domenica 4 luglio 2010

L'ARCINORMALE - Terra di lupi e volpi, non di uomini



Lidano Grassucci


L’assegnazione dello Strega ad Antonio Pennacchi mi ha posto una domanda: perché questa terra ispira tanti odi? Perché questo posto è negato anche da chi ci vive, e ci vive bene? Una maledizione? Credo di sì, credo che questo non sia un posto di vita. Qui San Tommaso viene a morire, nasce ad Aquino. Qui l’aria è “del male”, è malata anche l’aria. Qui le città muoiono: Satricum, Norba, l’antica Circe. Qui tutti si agitano, poi il posto li avvolge. Maria Goretti non nasce a Le Ferriere ma ci viene a morire. Vivere qui puzza di questa maledizione, la città più giovane d’Italia è anche la più malata di ricordi. Il mio amico Guercio ha fatto un sito che si chiama Littoria. Anche quella città è stata effimera, creata all’inizio degli anni ’30 è stata uccisa dagli americani con le bombe e il cannone qualche manciata di anni dopo. Come a Norma, come al Circeo, la città che ha sostituto la vecchia è stata edificata accanto, lasciando il vecchio nella sua tomba. Il centro storico di Latina è uno zombi di vita se non ci fosse la movida dei giovani nell’area dei pub, ma gli ultimi residenti li odiano, il rumore è delle città, nei cimiteri è di rigore il silenzio. Pennacchi dice: «le mie ceneri le voglio gettate nel Canale Mussolini». Giusto, lui ama questa terra ma il Mississipi corre, il canale Mussolini quando dai Lepini l’acqua si fa poca, stagna…
Come si fa ad amare questo posto, ci vuole ardire: qui San Paolo passa, forse guarda ma va via. Ci vuole Lidano il santo più di mille anni dopo per fare cristiane queste terre, qui c’è più Giunone che la Madonna, qui c’è una sorta di santeria che non rinnega il passato, lo adatta. Siamo cinquecentomila, ma eravamo neanche 60mila marocchini arroccati in montagna o nascosti dietro la trincea della brezza benefica del mare a Terracina e 30mila cispadani. Gli altri? Gente che non sa. Gente che non ha visto la guerra delle vacche, cispadane, contro le bufale marocchine, la battaglia delle carcioffole contro il formenton. Gente che sta qui con lo stesso spirito con cui si fa l’amore con una prostituta, stanno qui come si sta in un supermercato per “prendere”. A Cori Chiominto ha scritto: “Cori me, beglio”. A Nizza cantano in italiano “Nissa la bella”, avete mai sentito una poesia, una conversazione, un bacio a Latina (ma vale per tutti i posti di qui…) la bella. Chiominto dice pure che “Cori mia”, la città è parte di sé, è comunità. Qualcuno dice Latina mia? Uno slogan elettorale diceva “amo Latina”, come fanno i 14enni quando si dichiarano la prima volta. Un amore in attesa del prossimo, a scadenza come la mozzarella.
Questo è posto di morte, la Circe si innamora di Ulisse ma lui deve tornare a Itaca, deve andare da Penelope. E Circe sarà per sempre malvagia, capace di trasformare gli uomini in porci, capace di renderli a-umani. Ma Omero non ci dice che lei era semplicemente innamorata di un uomo che amava un’altra donna. Circe è questo posto capace di un amore che nessuno vuole. Neanche i porci. La mia gente marocchina era forestica, pagana, porci senza neanche le ali. I miei cispadani erano i piedi neri di Corsica, i padri pellegrini della costa atlantica americana. Non credo che mio nonno Lidano avrebbe accettato fattori e ordini, infatti aveva camicie, poche ma di tanti colori, neanche una nera. Nonno Graziano Bergamin quella nera la teneva. Uno era una volpe che muore senza libertà, l’altro un lupo capace di farsi cane, ma la cui memoria di lupo non sparisce mai.
Terra di lupi e volpi, terra di maiale, terra di morti. Come vedere qui non c’è mai stato posto per gli uomini, e gli uomini non la amano.

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