mercoledì 9 giugno 2010

LA VIPERA - LA PARI DIGNITA’ NON SOLO QUANDO FA COMODO

Ci sono delle volte in cui mi guardo intorno e non capisco. Per anni, ormai ben più di un secolo, noi donne abbiamo cercato ed ottenuto, quasi completamente, l’equiparazione dei nostri diritti a quelli degli uomini, almeno sulla carta. Ci sono state manifestazioni, lotte anche dure, scioperi che forse oggi abbiamo dimenticato ma che hanno segnato nella storia un passaggio epocale, come in nessun altro periodo che la storia dell’umanità ricordi, o di cui sia certa, uomini e donne,  sullo stesso piano in termini di riconoscimenti da parte della legge per i diritti fondamentali di ciascun sesso. Diritti che non sono più differenziati quindi, ma comuni. Così sin dai primi articoli della Costituzione italiana si parla di stessi diritti e medesimi doveri dei cittadini ( uomini e donne) e di pari dignità. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Così la pari dignità sociale mi porta a pensare che se diritti e doveri sono i medesimi fra i due sessi lo sono e basta. Non mi spiego il motivo per cui ci si sta scaldando tanto sull’ipotesi, ormai oggi diventerà certezza, dell’innalzamento dell’età pensionabile delle donne a 65 anni. Come, non di più, non di meno, gli uomini. Parità, uguaglianza, hanno un significato che non si può interpretare a seconda dei propri interessi o delle questioni personali di ciascuna di noi. Dura lex sed lex, dicevano i nostri antenati e che lo si voglia o no, siamo noi che l’abbiamo  voluto, cercato conquistato a fatica, tutto questo. Cosa saranno mai cinque anni di lavoro in più dinnanzi a poter pretendere gli stessi trattamenti un tempo riservati ai soli uomini? Risulta anche vergognoso che si rischi una procedura d’infrazione onerosa da parte dell’Unione europea, se non verranno equiparati i limiti pensionistici anche in Italia  entro il 2012, come nel resto d’Europa. Ci sono volte in cui la donna, come nel famoso caso delle quote rosa, scivola tentando un passo indietro. Non va a conquistarsi ciò che vuole, che ha preso di mira: ma lo pretende con un escamotage, come se per quel particolare problema dimenticasse la sua pari dignità. Dimenticasse che per essere riconosciuta “uguale” agli uomini, molte di noi ci hanno perso la vita. Bastano 5 anni di lavoro in più per rimuovere tutto il sacrificio di chi ci ha portato fin qua?
chevipera@libero.it

5 commenti:

  1. Condivido appieno il messaggio della Vipera, che ancora una volta ha analizzato la questione con razionalità ed onestà mentale. E' difficile essere obiettivi quando ci sono in gioco privilegi acquisiti. Complimenti Vipera

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  2. non condivido che uguaglianza, pari dignità, stessi diritti etc etc significhino tassativamente stesse cose. la realtà e la vita ci mostrano che spesso (per non dire sempre) la donna è quella che lavora di più dell'uomo, in quanto ha anche il lavoro di casa, dei figli, dei genitori, dei suoceri della famiglia tutta. Ancora non si è raggiunta la parità in queste cose. E' sempre quasi tutto a carico della donna. Inoltre noi non abbiamo in italia un sistema di copertura sociali o assistenza sociale al patri di altri paesi europei, per cui non possiamo prendere sic et sempliciter una parità se non ci sono le altre condizioni essenzziali di e per la vita. Per quantop attiene poi al fatto che è l'Europa che ce lo chiede...ma quante volte abbiamo sentito che i nostri parlamentari e top dirigenti pubblici e privati vari sono i più pagati.. ebbene qui non c'è parità ed asdeguamenti da fare...??!!!. Concludo che in nome della parità ed uguaglianza non possiamo danneggiare le donne ulteriormente.. le economie e le uguaglianze vanno si fatte ma in altri settori evasione fiscale, occupazione, controlli spesa pubblica , etc etc

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  3. non condivido uguaglianza e pari dignità non significano stesse cose.

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  4. In astratto il principio sembrerebbe giusto, ma abbiamo pensato che la donna che lavora ha anche le altre incombenze/lavoro di casa: i figli, il marito, la casa, i suoceri, i genitori, la famiglia tutta, (non credo che vi risulti che gli uomini collaborino al 100% nella conduzione di queste cose). Inoltre il sistema assistenziale e sociale in Italia non si può minimamente parogonare a quello dei nord europei. L'europa non ci può obbligare a questa parità. Parità che il nostro governo non fa per gli stipendi dei parlamentari nazionali e regionali e per i top manager sia pubblici che privati, infatti anche per questi argomenti ci sono sono state reprimende europee "sulle nostre esagerazioni". Le economie e le uguaglianze vanno fatte in altri comparti: ad esempio, pagare tuti le tasse ed azzerare l'evasione fiscale, controllo dei costi nelle gare appalto di libera/urgente assegnazione (caste e cricche, sic!), sprechi nelle pubbliche amministrazioni e non impieghi produttivi. La parità non si può invocare ed applicare non considerando il contesto in cui verrebbe ad operare. Le donne hanno tutti i diritti ed obblighi degli uomini, ma non dobbiamo penalizzarle per questioni di principio non sorrette dal contesto sociale. Claudio

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  5. La pari dignita' comporta diritti e doveri. Le donne hanno diritto nei lavori domestici e familiari dell' aiuto dei propri compagni, hanno diritto ad avere l' assistenza sociale, hanno diritto ad essere pienamente riconosciute nell' ambiente lavorativo, hanno diritto alla pari retribuzione: hanno anche il dovere di avere lo stesso inquadramento degli uomini, altrimenti la pari dignita' sarebbe un tavolo con solo due gambe. Per riconoscere questo e' necessario una visione completamente diversa rispetto a quella che finora sia gli uomini e le donne hanno avuto e un soprattutto comporta un rispetto reciproco. Ultima riflessione: il problema della pari dignita' e dell' eta' pensionistica riveste solo un aspetto sociale, è meglio non mischiare in ciò la politica e soprattutto i politici: è solo tempo perso...

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