domenica 11 luglio 2010

L'ARCINORMALE - Patagonia a sud di Roma


Lidano Grassucci

«Qui il sole picchia forte». Così descriveva Guareschi la sua bassa Padana, quella di Don Camillo e Peppone. Qui da noi il sole picchia altrettanto forte, ma c’è anche l’acqua che evapora dalla terra, in una miscela insopportabile che gli uomini li respinge.
 Sarà per questo che questo posto gli uomini non dovrebbe averceli proprio, sono loro che ci vogliono stare e quelli che ci stanno sono necessariamente avventurieri, gente che è fuggita da altri posti. Per fame, per furbizia, per sete di ricchezza fa poca differenza. Sta di fatto che di avventurieri si tratta. E gli avventurieri non riescono ad avere l’idea della res publica, che è la cosa di tutti, la cosa che ha reso differenti i romani da tutti gli altri. Ecco, questo ci manca. Infatti la nostra classe dirigente è la stessa della Patagonia, quello è un posto dove ti proclami re e ti inventi regni, poi se ci riesci affascini gli indios e i coloni ti sembra di essere re davvero. Di essere imperatore come Napoleone o come Massimiliano. Ma con la stessa facilità con cui ti proclami re poi gli indios e i coloni portano sugli scudi il re prossimo e dimenticano quello precedente. Per questo questa è una terra cattiva, maligna, che ha tanti re decaduti come ha tante città morte, è un ciclo, che non finisce mai e che credo non finirà mai. Gli avventurieri sognano le avventure che hanno come caratteristica quella di non attaccarsi troppo nel posto in cui sono costretti a vivere, ma pensano sempre di ritornare ricchi nel posto da cui sono partiti. La parabola di Zaccheo e della sua classe dirigente si legge nel profondo così, come prima di lui c’erano stati altri re che oggi abbiamo dimenticati. Chi ricorda Delio Redi e la sua idea di riscatto cispadano contadino? E prima ancora che memoria ha la città di Guido Bernardi o di Tasciotti e della importazione della borghesia lepina? Questa città consuma e poi butta via. È inevitabile, come è inevitabile che in questo limbo siamo solo in attesa del nuovo re. Fino ad allora saremmo monarchici senza sovrano o seguiremo guerre intestine tra i vari rami di tristi dinastie. Ci sarebbe una salvezza, ma bisognerebbe diventare cittadini e sentire questa terra come cosa di tutti. Ma è questa la malattia e la cura non c’è. 

Nessun commento:

Posta un commento