontana, ricordando che nel 1922 il sindaco Giovannoni l'aveva inserito nel Piano regolatore della città». Ci avviciniamo  quindi ai cent’anni. Ciononostante dall'amministrazione gridano al successo. «Il progetto è in fase conclusiva- spiega l'assessore Erasmo Ciccolella che, incurante della polemiche del centrosinistra, si dice fiducioso sull'arrivo dei finanziamenti all’infrastruttura. - L'importante è l'approvazione dell'Anas» spiega. Di parere  opposto Sandro Bartolomeo, capogruppo consiliare del Partito Democratico, che parla di scorretta propaganda istituzionale. «Al di là della liceità di quella affissione, è evidente che assistiamo all'ennesima bufala, sia perché servirebbero 700 milioni di euro per la realizzazione della pedemontana che per il rischio di compromissione della salubrità delle sorgenti che insistono sulla area». Insomma, non se po fà. «Ma - continua Bartolomeo - l'autore di quello striscione ci ha abituato ai grandi slogan: ricordiamo la rotonda che avrebbe smantellato il giorno dopo l'elezione e che, invece, ha inaugurato; l'abbonamento che avrebbe ridotto a venti euro e costa sempre uguale, solo per citare alcune delle bugie elettorali alle quali ci ha abituato».  Insomma l'entusiasmo che circonda questo progetto si accompagna alle perplessità di opposione e cittadini, non ultimo un uomo che alla mia domanda: «Si farà o meno la pedemontana?»Mi risponde spartano: «Mah». Poi si volta e se ne va a piedi. 

Terracina, se questa è una maggioranza


Rita Alla
«Pensate come me o morrete», un motto che è un programma di governo. Quello messo in campo dal Sindaco Nardi. Una politica capace in quattro di governo di sovvertire la maggioranza uscita dalle urne. Una maggioranza che non rappresenta la volontà degli elettori. E non è espressione dei partiti che l'hanno portata alla vittoria. Ma solo se stessa, al massimo una riunione di condominio. Dati alla mano, nel 2006 la partita finì 4646 a 2647 per la coalizione capitanata da Nardi. Mentre oggi, l'opposizione batterebbe la maggioranza per 2515 a 1597. Fuori gli eletti a suon di voti, una testa dopo l'altra. Senza sosta. Con una dispersione di voti da capogiro. Dentro prima i “non eletti”, poi “le riserve”. E ora che “le riserve delle riserve” son finite, non resta che reclutare gli «zero voti». O far di necessità virtù creando “gruppi di lavoro” per alleggerire il carico di lavoro del Sindaco “piglia tutto” con consiglieri facente funzione. Il ripescaggio dalle liste è fuori discussione. I nemici sono alle porte. Per la nomina di assessori esterni, i tempi invece non sono maturi. Il ruolino di marcia di Nardi: nove assessori fuori; sfiduciato un Presidente del Consiglio; un partito, l'Udc, estromesso dalla maggioranza nel 2008; continui passaggi da una parte all'altra di indipendenti; membri del cda della Terracina dimissionari; cda dell'Istituzione prima e della sua evoluzione, l'Azienda Speciale, poi; nuclei di valutazione a peso d'oro. I più, accusati di «lesa maestà». Ufficialmente «verifiche di maggioranza, alla base dell'attuazione del programma». Ma non una questione è stata risolta. Dal degrado del centro storico ai rifiuti, passando lo smantellamento del Terzo settore. Di piano spiagge, traffico o parcheggi nemmeno l'ombra. Il porto, una chimera. Il Mercato al solito posto da vent'anni. Opere pubbliche a non finire sui cartelloni della pubblicità. Una festa continua, i primi 5 anni. Di piazza in piazza. Di factoring in factoring. Senza pagare una rata. Poi nelle elezioni del 2006, Nardi fa il bis. Contro ogni previsione, con lo stesso programma visto che i problemi da risolvere erano ancora lì. Gli effetti del Buon Governo del primo mandato, dirà il neo Sindaco. Nel frattempo però arriva il conto di una gestione “allegra” delle finanze. Piovono debiti su debiti, decreti ingiuntivi e commissari ad acta. Inizia la corsa a “fare cassa”. Mentre con la strategia del contenzioso che non va in bilancio il dissesto si allontana. Un uomo solo al comando che vince e convince in grado di guidare la sua squadra alla vittoria finale. Che le altre squadre farebbero carte false per avere. In partenza per la Pisana, prima. In attesa di una promozione sul campo medico, nel futuro. Comunque al capolinea. Mentre gli altri giocano al “dopo Nardi”. Quando dovrebbero semplicemente chiedere scusa alla città e togliere il disturbo. Una volta per tutte. 

