martedì 9 febbraio 2010

L'ARCINORMALE - Ode a Giorgi e addio Lepinia



Lidano Grassucci
 

Titta Giorgi non sarà candidato nel Partito democratico alle regionali. Detta così è un evento con poco significato, una scelta personale, una scelta politica, una scelta tattica. Invece è una scelta epocale per queste terre, è il certificato di morte della lepinità. I lepini sono stati l’altra Latina, quella di sinistra, contadina, antica, riformista, libertaria, ribelle, colta davanti alla pianura industriale, codina, restauratrice di un passato inventato a tavolino, come la città. I lepini erano arditi complessi, quanto la pianura era piatta.
Dai monti veniva qui, al piano, la borghesia liberale, la classe dirigente politica, le imprese. L’industria meccanica pontina viene dalla eredità corese di Alessandro Marchetti, quello degli aerei, e così via. I lepini erano, sono stati Latina.
Guido Bernardi arriva al governo con la Dc e parte da Sezze, c’è Lelio Grassucci del Pci, il gruppo di Cori con Luberti sempre a sinistra. I sindaci di Latina vengono dai Lepini, i consiglieri comunali, provinciali. Ora? I Lepini sono marginali, periferia.
Mi direte: e cosa ci interessa? Il problema è che il passaggio non è  stato grazie ad un città, Latina, che assorbiva quella cultura, la macerava, la mischiava e ne faceva uscire una nuova hegelianamente superiore ma una corsa verso il nulla. La sinistra pontina è oggi la diversità morale della sinistra di testimonianza di Domenico Di Resta, è il cattolicesimo rigoroso di Claudio Moscardelli. Cose nobili certo, ma anche lontane dalla sinistra che si sporca le mani, dal riformismo del fare che è stato il valore aggiunto della sinistra di governo lepina. Quella sinistra che costruiva paradisi qui e non rimandava ai sogni virtuosi della rivoluzione o ascetici della religione.
La sinistra pragmatica è cancellata, ne rimane un residuo nella esperienza politica di Sandro Bartolomeo che non ha, però, lo spesso popolarismo.
La cancellazione della “diversità lepina” arriva dopo la fine della sinistra dei sindaci, della purezza comunista, del mancato confronto con l’esperienza socialista che pure nei monti lepini aveva trovato una delle personalità più innovative, penso a Massimo Passamonti da Norma. La sinistra lepina aveva anche un’altra caratteristica forte che quella di Latina non ha mai avuto: la consapevolezza di essere vincente, la non subalternità alla Dc prima, alla destra poi. Era orgogliosa, era fin troppo orgogliosa, tanto la sinistra di Latina è mite, seconda, subalterna.
Hanno escluso un candidato che sarà mai? No hanno negato una storia che, dal canto suo, si sta suicidando da tempo. I lepini sono, sempre più, una informe periferia di Latina stanno diventando quel che Spinaceto è per Roma. Solo che Roma è una capitale, Latina ancora non sa di essere una grande città. Si chiude un epoca di quella nuova non so dire.

Nessun commento:

Posta un commento