mercoledì 17 dicembre 2008

Fini, Chiesa, Italia e Curia (editoriale del 17 dicembre)

di Lidano Grassucci


Credo che ieri Gianfranco Fini abbia dimostrato ad un paese di codini, di baciapile che si possa essere italiani in un altro modo. Il presidente della Camera ha spiegato che le reggi razziali non possono essere relegate nelle sole colpe del fascismo, ma che attecchirono nella società italiana e “nel silenzio della Chiesa”. ianfranco Fini con questa posizione diventa il continuatore della destra laica e liberale che, e scusate se è poco, hanno fatto l’Italia una e libera. I chierici subito sono insorti, hanno portato tante argomentazioni, ma il silenzio di Santa Romana Chiesa rispetto al genocidio resta preoccupante. Come è preoccupante quell’antisemitismo che sta sopito dentro la coscienza nazionale. Ci siamo, per troppo tempo, nascosti dietro l’idea di “italiani brava gente” che era autoassoluzioni. “Il giudio è perfido”, ancora adesso ridiamo di battute come quelle del marchese Del Grillo che non paga l’ebanista Piperno perché: “E’ vero o non è vero che gli avi tuoi hanno ucciso Cristo, e io posso sta’ ancora un po’ ‘ncazzato”. Nel film di Luigi Magni “Nell’anno del Signore” il cardinale spiega a Pasquino innamorato di una giudia: “Ti confesso un segreto, questi giudii sono essere umani quasi come noi”. Gianfranco Fini rompe un tabù, spezza tanta ipocrisia nazionale. Racconto questo perché solo anni dopo Giovanni Paolo II va in sinagoga al di là del Tevere e chiama fratelli maggiori gli ebrei.
L’altro giorno il Papa, Benedetto XVI, ha elogiato la separazione tra Stato e Chiesa. Ma quando lo dicevano i liberali italiani, i suoi predecessori non erano dello stesso avviso. Monti e Tognetti per dire che Roma era italiana e il Papa non era un Re ci persero la testa per mano del boia papalino (era papa Pio IX che volete fare santo).
Santa Romana Chiesa, caro Caliman è grande, tanto grande.
Non eccepisco su cosa ci sarà al di là, quando sarò dipartito, se credete andate dai sacerdoti a chiedere lumi, discuto delle cose di qua, di questo mondo e non sempre, nelle cose di questo mondo, la chiesa ci prende. Non ci ha preso quando era contro l’Italia, non ci ha preso con gli ebrei. Potrebbe non averci preso nelle dimensioni della curia a Latina. Se cerco Dio? Mi interrogo e, non avendo certezze sulla vita terrena, non ne ho su quella dopo, se c’è.
Un edificio grande, che cambia il volto della città ha bisogno di discussioni, tra uomini. Delle cose di Dio non so.

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