venerdì 23 aprile 2010

LA VIPERA - Una domanda in tedesco e una risposta in siciliano

aemme

Travisare il senso di una frase, di un discorso. A me sembrava un fatto episodico, qualcuno che non capisce cosa dici, cosa scrivi o cosa dicono e scrivono altri. Vedo, ahimè, reinterpretare pensieri ed argomenti a proprio piacimento assecondandoli alle proprie capacità o voglia di recepire un messaggio piuttosto che un altro. Un mio caro amico e giornalista, Franco Di Mare, mi disse un giorno che ciascuno legge e trova in ciò che dici e in ciò che scrivi quello che ci vuole trovare, magari anche a seconda del suo particolare stato d’animo del momento. E io rispondevo con vigore che non poteva essere così, le frasi formulate nella giusta maniera e con i corretti aggettivi, non possono lasciare spazio ad interpretazioni personali. Sono quelli i pensieri di chi scrive, e non altri, condivisibili o no, ma sono quelli. Un conto è avere un’idea diversa, un altro è travisare completamente il senso del discorso, reiventandone uno completamente diverso. Qualche anno più tardi un caro amico mi ribadiva lo stesso concetto. Scrivere è come in un film: ciascuno lo legge a suo modo e ne reinterpreta la trama a suo gusto, in base al suo pensiero e all’ umore di quel momento. Ma non solo in un romanzo anche in un articolo di mezza colonna. E così giorno per giorno, mi sono accorta di questa strana verità. Qualche volta chiedo conferma a chi mi sta accanto, di quanto ho sentito dire perché ho idea che altri interlocutori fraintendano il messaggio iniziale. I commenti al cinema o i racconti, i giudizi o le recensioni, ne sono la conferma. Addirittura a volte sento, vicini di poltrona, suggerire all’interprete quanto dovrebbe fare e qualche fastidio se i suggerimenti non sono ascoltati. Mah, un mondo sempre più strano, sembra che le parole siano come i tarocchi: ognuno le interpreta a modo suo. E costringe l’altro alla replica, ad un ennesima spiegazione. Che fatica!

chevipera@libero.it

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