VIVA LA PIAZZA


Fabrizio Bellini 
Quando si è trattato di commentare la manifestazione del Partito democratico a piazza del Popolo mi sono riferito ai dati ufficiali della Questura, venticinquemila partecipanti. Per raccontare di quella del Popolo della libertà mi rifaccio alla stessa fonte, centocinquantamila. Secondo gli organizzatori, con il Pd c’erano duecentomila persone e con il Pdl un milione. Ho partecipato ad entrambe e vorrei offrire la mia testimonianza. La Questura conta a modo suo e gli organizzatori sono dei megalomani. La verità è che con il Pd c’era poca gente e con il Pdl ce n’era tantissima. Sì, ma quanto poca e quanto tanta? Chissenefrega, la sostanza non cambia. Il Partito democratico ha radunato prevalentemente anziani. Il Popolo della libertà anche un sacco di giovani. A Piazza del Popolo i partecipanti imprecavano. A San Giovanni, cantavano. Per dimostrare che la sinistra aveva riempito la piazza, “Repubblica” ha dovuto pubblicare le foto di una precedente manifestazione. La destra, che non ne ha avuto bisogno, ha mandato immagini in diretta. Pensatela come volete, ma questa è la pura verità dei fatti. Che significa, che vincerà la Polverini? No, non significa niente. Solo che il Cavaliere ancora galvanizza la gente e Di Pietro, Bersani & co. ancora l’ammorbano. Se la politica è partecipazione, se è anche spettacolo, appartenenza e partecipazione, se è fantasia, se è passione e comprensione, se è entusiasmo, se è vita, speranza, sogno, illusione, se è simbiosi, Berlusconi vince cento a zero. Le urne sono un’altra cosa e si vedrà al momento opportuno. Tuttavia qualche osservazione va fatta. La sinistra è antipatica. Vuole essere antipatica. Ci riesce, si compiace di essere antipatica, si ostina ad essere antipatica. L’ha scritto anni fa Luca Ricolfi in un bellissimo saggio, “Perché siamo antipatici” (Longanesi, 2005), ma evidentemente l’hanno letto in tre. Quello che è più grave è che nessuno vuole leggerlo. Non c’è chi voglia farne tesoro. Non interessa. La sinistra è triste, cupa, astiosa, parla il linguaggio dei morti e delle accademie e per questo ammoscia, deprime, ammorba, non convince, non coinvolge, non emoziona. E’ confessionale, dogmatica, appiattisce, respinge, allontana. Per trovare un guizzo di vitalità si è dovuta inventare la Bonino. E pensare che, emozionare, è stata per oltre cinquanta anni la sua specialità. E’ nata da un sogno. Poi, si è spenta. Sono arrivati gli uomini bui, tristi, depressi, rancorosi, biliosi, segaligni, maldicenti, invidiosi, pavidi, monotoni, stupidamente sarcastici, falsi colti, e tutto si è tinto di grigio. C’è stato un rigurgito di vitalità, un lampo, un flash: la camicia stazzonata di sudore di Veltroni. Ma non è piaciuta perché era vera. L’hanno mandata in lavanderia ed é tornato il Facis mezzo-forte dei cadaveri ambulanti. E si è rispento tutto. Berlusconi dal palco ha detto un mare di cavolate ma non più di quante ne abbiano dette Bersani e Di Pietro durante la loro manifestazione. La differenza è che a San Giovanni i ragazzi cantavano “menomale che Silvio c’è”, mentre a Piazza del Popolo i vecchi facevano tintinnare le manette. Per chi osserva non è una piccola differenza. La tigre è viva, urlava Sandokan a Brooke che attaccava Monpracem. Quanti voti vale? Non ne ho la minima idea. So che quando Bersani racchiude con disprezzo il suo giudizio su Berlusconi nell’espressione, “è un capopolo”, non capisce che gli sta facendo un complimento e che questo è il senso della democrazia. Perché chi si esprime nelle urne, E’ il popolo. Esserne il capo vuol dire capirne la dimensione e parlarne la lingua. Lui, a quale popolo parla? Ma forse ha ragione il mio amico Grassucci quando ricorda che il 16 dicembre del ‘44 Mussolini raccolse una standing ovation al Lirico di Milano e quattro mesi dopo stava appeso a testa in giù a piazzale Loreto. Io non condivido l’accostamento Mussolini-Berlusconi, anzi, lo rifiuto assolutamente, ma so che il popolo è volubile e quando è manipolato non riesce a distinguere tra Cristo e Barabba. E so anche che con il casino che c’è non si capisce più chi sia Cristo e chi Barabba. Non credo che il Cavaliere penzolerà mai da un traliccio anche se l’immagine stuzzica i desideri onirici di molti. Non lo credo perché non vedo nessuno capace di costruirne uno. So solo che ieri sul palco c’erano due vecchietti, Umberto e Silvio, mal messi fisicamente e molto affaticati. Parlavano di futuro, di riforme e delle cose belle che faranno. Un messaggio positivo ascoltato tante volte ma sempre nuovo e convincente. Chi ascoltava credeva, applaudiva e li osannava come se l’ictus e la prostata non esistessero. Vedremo a fine marzo se per l’ultima volta.

