sabato 28 febbraio 2009

La città riformista

Lidano Grassucci


Non entro nel merito della conferenza del sindaco di Latina, Vincenzo Zaccheo. Lui ha, con passione, raccontato il suo lavoro, come immagina la città. Ha spiegato quel che farà. La cosa su cui voglio ragionare è una parola che dal ’93, in una conferenza di sindaci di Latina, non avevo più ascoltato. Massimo Rosolini, assessore all’urbanistica del Comune, spiega che l’amministrazione Zaccheo ha un rapporto “riformista” in materia urbanistica. Va avanti e non rinnega di venire dalla cultura “socialista”. Parla di un approccio laico alla città: “Abbiamo superato due ideologie: quella che voleva, in nome dell’antifascismo, distruggere la città di fondazione e quella, altrettanto radicale, che voleva ritornare alla città di fondazione”.
Rosolini parla di approccio riformista e laico rispetto alla città, per la prima volta parla di una città “accettata”. Di una città che è una, dalla fondazione ad oggi. L’amministrazione Zaccheo non chiede alla comunità di fare un esame di fascismo o di antifascismo, non vuole dare alla comunità un significato differente da quello di essere comunità.
Rosolini “uccide” anche l’idea “salvifica” che era stata attribuita al piano regolatore Cervellati, una operazione tutta legata a guardare la città che era stata e non alla città che sarà. Un tentativo con ottima pubblicistica quanto inutili effetti di nostalgia, un piano più moralista che morale.
Rosolini richiama l’esperienza di Salerno, dello sviluppo della città che nasce dalle parti per il tutto e non parte dal tutto per le parti.
Chiude questo intervento l’equivoco del “rifiuto” della città nuova da parte della città vecchia, ma anche quello della città nuova rispetto alla sua storia. Un filo contradditorio ma senza rotture.
Una sorta di pace urbanistica.
Rosolini viene dal socialismo liberale, dall’idea che l’utopia non giustifica sacrifici presenti. L’idea che bisogna cambiare il mondo non nel paradiso di domani, ma nella valle di lacrime presente. Un ragionamento sul presente e sul domani, scevro da uomini nuovi, da uomini con virtù eroiche.
Stanno pensando ad una città di uomini, semplicemente, normali.
La nostalgia di Finestra, il suo moralismo con tanta retorica del fascismo regime è finita, ora c’è una città italiana. Una città “riformista”.

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