venerdì 27 marzo 2009

LA FORMICA ATOMICA - I carciofi de La Pallina

Lidano Grassucci
Di questi tempi i canali si riempivano. Quelli del consorzio chiudevano le paratoie e l’acqua cominciava a salire, all’inizio di aprile l’acqua stagna veniva coperta dal verde delle alghe che quasi ci camminavi sopra. Il canale sapeva d’erba, puzzava di vita. I pomeriggi vicino ai canali erano offesi solo, nel loro silenzio, dai rumori delle foglie degli eucalipti.
Forse è ancora così, ma io passo sui ponti con la macchina e non guardo più i canali. Passo veloce e sento l’odore dell’abitacolo. Non riconosco le stagioni, un mio amico al distributore mi ha regalato i carciofi. Mica mi ero accorto che era il tempo suo, di questi tempi i primi me li coceva nonna, fritti con l’uovo. Ero patito da piccolo e mi rafforzavano l’alimentazione. Il gusto amarognolo dei carciofi si scioglieva nel dolce dell’uovo e nel forte del sale. Era tempo che conoscevo, era finito il freddo e iniziava il caldo. Ti nascondevi dentro le scoline che cominciavano a sparire sepolte dal grano.
Perché racconto questo? Perché scriviamo pagine e pagine di cose eclatanti che sanno di niente e non raccontiamo più che il grano sta maturando e mangeremo anche il prossimo inverno, i carciofi sono pronti e faremo festa insieme agli amici nelle notti che si accorciano di primavera. Le cose normali, non raccontiamo più le cose normali. Non raccontiamo della nostra terra.
Il mio amico, si chiama La Pallina (perché da noi i nomi sono quelli che ti conquisti nella vita, come per i pellerossa), ieri mattina non mi ha regalato i carciofi mi ha ricordato quello che sono sotto questa giacca portata male, un contadino. E i contadini non capiscono di poesia, non comprendono di teatro, ma leggono l’aria. Noi La Jatuccia (è il nome della mia famiglia) dovremmo tornare a… leggere l’aria.
Leggono l’aria i contadini. E’ tempo nuovo, speriamo sia il tempo nostro.

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