venerdì 19 marzo 2010

TERRACINA - Pd: «Nardi, dimettiti»

Rita Alla
In settimana i “dubbi” della maggioranza tra fax, lettere di dimissioni e nomine varie. Tra viaggi di “sola andata” a spese del Sindaco in persona a favore di assessori scomodi, biglietti “a/r”(andata e ritorno) acquistati da assessori e consiglieri di maggioranza della maggioranza e biglietti “solo ritorno” al prezzo dell'indipendenza. «Una crisi politico-amministrativa profonda quella in cui versa il Comune di Terracina», per il gruppo consiliare e il segretario del Pd. Una questione all'interno dei partiti della maggioranza senza alcuna motivazione e spiegazione ufficiale. Che si ripete. E «visto il persistere di una situazione di incertezza e di abbandono della nostra città, il fallimento totale dell’esperienza Nardi, il Sindaco, nell’interesse generale, - conclude il Partito democratico – deve rassegnare le dimissioni e permettere alla città di iniziare a riprogrammare il proprio futuro». Una politica che allontana. Altro che “politica con la gente”, per il capogruppo dell'Udc, Gianni Percoco. Che peraltro «nessuno ha visto». Quindi «qual'è – chiede Percoco - la vostra politica e le vostre battaglie basate sul confronto e sui problemi che coinvolgono il paese?» Risposte, spiegazioni che l'opposizione ufficiale chiede a quel che resta della maggioranza compresa di coloro che ufficiosamente sarebbero all'opposizione. 

Latina - Consorzio agrario, quale futuro?

Teresa Faticoni
«Non si può pensare che dopo tutta la vicenda che ha investito il Consorzio agrario gli unici che debbano pagare gabella siano i lavoratori. Se il Consorzio è in questa drammatica situazione la responsabilità è da ricercare altrove». Eugenio Siracusa, segretario provinciale della Flai Cgil, va dritto al punto nel day after la conferenza stampa in cui il commissario liquidatore ha snocciolato i numeri del profondo rosso del bilancio del’ente. Roberto Aloisio ha dichiarato l’apertura della cassa integrazione per diciotto dipendenti. Ma si è detto disponibile a trattare per vedere se il numero può scendere. «Non se ne va nessuno se non c’è un percorso di ammortizzatori sociali che garantisca tutti», dice Siracusa che continua incessantemente da mesi a chiedere se, come e con quali risorse il Consorzio resterà in piedi. Aloisio ha annunciato la sua volontà di rilancio dell’ente, dopo una verifica delle carte precedenti. Ma quei 30 milioni e passa di debiti come saranno risanati? Di questi uno è anche verso i lavoratori che sono stati messi in mobilità nei mesi scorsi, molti dei quali approfittarono di uno scivolo per la pensione. Queste persone sono ancora in attesa dell’incentivo all’esodo e del tfr. Per quanto attiene ai possibili cassintegrati Aloisio aveva asserito che era un modo per dare tempo a lui di rimettere in piedi il dissesto (anche mettendo in vendita una parte del patrimonio immobiliare, considerato che molta parte dei crediti del Consorzio non risultano essere esigibili) non troncando il rapporto di lavoro. I sindacati però non tornano indietro da un punto: la rotazione. Il disagio va spalmato su tutto il personale e non può gravare su poche persone, sempre le stesse. «Ha avuto l’ok all’esercizio provvisorio - conclude Siracusa -  vorremo capire da qui a qualche tempo come intende rendere di nuovo operativo il Consorzio». Intanto adesso la vertenza si sposta in Regione Lazio.

CISTERNA - Tercam prende in subappalto i lavori Futurcar

Teresa Faticoni
Saranno portate a compimento le commesse di Renault e Romana Diesel. L’accordo con la Tercam di Cisterna per smaltire il lavoro alla Futurcar è diventato realtà. Un’intesa che prevede che la Tercam con un contratto di subappalto porti a termine gli allestimenti industriali dei camion. Un modo per non perdere quanto fatto fino al momento in cui il titolare Alfredo Terenzi ha deciso di lavarsene le mani. Si cerca così di costruire un futuro preciso e diretto per i quindici dipendenti. «Nel frattempo - dichiara Pierino Ricci, della Fiom Cgil che dal primo giorno è stato accanto ai lavoratori nel sito sulla Pontina - vediamo cosa succede. Ci sono varie proposte da parte di imprenditori locali per rilevare l’azienda». Un po’ di vento buono per i lavoratori, che intanto interrompono per almeno un mese la cassa integrazione per cui non è ancora arrivato il decreto. Il tutto dopo che gli stessi avevano anche denunciato Terenzi che li aveva minacciati con una pistola.




