martedì 24 febbraio 2009

Nexans blocca la produzione

Teresa Faticoni
La Nexans blocca la produzione. La società che a Borgo Piave produce cavi elettrici ha aperto la procedura di cassa integrazione per 162 dipendenti su un totale di 190. In sostanza tutti gli operai dovranno accedere agli ammortizzatori sociali. Una pesante tegola si abbatte sul mondo del lavoro pontino e un altro capitolo si scrive nell’ormai quotidiano bollettino di guerra che si registra nel panorama industriale di questa provincia. Ieri si è tenuto un incontro tra le organizzazioni sindacali e i vertici della multinazionale francese presso Confindustria Latina. La riunione si è chiusa con la mancata firma del verbale da parte dei rappresentanti dei lavoratori. La direzione dell’azienda di via del Crocifisso ha illustrato un drammatico scenario dovuto alla crisi globale ma anche alla caduta vertiginosa delle commesse, soprattutto quelle da parte di Enel. Da qui il ricorso agli ammortizzatori sociali. La multinazionale aprirà una cassa integrazione ordinaria, motivata proprio dalla drastica riduzione dei volumi produttivi, per 13 settimane a partire dal 9 marzo. L’articolazione vede una settimana al mese per l’amministrazione. Per quanto riguarda la produzione, invece, si parla del blocco quasi totale: resteranno in cassa integrazione 40 operai per oltre tre mesi. La rotazione sarà effettuata su due gruppi, ognuno dei quali resterà fermo per 6 settimane. Di più: nei quindici giorni a cavallo tra marzo e aprile è previsto lo stop totale di tutte le attività produttive del sito di Borgo Piave, lasciando operativi solo gli uffici commerciali e quelli tecnico-amministrativi. Le categorie chimici di Cgil, Cisl e Uil ritengono «indispensabile – si legge in una nota diffusa ieri -, vista la criticità della situazione, una verifica congiunta (con l’attivazione del coordinamento nazionale) sulla corretta e coerente applicazione del piano industriale presentato dai vertici europei della compagnia (per bocca del responsabile per l’Europa Y. Raak) ed accettato dalle organizzazioni sindacali come ultima spiaggia per evitare la chiusura dei siti italiani». Nello specifico della procedura di cassa integrazione i segretari di Filcem , Femca e Uilcem hanno espresso qualche perplessità in quanto dopo la fine degli ammortizzatori sociali non c’è la sicurezza di una piena ripresa delle attività produttive. In più, nello specifico, le modalità scelte dalla multinazionale per la gestione degli ammortizzatori sociali comporteranno ripercussioni negative sia sul piano economico sia sul piano normativo per i lavoratori impattati (riduzione consistente del reddito; trascinamenti su tredicesima e quattordicesima, ferie). Da queste considerazioni la conseguenza della mancata firma del verbale di accordo. I sindacalisti hanno chiesto ulteriori chiarimenti con un approfondimento circa la dichiarazione aziendale secondo la quale (contrariamente a quanto esplicitato nel piano industriale del 2006) lo stabilimento di Latina, senza Enel, non è in grado di sopravvivere in questa situazione di mercato. Nei prossimi giorni si terrà un coordinamento nazionale del gruppo ma prima di quella data in fabbrica si terranno le assemblee nei quali i responsabili decideranno con i lavoratori se intraprendere delle iniziative di lotta. «Una situazione complicata - commenta Luciano Tramannoni, segretario della Femca Cisl - in cui la mancanza di commesse da parte di un committente pubblico mette in discussione l’esistenza stessa dello stabilimento. Non sappiamo come andrà a finire, tutti sperano ripresa attività nel secondo semestre».

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