lunedì 3 maggio 2010

LA VIPERA - The never ending story


aemme

 Chi poteva mai immaginare che per definire la lunga e contorta situazione penale di Roman Polanski ci si sarebbe dovuti servire del titolo di un film che non è certo del grande regista polacco, né del suo particolare e inconfondibile stile. Una storia infinita, la sua, interminabile, che dura dal 1977 quando fu accusato di aver stuprato una tredicenne, cui fece seguito una sua confessione. Rimase per 42 giorni in carcere , in California, ma fuggì poco dopo la sentenza per il timore di un aggravio di pena: in Francia prima e in Svizzera poi. Contrario alla richiesta di estradizione da parte degli Usa perché, dice, si basa su una menzogna. E Polanski a sorpresa esce dall’ombra (al contrario del suo ultimo film) e tuona: ”non posso più rimanere in silenzio: le autorità americane, che hanno chiesto la mia estradizione negli Stati Uniti, vogliono servire la mia testa su un piatto d’argento ai media di tutto il mondo”. Sarà, e decide di parlare col suo solito modo rilassato e composto che si ritrova poi nella maggior parte della sua produzione. Di fatto parla di sé anche nel suo ultimo film “L’uomo nell’ombra”, un thriller dove evidenzia il suo senso claustrofobico, cupo e pessimista nei rapporti interpersonali, nonché le storture di alcune inchieste internazionali, il rifugio in altri Paesi, per evitare l’estradizione o il carcere. Film vincitore del premio “Orso d’argento” di Berlino, per la miglior regia. Lui, al centro pure di una polemica su come abbia fatto ad ultimare il suo film se si trovava in carcere prima e agli arresti domiciliari poi, nella sua casa in Svizzera. Restano fermi, stabili, arroccati i suoi problemi giudiziari (nonostante pare essersi accordato ben 33 anni fa, con l’altra parte in causa). Resta una giustizia ( pure quella americana!) che doveva far seguire, ad un orrendo crimine, quale lo stupro, con tanto di ammissione del fatto, una condanna dura e definitiva (pure in contumacia) che si sarebbe conclusa con lo sconto della pena. Resta la sua lunga personale storia infinita. Nel comunicato stampa del 2 maggio, fa sapere che vuole solo essere giudicato onestamente, come gli altri. “Non chiederò pietà”. E se poco, poco abbiamo imparato a conoscere Polanski, attraverso i suoi films, siamo certi che non lo farà. Ma è probabile che diversamente da quanto teme, non sarà l’America a consegnarlo ai media, se per questa storia che non vede la parola fine, lui stesso non ha fatto molto per evitarlo. 33 anni di vergogna potrebbero essere abbastanza per decidersi di farsi processare: proprio come tutti.

chevipera@libero.it

Nessun commento:

Posta un commento