Il referendum del Pdl pontino



Lidano Grassucci

Pdl? Un suono, ecco un suono. Quale è il progetto per questa provincia? Da un lato l’idea onirica di Zaccheo, dall’altro la prassi di Fazzone. Da un lato la cultura di opposizione, di testimonianza, che viene dal Msi, dall’altro l’anima del vivere quotidiano, dell’amministrazione che viene dalla storia democristiana e, in parte socialista. Due mondi distanti anni luce, quantomeno poco conciliabili per il presente, divergenti per il futuro.
 Il nodo sta proprio nel domani, nell’immaginare il domani. Zaccheo vede la provincia con una lente d’ingrandimento su Latina, Fazzone su Fondi. Cosa significa? Rispetto alla sanità il primo vede Latina come centro unico dello sviluppo dell’università con la facoltà di medicina tutta dentro la struttura sanitaria della città, il secondo distribuita nel territorio con il policlinico a Terracina. Non è la stessa cosa, non è la stessa cosa l’idea di Zaccheo di una città che si modula per varianti e quella di Fazzone che la vede definita in una idea di programmazione. Una idea anarchico futurista la prima, da programmazione sul modello dei governi del centrosinistra all’epoca del boom. Non a caso il primo è figlio di Almirante il secondo della visione democristiana di Mancino.
Quindi? Queste elezioni regionali sono un referendum tra i due modelli, sono quel congresso che il centrodestra stenta a fare in maniera competitiva: Fazzone da un lato, Zaccheo-Galetto dall’altro, con le varianti di Di Giorgi e, un po’ fuori gara, di Romolo del Balzo, è il tema del confronto.
Un confronto duro, ma anche fisiologico. Dopo? Dipenderà dai risultati, da Fini, dalle prospettive di Berlusconi. Certo è che l’idea della pax berlusconiana è finita, il partito bicefalo ora pesa le sue due teste. Il verdetto il 29 di marzo.

giovedì 18 marzo 2010

Cinque minuti e le cure palliative



Lidano Grassucci
“Solo cinque minuti”, che sono cinque minuti? Niente, passano in cinque minuti e poi ne arrivano altri cinque, e cinque ancora. E se fossero tutto? Ecco ho incontrato persone che lavorano con chi ha solo cinque minuti. E vedi il mondo da un altro punto di vista. Sono all’unità di cure palliative della Clinica San Marco, è una giornata di sole, un giorno vivo, allegro. Berlusconi ha appena attaccato la congiura comunista, i magistrati lo hanno inquisito per aver parlato al telefono della eliminazione di tutti gli orsi marsicani con possibile rinvio a giudizio per “strage”. Visto da qui sembriamo quel che siamo: ridicoli. «Vede se parlo con uno dei miei pazienti non so se avrò occasione di rifarlo» dice Domenico Russo, il primario di questo servizio in convenzione Asl, qui si combatte forse la cosa che è meno malattia di tutte, l’ultimo pezzo del vivere. Sto qui, Michela Guarda è la coordinatrice del servizio un sorriso disponibile, vero, allegro. Più riservata la geriatra Valentina Di Iorio. La corsia e le stanze sono pittate di fresco, colori pastello e non c’è silenzio, c’è movimento, vivacità. Penso ai cinque minuti, il dottor Russo mi parla delle terapie del dolore, del diritto a non essere lasciati soli. Dovrei correre verso i miei prossimi cinque minuti, invece mi fermo nei miei cinque minuti lì, assaporo. Qualcuno nella tisaneria del reparto ha portato delle zeppole di San Giuseppe con la crema, le guardo le vorrei mangiare con ingordigia. Gli racconto di quando per la prima volta nella mia vita ho incontrato, ho toccato la fine e dei parenti che mangiavano nella stanza accanto a quella del morto per “onorarlo”. Una amica mi aveva raccontato qualche giorno prima che a Petra i morti erano in alto per far meno strada verso il cielo e sotto c’era la stanza dove i parenti mangiavano quando lo andavano ad onorare, in Sud America invece ci mangiano sopra le tombe. Cinque minuti e ti rendi conto che la situazione intorno è tragica ma fa ridere. Prendo il caffè, vado via, ma non inseguo i miei prossimi cinque minuti mi tengo questi che ho, li tengo stretti. Mi telefona un amico arrabbiato, che spreco di minuti.
Ringrazio quelli dell’Hospice, credo che un paese che cura il dolore e dialoga cinque minuti con chi ha cinque minuti sia un grande paese. Lo vorrei dire ad Obama, vorrei dirgli vieni qui e capisci e fai capire ai tuoi perché noi europei siamo civili. Vado via e, per una volta mi sono sentito orgoglioso del mio paese, della mia città e… pure della mia Asl.

