venerdì 1 gennaio 2010

La storia del socialismo italiano non è una storia di tangenti


Una testimonianza personale dopo l’editoriale di Lidano Grassucci

 Orfeo Notaristefano,
“Un’autostrada per Craxi”. Mi sono commosso l’ultimo giorno del 2009 nel leggere l’editoriale di Lidano Grassucci. Combinazione, il giorno precedente, ospite a Canale Italia, avevo sostenuto la stessa posizione. Come se ci fossimo messi d’accordo. Purtroppo, l’ultima fase della storia politica e umana di Bettino Craxi è stata obiettivamente brutta. Il sistema delle tangenti era diventato insostenibile dal ‘sistema Italia’. Non reggeva il Paese. Craxi ha avuto le sue responsabilità, ma al pari dei leader nazionali di Dc e Pc (poi Pds) dell’epoca. Al pari. Ma ha pagato solo lui. Assieme ad altri esponenti socialisti che, travolti dall’ondata giustizialista, o si sono suicidati o sono morti d’infarto, come Vincenzo Balzamo.
Quando ero all’Avanti!, la sera veniva a farmi compagnia Sergio Moroni, allora deputato e responsabile nazionale della Sanità del Psi. Si è sparato un colpo alla testa in cantina nella sua casa a Brescia. Non ha retto l’impatto di un avviso di garanzia. Gli avvisi di garanzia venivano dispensati in abbondanza e, in quel momento, corrispondevano a una condanna preventiva. I TG del gruppo Mediaset erano schierati con il pool di ‘Mani pulite’, erano la loro cassa di risonanza.
L’ondata giustizialista non è finita. A dieci anni dalla morte di Bettino Craxi, la violenza verbale di alcuni personaggi è la stessa di allora. In più, esiste oggi un partito, “L’Italia dei Valori”, di cui non si capisce a quali valori si riferisca, visto che, per arrivare all’8 per cento alle ultime elezioni europee, ha imbarcato dentro personaggi che, nella prima Repubblica, erano stati condannati per corruzione nella Pubblica Amministrazione. A dimostrazione che non viviamo in un Paese normale.
Pochi giorni prima che Bettino morisse ad Hammamet, a 66 anni, nemmeno un atto umanitario da parte dello Stato: non gli hanno nemmeno consentito di venire a morire in Italia, nonostante in tal senso si fossero espressi in tanti, compresi alcuni giornalisti de ‘l’Unità’, primo tra tutti Piero Sansonetti. Lo ha ricordato Peppino Caldarola su ‘il Riformista’. Invece estremisti e giustizialisti hanno ridotto la storia gloriosa del socialismo italiano a una storia di tangenti. Ma le cose non sono andate così. E lo dico da socialista nel PD.
A Lidano Grassucci, alla redazione e ai lettori de ‘il Territorio’ voglio portare una mia piccola testimonianza personale. A luglio del 2007, alla prima uscita di ‘Cocaina connection’, nella mia introduzione al libro affermavo, tra l’altro: “Ma un punto va chiarito: proprio a livello internazionale, cerano almeno tre motivi per cui faceva comodo fare fuori Craxi per via giudiziaria. Il primo motivo è da ricercare nellassunzione, da parte di Craxi, di una posizione non gradita agli USA sul modo di superare la crisi economica italiana di quegli anni e il forte dissesto dei conti pubblici. Il secondo motivo è nelle posizioni autonome di Craxi in politica estera e in particolare nello scacchiere del Medio Oriente. Il terzo motivo, quello di cui nessuno parla, è che, al di là della legge Iervolino-Vassalli, fondata sul principio che “è illecito luso di sostanze illecite”, Craxi tracciò una linea netta contro il traffico internazionale di stupefacenti. Per la prima volta nella storia dItalia, un politico di quel calibro parlava senza mezzi termini contro i narcotrafficanti e i loro complici. Dall84 all89, Craxi pronunciò otto discorsi in convegni, congressi, eventi diversi, tutti incentrati sulla necessità di stroncare il traffico internazionale di stupefacenti e sulla necessità di una nuova legge sulle