venerdì 2 luglio 2010

CULTURA - Bravo Antonio



Lidano Grassucci
L’immagine dell’uomo nero che viene cacciato dalle paludi finalmente civilizzate è lì, sugli schermi di Rai 1. È la copertina del libro di Antonio Pennacchi “Canale Mussolini”. Seguo la vicenda, nel senso che c’è quasi un tifo per il verdetto finale. L’alternativa è Acciaio della Avallone che parla di fabbriche e di una città operaia. Ho tifato per Pennacchi, il suo libro è bello, interessante. Poi mi ci sono ritrovato per via della mia metà cispadana che emerge prepotente, di tanto in tanto, come l’isola Ferdinandea per poi sparire per un po’ in attesa del prossimo ritorno.
Guardo Pennacchi in trionfo, si vede che è emozionato, felice. Chi non lo sarebbe, beve lo Strega come sanno fare quelli che… anche l’alcol era alimento, quelli che vivono perché le generazioni precedenti le aveva salvate e condannate il vino.
Il libro è bello, da dignità letteraria a gente come i miei cispadani che di libri non erano proprio gran frequentatori. Nel romanzo ho trovato l’odore dell’acqua ferma, l’odore che aveva l’acqua che dopo averla cacciata nella bonifica “fermavamo” per irrigare e battere l’altro grande nemico degli uomini di questo maledetto posto: il caldo.
Davanti a Pennacchi c’erano i “signori”, bello vedere che premiavano un colono, che un colono batteva tutti, stupiva i signori. Chissà che cosa avranno pensato i miei connazionali cispadani rimasti nel Veneto di questa storia che ricorda antiche povertà davanti a inediti grassi egoismi di oggi. Mi sono gonfiato per Pennacchi: ho pensato a mia nonna Gilda che strappata dalla sua Piazzola sul Brenta l’hanno portata qui in un mondo straniero e poi la guerra le ha strappato anche il marito Graziano, ed è rimasta sola con cinque figlie femmine. Sola…
Non ci andavo tanto d’accordo con i miei cispadani, l’educazione anarco-lepina faceva premio al sangue bastardo che avevo.
Ma restavo e resto bastardo, meticcio, impuro… Sarà per questo che odio i fascisti e non amo i comunisti. Sarà per questo che resto senza patria.
La digressione è breve, poi vedo Antonio Pennacchi felice e penso ai tanti che continuano a dire che «a Latina non c’è cultura. Qui non succede nulla, vuoi mettere Roma». Non succede nulla? C’è uno che scrive la storia delle nostre genti, la radice di questo posto dove non dovrebbe esserci nulla e… vince lo Strega.
Ma è un caso? Qualche hanno fa lo ha vinto una ragazza, Melania Mazzucco. Il suo libro si intitolava Vita. Raccontava la storia di una donna di Minturno emigrata negli Stati Uniti. E non succede niente qui?
Pennacchi dice: «fate la Pontina, è un po’ messa male, ma attraversa un giardino. Noi abbiamo fatto un giardino. È vero, abbiamo fatto un giardino. Solo che molti che sono qui non se ne accorgono, non lo vedono, hanno smarrito gli occhi. Di Latina si è parlato in Italia per un signore che era “eletto” , cioè scelto, migliore di tutti noi che esprimeva livore verso un altro che non c’era e amore interessato verso le figlie. No, non è quello il volto della nostra gente. Pennacchi richiama la vicenda della Nexans, la sua fabbrica. Lui ha lavorato alla Fulgorcavi con le mani. Questo è un posto dove c’è dolore, odio, amore, fatica. Non è un angolo di mondo, è nel mondo.
Grazie Antonio. 

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