LATINA - Buco nero al Consorzio agrario

Teresa Faticoni
«Un’anomalia. Un dato patologico». Così il commissario liquidatore del Consorzio agrario di Latina, l’avvocato costituzionalista romano Roberto Aloisio, definisce il debito accumulato negli anni dall’ente di via Monti Lepini. Aloisio con chiarezza e puntualità, alla presenza del direttore del Consorzio (ex direttore di Coldiretti) Enzo Galetto, snocciola i numeri del buco nero. Cominciando dai crediti. 38 milioni e 500 mila euro sono quelli in contenzioso, ma realisticamente Aloisio dichiara molti di questi difficilmente esigibili. In sostanza per quei clienti del Consorzio che non hanno un centesimo da restituire, è inutile proseguire la procedura in contenzioso. Poi ci sono 5 milioni di euro di crediti ordinari dei quali si dovrebbe rientrare in possesso abbastanza facilmente. Ma come si è arrivati a questo punto? «L’anomalia già percepita - dice Aloisio - è l’elefantiasi del debito che non è stato onorato. Un imprenditore non fa realizzare debiti di questa natura senza ricevere nulla in cambio». Il corto circuito delle cambiali agrarie non basta a giustificare il macroscopico buco. Come del resto la crisi del comparto agrario, inserita nella crisi mondiale, sarebbe un alibi riduttivo. Poi si arriva al dato dei debiti, che è quello più drammatico. Quelli verso le banche ammontano a 20 milioni e 500mila euro. Più 2 milioni e mezzo garantiti da ipoteca. A questi si aggiungono 11 milioni di debiti verso i fornitori e 1 milione verso il personale tra incentivi all’esodo e tfr. Dovrebbe rientrare in breve tempo il contenzioso con gli agenti. Naturalmente per rientrare di liquidità una parte del patrimonio immobile sarà messo in vendita. «Giudico positivamente la messa in liquidazione coatta - sottolinea il commissario - perchè in questo modo è stata congelata la posizione debitoria del Consorzio». Aloisio sta predisponendo lo stato passivo per effettuare i pagamenti. Tutti i creditori del Consorzio hanno ricevuto nei giorni scorsi una lettera nella quale è specificata la loro posizione. Potranno entro un mese confermare o contestare. A quel punto l’avvocato predisporrà la sua relazione. «Ho chiesto al ministero l’esercizio provvisorio - precisa Aloisio - perchè la prospettiva è quella di continuare l’attività commerciale. La mia ambizione è quella di migliorare l’attività aumentando gli utili e gli introiti rilanciando il Consorzio, arrivando al concordato e riportarlo in bonis». Un futuro che passa, però, attraverso la cassa integrazione per 18 dipendenti su 32. Ma Aloisio si dichiara disponibile a trattare affinchè i numeri possano scendere. A oggi per le esigenze consortili i lavoratori sono in esubero, e i sindacati hanno proposto di ricorrere agli ammortizzatori sociali in rotazione, per distribuire equamente il peso della riduzione. Ma in questo modo, considerando la buona intenzione di rilancio, il rapporto di lavoro non si interrompe ed eventualmente potranno tornare al loro posto una volta ripresa l’attività normale. Quanto resterà a Latina Aloisio? Fino a quanto avrà aperto tutti i cassetti nei quali sono chiuse le carte di chi ha gestito il Consorzio fino a oggi. Per tutto il tempo dell’incontro Galetto ha taciuto.

martedì 16 marzo 2010

Canale Mussolini e la maledizione del silenzio

Lidano Grassucci
L’Italia l’anno prossimo farà 150 anni. Meglio lo Stato italiano farà un secolo e mezzo, l’Italia come nazione è cosa diversa. In questo tempo si ragiona di identità, di storia e di percorso comune. Ci stiamo interrogando, come comunità, sulle nostre radici. Fa bene questo esercizio, a Torino stanno riprendendo l’orgoglio dell’inizio. Certo che nella capitale sabauda sono fortunati (in senso machiavellico) perché hanno dato i natali all’Italia, all’auto, al telefono, al cinema, all’elettronica, al servizio radiofonico e… potrei continuare.
Dico questo perché dalle mie parti non si ricorda mai niente, mai. Non c’è nessun ricordo, niente, come se tutto fosse scivolato via. Le case sono senza memoria, le strade nostre di storia non sono neanche “colte”: c’è via D. Alighieri, via N. Bonaparte che potrebbe incrociarsi con via C. Malaparte e sarebbe un bel quartiere del destino sempre cinico e baro. È una città, la nostra, quasi senza monumenti o con statue bianche anonime. Viviamo in una specie di plastico di qualche anonima facoltà di architettura con i lavori di incerti studenti. Certo qui mica trovi Pietro Micca, non c’è Giovan Battista Perasso detto Balilla, non c’è Oberdan, ma c’è una storia, c’è un percorso, c’è una vita.
Continuiamo a girare tra anonimi pezzi di città che chiamiamo Tribunale, Prefettura, Comune, Opera Balilla, li definiamo per funzioni non per memorie. Abbiamo paura delle nostre memorie, come se ci vergognassimo di questo posto che ci è toccato in dote. E non vogliamo ricordare, abbiamo paura del nostro passato. Abbiamo paura di essere stati contadini, di essere stati coloni, di avere rimosso gli alberi secolari della palude per seminare tenero e stagionale grano. Temiamo il confronto con il nostro passato. Il Comune ha annunciato con manifesti l’arrivo delle selezioni di “I raccomandati” di Rai 1; ha messo in evidenza le grazie della Marini. Invece non ci sono neanche sulle vetrine delle librerie le pile di “Canale Mussolini” di Pennacchi, non c’è un segno del libro. Come se Milano si vergognasse dei Promessi sposi, provasse ribrezzo dell’amore di Renzo e Lucia. Non una parola, non un segno in questa periferia distratta.
Poi tutti amano Latina, l’Agro Pontino. Resto del mio avviso questa terra, la mia terra, è puttana ne godono tutti di notte, la negano tutti di giorno. Sono cispadano-setino, come mi ricorda Pennacchi, e non ho altra terra che questa e per questo sono offeso dal silenzio che c’è intorno a questo libro qui da noi anche se la “mattina sogno che non ci sia più Latina”.

