martedì 16 marzo 2010

Canale Mussolini e la maledizione del silenzio

Lidano Grassucci
L’Italia l’anno prossimo farà 150 anni. Meglio lo Stato italiano farà un secolo e mezzo, l’Italia come nazione è cosa diversa. In questo tempo si ragiona di identità, di storia e di percorso comune. Ci stiamo interrogando, come comunità, sulle nostre radici. Fa bene questo esercizio, a Torino stanno riprendendo l’orgoglio dell’inizio. Certo che nella capitale sabauda sono fortunati (in senso machiavellico) perché hanno dato i natali all’Italia, all’auto, al telefono, al cinema, all’elettronica, al servizio radiofonico e… potrei continuare.
Dico questo perché dalle mie parti non si ricorda mai niente, mai. Non c’è nessun ricordo, niente, come se tutto fosse scivolato via. Le case sono senza memoria, le strade nostre di storia non sono neanche “colte”: c’è via D. Alighieri, via N. Bonaparte che potrebbe incrociarsi con via C. Malaparte e sarebbe un bel quartiere del destino sempre cinico e baro. È una città, la nostra, quasi senza monumenti o con statue bianche anonime. Viviamo in una specie di plastico di qualche anonima facoltà di architettura con i lavori di incerti studenti. Certo qui mica trovi Pietro Micca, non c’è Giovan Battista Perasso detto Balilla, non c’è Oberdan, ma c’è una storia, c’è un percorso, c’è una vita.
Continuiamo a girare tra anonimi pezzi di città che chiamiamo Tribunale, Prefettura, Comune, Opera Balilla, li definiamo per funzioni non per memorie. Abbiamo paura delle nostre memorie, come se ci vergognassimo di questo posto che ci è toccato in dote. E non vogliamo ricordare, abbiamo paura del nostro passato. Abbiamo paura di essere stati contadini, di essere stati coloni, di avere rimosso gli alberi secolari della palude per seminare tenero e stagionale grano. Temiamo il confronto con il nostro passato. Il Comune ha annunciato con manifesti l’arrivo delle selezioni di “I raccomandati” di Rai 1; ha messo in evidenza le grazie della Marini. Invece non ci sono neanche sulle vetrine delle librerie le pile di “Canale Mussolini” di Pennacchi, non c’è un segno del libro. Come se Milano si vergognasse dei Promessi sposi, provasse ribrezzo dell’amore di Renzo e Lucia. Non una parola, non un segno in questa periferia distratta.
Poi tutti amano Latina, l’Agro Pontino. Resto del mio avviso questa terra, la mia terra, è puttana ne godono tutti di notte, la negano tutti di giorno. Sono cispadano-setino, come mi ricorda Pennacchi, e non ho altra terra che questa e per questo sono offeso dal silenzio che c’è intorno a questo libro qui da noi anche se la “mattina sogno che non ci sia più Latina”.

1 commento:

  1. Tranquillo Grassu', come si dice dalle mie parti "i cavalli buoni si vedono al traguardo" e questo cavallo qui ha tutte le carte in regola per tagliarne parecchi, di traguardi.
    Comunque - tra tanti - c'è un "anonimo pezzo di città" che si chiama Anonima Scrittori che il Canale lo segue attentamente in tutte le sue anse. sul nostro sito cerchiamo di raccogliere tutti i commenti usciti sulla stampa (anche questo) e di dare informazioni sulle novità in proposito. Lo sapevate che è stato venduto in Francia, Germania e Olanda? Che stanno già trattando per i diritti cinematografici?
    Lo sapete che due autori del nostro Bit dell'avvenire (Pennacchi, appunto, e Pavolini) saranno in lizza per il premio Strega con due romanzi che si specchiano l'uno nell'altro sullo spinoso tema del fascismo?
    Non tutta la città vive di notte, c'è anche chi la notte dorme perché di giorno lavora. Anche se nell'ombra.

    massimiliano "zaph" lanzidei

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