martedì 29 giugno 2010

L'ARCINORMALE - Nardone e il dono del senso buono



Lidano Grassucci

«Un disastro». Ha detto proprio così il commissario di governo a cui la sorte ha affidato la guida momentanea del Comune di Latina. Lui non è né di Moscardelli, né di Fazzone, né di Zaccheo. È un italiano normale, che di mestiere fa il funzionario dello Stato, e che valuta i conti. Dice «Una cosa così non mi era mai capitata». Ecco signor Prefetto, neanche a noi era mai capitato di assistere a questa follia che dal ’93 ci portiamo dietro. Questa follia di voler ritornare agli anni Venti. Questa follia dell’amministrazione immaginifica, che dimenticava il banale della realtà. Una follia che ci ha preso tutti, signor Prefetto, financo la letteratura che ha coniato la categoria del “fasciocomunismo” per significare l’originalità di questa esperienza politica. Un Comune pensato come iperStato capace di pervadere tutta la vita sociale, una collettività che vedeva nel Comune e nei suoi rappresentanti una riedizione di Santa Maria Goretti, o di Sant’Antonio da Padova. Tutto è stato dal ’93 a oggi iperbolico e inutile, un Comune-Stato di cartapesta però colorato e attrezzato di tanta passione. Abbiamo vissuto come gli abitanti di Rimini in attesa del passaggio della Rex davanti casa. Solo che qui non era la rotta dei transatlantici e neanche delle barchette dei vongolari. Lei, signor Prefetto, ci ha svegliato dal nostro delirio, si è reso conto di quel mostro che abbiamo creato, unici al mondo, di traghettare nel secolo nuovo il peggio del secolo vecchio. Dovremmo essere studiati dalle facoltà di scienze politiche. Come un modello di quello che non si doveva fare. Lenin faceva l’elettrificazione delle campagne e noi volevamo mettere le rotaie in tutta la pianura, Stalin teorizzava il socialismo in un solo Paese e noi abbiamo teorizzato il ritorno al fascismo in un solo Comune. Lei signor Prefetto non ha davanti a sé il bilancio di un Comune, ma il delirio di una comunità, la sua follia tradotta in disastro numerico. Altro non posso dire se non ringraziarla per questo caffè che ci ha regalato, nella speranza di riuscire da qui a meno di un anno a ritrovare le coordinate per tornare a essere cittadini italiani, come tutti gli altri sessanta milioni di nostri compatrioti. Con un sindaco normale, con un Comune normale, con servizi normali e con il rispetto delle autonomie proprie di una città. Spero che da lei in poi avremo un Comune più piccolo in una città più grande. Che ha un solo nome, Latina, e che ha parchi intitolati a persone normali, a cittadini illustri e si tolgano scritte ipocrite di vecchi dittatori come Parco A. Mussolini. Solo spazzando via questo ciarpame ideologico potremmo tornare a essere quello che vogliamo essere e che possiamo essere: cittadini liberi in una libera Repubblica e non avanguardisti di una farsa. 

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