domenica 14 marzo 2010

FiloLogico - L’inganno di Tityre lentus in umbra



Maria Corsetti
È stato Tityre lentus in umbra a fregarci. A farci credere che la vita di campagna sia migliore di quella di città. La menzogna attraversa i millenni e arriva intatta al 2010 raccontandoci di un eden perso tra i campi da arare. Dissodare, diserbare, irrigare. La folgorazione (già covava dentro di me dai tempi del liceo ma mica puoi dire all’insegnante di latino e greco che non sei d’accordo con Virgilio), mi è arrivata ieri mentre con animo bucolico passeggiavo tra i prati a ridosso del Fogliano. Prati profumati di fiori di camomilla, la brezza leggera della primavera mitigava i raggi del sole, intorno era tutto pace e armonia con l’universo. Per me, mica per quel poveraccio che stava facendo su e giù con il trattore, approfittando di una delle poche mattine di non pioggia per dare una pulita e preparare la terra alla semina. Io raccoglievo fiori di camomilla da legare con un filo d’erba, lui bestemmiava sotto il sole con un frastuono nelle orecchie che altro che inquinamento acustico da metropoli. E l’inverno rigido ancora non ha risvegliato tutti quegli estroversi insetti, che come ti vedono ti corrono incontro. Specie se sei sudato e stai lavorando. Ecco, adesso vagli a raccontare di Tityre lentus in umbra. 

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