mercoledì 25 febbraio 2009

La moviola non può essere cornuta

Maria Corsetti

E’ iniziato per caso. Sei a casa con la radio accesa e quella chiacchiera. Inizi la mattina con la rassegna stampa, durante la giornata rimane come un sottofondo. A ora di pranzo neanche presti troppa attenzione a quello che viene detto. Ma il messaggio subliminale penetra sottile e si incardina. Quando sono le due del pomeriggio non puoi fare a meno di seguire quanto accade nel mondo del calcio. Da più di qualche settimana seguo su Radio 24 le dotte riflessioni sulla moviola in campo. Si parlava di qualcosa del genere un’epoca fa, al Novantesimo minuto di Paolo Valenti. Chi se li dimentica quei pomeriggi così belli, dove ti facevano vedere i gol a raffica, che la prima volta che vai allo stadio ci rimani male perché a casa la partita si vede meglio. Torniamo al presente. Oggi i metodi di indagine sono sofisticatissimi in tutti i campi, ti beccano un assassino da un capello che gli è caduto venti anni prima. Tutti siamo altamente tracciabili, in tre secondi ti dicono dove sta il cellulare da dove chiami. Cotanta tecnologia, che non ci lascia un secondo in pace, non può inquinare i campi di calcio. Intendiamoci: a me non piace l’idea della moviola. Però è legittimo chiedersi perché il calcio deve fare eccezione sul resto del mondo. Altresì legittimo chiedersi di cosa si va a parlare durante la settimana se ogni decisione si rivela incontestabile. L’omino nero con il fischietto sarebbe solo il portavoce di una telecamera. Cadrebbe il mito dell’arbitro cornuto. “Moviola cornuta” non ci sta proprio.

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