venerdì 2 luglio 2010

Quel giorno che Guido mi fece leggere Mammut

Maria Corsetti
La prima volta che ho avuto un libro di Antonio Pennacchi tra le mani è stato quindici anni fa. Me lo mostrò mio cugino Guido che lavora(va) alla Nexans, allora non ricordo come si chiamava (Alcatel? O ancora Fulgorcavi?). Il libro era Mammut. Guido mi disse che l’aveva rifiutato un numero importante di case editrici, mi sembra quarantatré. Il che mi ha dato l’impulso per scrivere, cosa che fino a quel giorno mi ero negata perché tutti mi dicevano che era una cosa impossibile. Iniziai con il settimanale La Piazza diretto da Pietro Antonelli. Un giorno entra Antonio in redazione. E Pietro: «Maria, ti presento Antonio Pennacchi». E io: «Lo scrittore!».  Credo che non abbia mai capito il perché del mio entusiasmo sfrenato nello stringergli la mano.  Ieri Piermario De Dominicis mi ha detto: «Adesso vedrai quanti cercheranno di cavalcare l’onda». Lo faccio io per prima: quando cinque anni fa ho pubblicato il mio libro, Doolin Street, Antonio mi ha scritto l’appendice. Per me è stato come vincere il Premio Strega.

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