martedì 24 febbraio 2009

Il nucleare torna sempre più Forte sul territorio

Alessia Tomasini
L’accordo c’è. Italia e Francia hanno sottoscritto il patto per il nucleare. Nei prossimi anni il Bel Paese vedrà risorgere centrali sul suo territorio a 22 anni dal referendum che chiuse le porte a questa forma di energia imponendo all’Italia uno stato di dipendenza da altri paesi europei per l’approvvigionamento. Una rivoluzione culturale si è compiuta. Il Lazio potrebbe essere tra le mete privilegiate per la resurrezione degli impianti. Un’ ipotesi sempre più accreditata che trova il via libera dell’Udc. «Il nucleare è una scelta inevitabile per l’Italia, per il Lazio e per questo territorio. E’ ormai evidente che la decisione effettuata venti anni fa è non è stata lungimirante sul piano dello sviluppo economico e sulla competitività di questo Paese». Il capogruppo regionale dell’Udc, Aldo Forte, non ha dubbi. Sul nucleare la battaglia a colpi di dichiarazioni è solo all’alba. Il fronte dei favorevoli sta aumentando ogni giorno. In un piccolo mondo, antico nelle posizioni e contemporaneo solo nelle ambizioni irrealizzate, riuscire a dire quale sia la posizione in merito ad una scelta che potrebbe coinvolgere il territorio che si è chiamati a rappresentare è di per sé eccezionale. Ma non mancano le precisazioni. Ogni progetto, e quello voluto dal governo Berlusconi di realizzare almeno cinque nuove centrali di terza generazione entro il 2020 non ne è esente, porta con sè una sorta di terrore. Un timore della crescita che passa per necessità sotto la spada del progresso e che invece si arena su quella della sindrome Nimby (ovunque purchè non nel mio giardino) e che evidenzia la piccolezza culturale di un Paese e di una provincia che vuole entrare nella macchina di un futuro fatto di sviluppo ma senza pagarne i costi. La posizione assunta dal leader dell’Udc si colloca su un campo minato. Al centro di due posizioni all’estremo. Da una parte quella del centrosinistra guidato dal presidente della Regione, Piero Marrazzo, e condivisa da tutto il Partito democratico pontino che osteggia il nucleare in tutte le sue manifestazioni. Dall’altra il centrodestra, di cui comunque l’Udc fino a prova contraria fa parte, che in provincia trova nel sindaco Zaccheo il grande oppositore ad un ritorno al nucleare che possa essere anche lontanamente targato Latina. «L’Udc non ha mai nascosto di essere favorevole al ritorno del nucleare, quale risorsa strategica per il Paese. Speriamo che la Regione Lazio non si lasci imbavagliare da visioni e pregiudizi ideologici portati avanti da chi - spiega Forte - ha cavalcato l’onda emotiva di incidenti in impianti non gestiti per la produzione di energia ma per fini militari». L’obiettivo è di creare centrali di terza generazione avanzata con raffreddamento ad acqua. Una delle principali caratteristiche è la maggiore sicurezza rispetto alle altre centrali della stessa classe. I reattori Epr hanno quattro sistemi indipendenti di refrigerazione d'emergenza (ognuno capace da solo di refrigerare il nocciolo del reattore dopo lo spegnimento); contenimento metallico attorno al reattore; contenitore e area di raffreddamento passivo del materiale fuso; doppia parete esterna in calcestruzzo armato spessa 2,6 metri e progettata per resistere all'impatto diretto di un grosso aereo di linea. «Quando gli impianti nucleari sono gestiti per la sola produzione energetica, sono altamente sicuri tanto che - spiega il capogruppo dell’Udc in consiglio regionale - il 70% del loro costo è solo per i sistemi di sicurezza». Dal punto di vista delle scorie, queste centrali non offrono particolari novità, se non la possibilità di processare le scorie in modo da separare le più pericolose, riducendo il volume complessivo. «Le centrali sono economiche perché nel costo dell’energia prodotta viene considerato il costo della dismissione dell’impianto e delle scorie. Speriamo – conclude Forte - che la Regione Lazio oltre a pensare alle energie alternative, consideri l’energia nucleare come la nuova vera alternativa». Ora? Non resta altro che capire come l’Udc riuscirà a coniugare questa posizione con i programmi sostenuti, e non solo a livello elettorale, dai colleghi del Popolo della libertà. Certo è che il primo reattore, politico, è stato innescato e le conseguenze per la tenuta del centrodestra sono tutte incognite.

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