lunedì 15 marzo 2010

LATINA - Craxi lancia la volata socialista in Regione

Teresa Faticoni
«La nostra missione è ricostruire una grande forza socialista, perchè è nell’interesse della democrazia italiana». Bobo Craxi parla ai suoi, nella sede del Partito socialista in via dei Marsi a Latina. Accanto a lui, che è capolista nel Lazio, c’è Michela Biolcati Rinaldi, che tiene alta la bandiera rossa in questa provincia e soprattutto ad Aprilia «dove con la grinta abbiano vinto una battaglia e ci nessuno credeva». In sala i socialisti storici, meno qualche volto importante. «Sono molto legato a questa provincia che per la sua storia particolare, per le sue potenzialità - dice Craxi citando piccole e medie imprese, turismo e agricoltura - è una piccola fotografia dell’Italia. Un insieme di modernità e tradizione che convivono nelle grandi questioni». Più riformismo per crescere, sottolinea Bobo che ha appena passato le forche caudine della Pontina e lancia la volata alla Biolcati con l’auspicio di un risultato a due cifre. Michela non si tira indietro («una donna battagliera come lo sono le donne socialiste», le ha detto il leader Psi): sanità, Acqualatina, energie rinnovabili, rifiuti e indennità diminuite per i consiglieri regionali sono i suoi temi. «Ce la possiamo fare - conclude lei ricordando, non senza un po’ di emozione, l’avvincente cavalcata che portò l’anno scorso alla vittoria al Comune di Aprilia del sindaco D’Alessio -. Chiederemo voti a destra e sinistra per la rinascita del Partito socialista». Sul tavolo un mazzo di garofani rossi.

L'ARCINORMALE - Regime e comunisti



Lidano Grassucci

Vanno di moda le manifestazioni di piazza. Una volta si protestava per… il divorzio, o contro il divorzio. Per regolamentare l’interruzione di gravidanza o per difendere la vita. Si manifestava contro l’invasione americana del Vietnam, o a favore. Insomma la manifestazione aveva un nemico, uno scopo, un obiettivo.
Mi spiegate perché hanno manifestato in 25mila a Piazza del Popolo sabato scorso? Dice, contro il regime e le prepotenze di Berlusconi. Giusto, ma su questo si sono pronunciati per 5 tribunali della Repubblica e tutti “a sfavore” del prepotente. Quello, il prepotente, ci ha fatto anche un decreto legge che si è dovuto rimangiare. La lista del Pdl a Roma non c’è. Quindi? Non c’è il regime di Berlusconi. Si protesta contro un nemico oggettivamente inesistente.
Ergo: non capisco la protesta di sabato scorso e capisco ancora meno quella di sabato prossimo di Berlusconi. Con chi se la prendono? La lista non l’hanno presentata con chi protestano? Hanno fatto un decreto inapplicabile, con chi se la prendono?
Il nemico chi è? L’obiettivo qual è? Non si può pretendere di vincere il campionato senza aver iscritto la squadra, l’Alfa Romeo non può puntare alla vittoria del gran premio di formula uno senza aver preparato la macchina e protestare contro Ecclestone.
Insomma siamo alle manifestazioni inutili, spero che all’estero non se ne accorgano faremo una magra figura: gli italiani quando non hanno niente da fare manifestano.
Morale della favola: in Italia non c’è regime e i comunisti non bloccano le liste. Poi fate voi.