tossicodipendenze. Craxi riferiva che i Presidenti di Paesi sud-americani, nel descrivere la drammatica situazione del narcotraffico, connesso a traffico darmi e guerriglie, sostenevano la sua posizione ferma contro i trafficanti di morte. Non sono il solo a pensare che, oltre a tutti i motivi su cui si è scritto e parlato, Craxi abbia pagato anche per questa sua estrema battaglia contro il traffico internazionale di stupefacenti. Il prestigio delluomo era grande in quegli anni. Occorre ricordare che l8 dicembre 1989 il Segretario Generale dellONU, Perez De Cuellar, lo aveva nominato suo rappresentante personale per i problemi dellindebitamento dei Paesi in via di sviluppo. Il leader socialista presenterà alcuni mesi dopo il suo rapporto, che costituirà la base della relazione che il Segretario Generale leggerà allAssemblea delle Nazioni Unite nel settembre 1990. Penso che cupoledi narcotrafficanti internazionali, connessi alle mafie italiche, abbiano individuato il pericolo di un personaggio come Craxi, che lanciava una sfida globale proprio contro di loro. E, di connessione in connessione, dal narcotraffico a pezzi di politica, da pezzi di politica a pezzi di poteri più o meno forti, viene il legittimo sospetto che quella era la migliore occasione per trasformare londata di tangentopoli in uno tsunami che, travolto il leader socialista scomodo, facesse tornare la quiete dopo la tempesta. Una quiete necessaria perché i grandi giri dei traffici di droga potessero riprendere come e più di prima, scampato il pericolo di azioni incisive che sicuramente Craxi avrebbe messo in atto. Ho riflettuto molto su questa storia. Essa testimonia che essere contro un sistema come il narcotraffico e le mafie comporta il pagamento di prezzi quasi sempre elevati. Altre volte si paga con la vita”.
Siamo nel 2010 e su tutto questo è sceso il silenzio. Donato Robilotta, esponente socialista nel PdL, intervenuto ad alcune presentazioni del libro, leggeva, condividendole, queste frasi dal mio libro, affermando: “In un Paese normale, Notaristefano doveva essere chiamato da un magistrato o da qualche organo dello Stato a spiegare queste sue affermazioni. Invece niente”. E infatti non è successo niente. Commentare è superfluo.
Tornando all’autostrada di Lidano Grassucci, come non ricordare che a Roma, durante la lunga stagione delle giunte di sinistra, la toponomastica dell’epoca ha consegnato alla città scelte a dir poco bizzarre: a Pietro Nenni è dedicato un ponticello invisibile sul Tevere, a Palmiro Togliatti una specie di tangenziale che va dalla Subaugusta a Ponte Mammolo, 10 chilometri precisi di strada. Senza il senso delle proporzioni. Chissà che ne pensano i compagni comunisti spagnoli che combattevano il regime di Franco o i compagni comunisti italiani che hanno fatto la Resistenza, mentre Togliatti era schierato con Stalin. Chissà che ne pensano.
Spero che Robilotta riesca a far intitolare a Roma una strada a Craxi, visto che è stato il primo a proporla. Spero che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a gennaio ristabilisca la verità sulla vicenda Craxi, durante gli eventi previsti, anche in Senato, per ricordarlo. Spero che Letizia Moratti superi gli ostacoli e intitoli una strada a Craxi, a Milano. Spero in un 2010 migliore degli anni trascorsi, in cui la cultura e la tradizione socialista, riformista, europea e libertaria abbia la sua giusta rivalutazione, e il revisionismo non c’entra nulla perché la storia socialista non ha bisogno di revisionismi. E, parafrasando Nanni Moretti, a Massimo D’Alema dico: “Continua a dire qualcosa di socialista”. E a fare qualcosa di socialista.

                                              

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