Lidano Grassucci
Adesso pure tu parli di calcio? Sì, ma non per il pallone, per la corsa ma per quell’Italia in mutande tanto uguale all’Italia vera, quella della fatica di tutti i giorni. In campo bravi ragazzi, ma un po’ su d’età, il capo poi è uno che era moderno la volta scorsa e non è Vittorio Pozzo figlio di una Italia agricola e caparbia. Siamo vecchi in quel campo in Sudafrica. Vecchi nelle gambe, vecchi nelle idee. Il signore canuto che dà ordini ai ragazzi mi pare simile ai generali francesi che attendevano tronfi i tedeschi sulla linea Maginot e quelli giravano per il Belgio e stavano già a Parigi.
Vecchi, davanti ad un mondo nuovo, vecchi di un paese vecchio e stanco.
Un paese che rinuncia alla fantasia, che ha paura di rischiare è un paese che non ha domani. Come la squadra di calcio.
Gentile aveva davanti Maradona, tutto era contro di lui: l’argentino era più veloce, aveva più classe, aveva più fascino, parlava con la palla. Tutto era contro Gentile, tranne Gentile. Dio Maradona non fece miracoli, i miracoli li fece il sacrestano, Gentile. Ma lui, Gentile, aveva voglia di vincere. Questa è la differenza, l’Italia è un paese di vecchi e giovani che non si sanno ribellare, che non sanno uccidere il padre.
Per questo questa squadra è un po’ triste comunque sia, Cassano è folle? Perché era sano Garibaldi? Balotelli è estroso? Perché era normale Enzo Ferrari?
Non vinciamo? Perché abbiamo paura.
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