Alla scoperta del relitto

Raffaele Vallefuoco 
Dopo il rinvenimento, presso la foce del Garigliano, di un reperto romano, una ruota di prua risalente al secondo secolo dopo Cristo, l'ispezione annunciata dal comandante della Capitaneria di Porto di Formia, Marco Vigliotti, all'indomani della scoperta, si farà. Una ricognizione utile a verificare l'ipotesi di presenza del relitto al quale apparterrebbe il reperto, probabilmente inabissatosi nelle nostre acque. Mercoledì, infatti, è programmato lo screening della costa. A spiegare le operazioni è lo stesso comandante Vigliotti: “Unitamente alla Soprintendenza delle Belle Arti, saremo impegnati con i nostri mezzi e i nostri sommozzatori per tutta la mattinata di mercoledì, quando tenteremo di trovare il relitto al quale questo reperto, un pezzo anteriore di una nave romana, appartiene". Un rinvenimento che, se ci fosse, non farebbe che confermare l'importanza strategica che le nostre coste rivestivano nell'ambito delle rotte del Mediterraneo sin dall'antichità, decisamente rafforzato quando Roma estese la sua sfera d'influenza sul nostro litorale. Considerazioni in linea con gli straordinari ritrovamenti effettuati in lunghi anni di ricognizioni. In queste rotte, sicuramente, anche le isole pontine giocavano un ruolo di prestigio. Per queste, infatti, il relitto più importante mai localizzato, risalente alla metà del I sec. a.C., è stato rinvenuto a 42 metri di profondità, nell’area sommersa nota come Le Grottelle, nel tratto di mare che divide Ventotene da Santo Stefano. Si trattava di una nave da carico che stava trasportando della mobilia preziosa, di cui si sono recuperati vari reperti in bronzo, placchette di osso, di avorio e altri materiali. Molti di questi oggetti costituivano la parte decorativa dei caratteristici letti – divano (klinai) del mondo romano. Ma di particolare valore artistico risultano alcune placchette ossee raffiguranti testine umane ed animali, esseri vegetali e mitologici. Insomma la riprova della verve che da sempre ha caratterizzato il nostro Golfo. 

FORMIA - Viabilità: residenti in rivolta

Raffaele Vallefuoco 
Certo non si può dire che la viabilità formiana non riservi ogni giorno grandi sorprese. La settimana scorsa, infatti, il sindaco assecondando le richieste avanzate dai cittadini di via della Conca ha deciso di invertire il senso di percorrenza della strada, per cui ieri mattina era (ancora) accessibile da Piazza San Giovanni, proprio come da anni la viabilità ricordava. L'inversione di marcia fu decisa diversi mesi fa, prima che fossero programmati i lavori sulla Litoranea. Una decisione fortemente avversata in origine dai residenti, ma che alla luce della "crisi viabilità" si dimostrava efficace. In particolare via della Conca si prestava come valvola di sfogo per via Vitruvio. Le auto che avrebbero dovuto raggiungere il "sud" della città potevano utilizzare via XX Settembre, passare per via Lavanga e immettersi in via della Conca, aggirando l'ingorgo che si crea una volta giunti all'incrocio tra via Vitruvio e via Lavanga. L'attuale ripristino dell'originario senso di marcia (piazza San Giovanni - via della Conca) palesa, però, tutta la precarietà che Formia vive, a fronte delle quali sono limitate le iniziative in campo. Perché non si garantisce un servizio gratuito di trasporto pubblico per limitare il numero delle autovetture sulla strada? Ma questo è un altro discorso. Dal Comune intendono invertire nuovamente la direzione (via Lavanga - via della Conca), ma sappiamo già quali reazioni causerà tale decisione. Il sindaco e l’assessore alla viabilità recepiscano le istanze del quartiere, i cui residenti reclamano maggiore attenzione a fronte del disagio che patiscono, tuttavia lasci che via della Conca resti una valvola di sfogo per la crisi. 

domenica 14 marzo 2010

Fiamme al Cab di Gaeta

Raffaele Vallefuoco 
A fuoco, nella notte tra sabato e domenica, il Cab di Gaeta, rinomata struttura balneare della spiaggia di Serapo, d’estate anche discopub.  A lanciare l’allarme alcuni automobilisti che transitavano a quell’ora sul lungomare. Erano le 2.15 quando la sala operativa del 112 inoltrava la segnalazione al distaccamento dei vigili del fuoco. Pochi minuti e sul posto piombava a sirene spiegate il personale antincendio, seguito da una volante dei carabinieri della locale stazione, attorno alla quale si è assiepata, sin da subito, una folla di curiosi. Neanche il tempo di indossare i caschi che i vigili esperivano le prime operazioni di contrasto alle fiamme. Il bagliore luminoso che irradiava la spiaggia veniva domato a poco a poco, ma per lo chalet i danni sono stati comunque ingenti. «E' andato a fuoco il bar - spiega il titolare dello stabilimento Gianluca Rossetti - e quanto lo circondava, bruciando anche l’attiguo magazzino che conteneva sdraio e lettini». Quindi, precedendo ogni maliziosa domanda, spiega: «Si ipotizza si sia trattato di un corto circuito» spiega il titolare. Questi i primi riscontri di vigili del fuoco e carabinieri. Tra le ceneri, infatti, non è stato rinvenuto alcun innesto. «E, comunque - prosegue assicurando - non ho ricevuto nessun tipo di minaccia» conclude amareggiato, dopo una notte insonne. Ad allertarlo il proprietario della struttura ricettiva attigua, la quale, per fortuna, non è stata investita dalle fiamme, se non dal fumo promanato dal rogo. Intanto tra i carabinieri di Gaeta, diretti dal comandante Puppin, si fanno largo tutte le ipotesi del caso. 

