Lidano Grassucci
Che vuoi fare da grande? Il sindaco. Qualcuno dovrebbe spiegare che fare il primo dei cittadini di una comunità non è come partecipare al grande fratello o alla maratona di New York. Per fare il sindaco ci vuole l’età giusta, diciamo intorno alla maturità presenile (Di sindaci nonni già abbiamo avuto Finestra ed è insuperabile nel suo stile), bisogna essere contemporanei: diciamo intorno a 50 anni perché siamo in Italia, nel resto d’Europa avrei detto dieci anni di meno, ma noi siamo amanti dei senatori. Ma sopratutto bisogna avere una idea di città futura, bisogna immaginarla. Corona è stato forse (e lo dico da antidemocristiano) il più grande sindaco di Latina perché immaginava. Ha visto il teatro quando non c’era, ha visto il centro direzionale in un posto che era un paesone e non aveva neanche l’idea di essere città, ha sognato il nuovo non indulgendo nel passato, nel passatismo. Ha osato anche quando non era facile: pensare ai grattacieli quando qui c’era un campanile e un torre civica pure nana mica era facile.
Immaginare, insieme a Muzio, di fare una biblioteca in un posto “refrattario” ai libri, di farla non della parrocchietta ma di coinvolgere uno dei più grandi architetti del tempo: Stirling, era difficile.
Questo ci vorrebbe dopo 20 anni di intorcinamenti passatisti, di gamberi che muovevano indietro nella storia invece che andare nel verso giusto.
Ci vorrebbe un sindaco di “riconciliazione democratica”, di riposizionamento nel contemporaneo dell’unica città d’Italia, e del mondo, che alle soglie del 2000 si pensava al Novecento.
Questo ci vorrebbe e non una selezione del grande fratello, insomma ci vorrebbe un sindaco che si muove normale che non si immagina podestà, che non si sente doge, che programmi ma non sogni.
Ci vorrebbe uno che avesse il coraggio di dire che Latina è città del 2000, basterebbe.
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