lunedì 28 dicembre 2009

L’equivoco delle parole




Lidano Grassucci


Incontro per “Il Fatto del giorno” Ennio Tasciotti, un ragazzo di Latina, che fa il ricercatore nel Texas in nano medicina. È  brillante Ennio, sorridente, soddisfatto del suo lavoro. Ma mi colpiscono le parole, ad un certo punto si blocca e mi dice il nome di una struttura in inglese e mi chiede come si traduce quell’idea in italiano. Le parole, sono armi sottili, difficili da usare. Dei comici ci giocarono sopra: uno dice: “come si dice pentola a Milano?” E l’altro: “da noi pentola”. Ma sotto c’era il problema che le parole pesano in modo diverso da ciascuno, non hanno sempre lo stesso segno. Vivo di parole, eppure sto scoprendo quanto è difficile usarle quando vuoi dire cose che stanno dentro di te. E’ difficile perché ti accorgi che l’altro “deve tradurre” nel suo linguaggio, nelle sue aspettative, nella sua sensibilità. Uso spesso il dialetto e scopro che è più facile parlare con quelle parole se davanti hai uno che parla un’altra lingua, perché sei “costretto a spiegare il senso” e in questo fare stabilisci un lessico comune per quel dialogo. Le parole che si presuppone tutti conoscano sono bombe gettate nella piazza del confronto, sono mine vaganti che possono non far nulla, possono far sorridere o possono innescare drammi. Nano medicina? Che significa “una medicina per nanetti”, “una medicina piccola”, o “una medicina che si occupa dell’infinitamente piccolo”? Con Tasciotti ci chiariamo all’inizio della trasmissione e prendiamo il terzo significato e tutto diventa liscio, se lo lasciavamo nel limbo del “già compreso”, avremmo forse parlato di cose diverse.
Credo sia importante riprendere i fili delle parole, il loro senso, la loro sensibilità. Faccio il giornalista e ho un uso pirotecnico del parlare, come chi fa lo scienziato ne ha un uso rigoroso, o un religioso una modalità parabolica (per parabole, non tramite antenna satellitare, vedete gli equivoci?) e questo genera difficoltà a parlare nella vita ordinaria: quando il confronto non è per titoli mi viene difficile, bisognerebbe mettersi d’accordo prima. Forse è meglio non parlare, ma senza la parola non c’è vita. “In principio era il Verbo…. E il Verbo si è fatto carne” dicono le Scritture, ma la parola può ferire la carne.  

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