Gaeta - Furto nella notte alla gelateria TuttiGusti

Raffaele Vallefuoco  
Assalto alla gelateria TuttiGusti di Gaeta, nella centralissima Corso Cavour, che sabato notte è stata vittima di un furto. Un raid notturno, perpetrato in piena tranquillità, approfittando del «coprifuoco» che a quell’ora vive il cuore di Gaeta. Ignoti, secondo i primi riscontri, si sono inseriti nel locale infrangendo con una grossa pietra la vetrata della gelateria, parzialmente nascosta nel piano terra dalla quale è ricavata. Quindi è stato semplici introdurvisi e, individuata la cassa, hanno prelevato l’incasso della serata. Un bottino magro però. I ladri, infatti, avrebbero prelevato circa quattrocento euro per poi allontanarsi facendo perdere le proprie tracce. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione di Gaeta per esperire i rilievi del caso, attraverso i quali tenteranno di risalire agli autori del furto. Intanto, all’indomani dell’azione, i commercianti del comune gaetano fanno quadrato e chiedono più sicurezza e controlli. Alcuni, in particolare, invocano un sistema di videosorveglianza. 

Formia onora Remigio Paone: riapre il teatro

Raffaele Vallefuoco  
Dopo anni di oblio, Formia riavrà il suo teatro. Oggi, alle 18, infatti, è programmata l’inaugurazione della struttura intitolata alla memoria di Remigio Paone, punta di diamante della storia del teatro nazionale. Un recupero reso possibile dopo anni di lavoro sinergico tra Regione Lazio, Ipab Santissima Annunziata, ente regionale Parco Riviera di Ulisse e Comune di Formia che insieme hanno concorso alla sua riapertura. Chi  ha avuto l’occasione di visitare anzitempo la struttura ne è rimasto piacevolmente colpito. Qui emergono e si integrano perfettamente nell’architettura del teatro le radici romanistiche formiane, tanto valorizzate già a partire dall’ingresso della struttura. Ad introdurci al taglio del nastro Erminia Cicione, presidente del Parco Riviera d’Ulisse: «Nel corso della cerimonia avremo quattro momenti: l’intitolazione della struttura al produttore e direttore teatrale Remigio Paone, con una rievocazione della figura, a cura di Giuppi Paone. Quindi seguirà il saluto del sindaco del Comune di Formia, Michele Forte, del presidente dell’Ipab Raniero De Filippis, al termine dl quale sarà presentato il progetto «Teatro Ragazzi». In chiusura seguirà il concerto del Complesso bandistico Umberto Scipione - Città di Formia». Una giornata di festa, nel corso della quale, Formia onora il direttore artistico e produttore che sosteneva l'idea di un rinnovamento teatrale negli anni venti del novecento. Questi agli albori intraprese la carriera di impresario, a fianco di Sem Benelli,  sostenendo gli autori e gli attori che, secondo il suo gusto, incarnavano un rinnovamento della scena italiana. Inaugurò a tal proposito il Teatro Nuovo di Milano nel 1938, con l'intento di inscenarvi spettacoli di sua scelta. Un piccolo passo che preluderà alla grande carriera artistica che lo portò a lanciare sulla scena personaggi del calibro di Riccardo Muti.  

FiloLogico - L’inganno di Tityre lentus in umbra



Maria Corsetti
È stato Tityre lentus in umbra a fregarci. A farci credere che la vita di campagna sia migliore di quella di città. La menzogna attraversa i millenni e arriva intatta al 2010 raccontandoci di un eden perso tra i campi da arare. Dissodare, diserbare, irrigare. La folgorazione (già covava dentro di me dai tempi del liceo ma mica puoi dire all’insegnante di latino e greco che non sei d’accordo con Virgilio), mi è arrivata ieri mentre con animo bucolico passeggiavo tra i prati a ridosso del Fogliano. Prati profumati di fiori di camomilla, la brezza leggera della primavera mitigava i raggi del sole, intorno era tutto pace e armonia con l’universo. Per me, mica per quel poveraccio che stava facendo su e giù con il trattore, approfittando di una delle poche mattine di non pioggia per dare una pulita e preparare la terra alla semina. Io raccoglievo fiori di camomilla da legare con un filo d’erba, lui bestemmiava sotto il sole con un frastuono nelle orecchie che altro che inquinamento acustico da metropoli. E l’inverno rigido ancora non ha risvegliato tutti quegli estroversi insetti, che come ti vedono ti corrono incontro. Specie se sei sudato e stai lavorando. Ecco, adesso vagli a raccontare di Tityre lentus in umbra.