sabato 13 febbraio 2010

L'ARCINORMALE - Emma e Nathan che non c’è


 Lidano Grassucci
 Emma Bonino parla un italiano fluente, ricercato, quasi delicato se non fosse alzato dal tono di voce che sa modulare. Guardo, ricordo di quando leggevo di lei, di Adele Faccio, di Pezzana su L’Espresso. Divorzio, aborto, omosessualità, libertà civili. Ernesto Rossi e il culto della libertà. Capivo poco, ma mi facevano capire che la morale è cosa diversa dal moralismo. Poi guardo le facce della gente che sta lì, che è venuta a Latina ad ascoltarla .
 Lei parla di nucleare, di esempio di chi governa rispetto al ruolo pubblico che obbliga. Per un libertario è musica, poi vedo le facce di una sinistra stanca, di cattolici che mal digeriscono quella intraprendenza. Leggo tanto bisogno di certezze a fronte dei tanti dubbi che può dare un laico. Vedo gente che viene dal sindacato, dall’idea di tutelare il lavoro davanti ad un mercato cattivo, vedo facce di chi legge la società dei diritti e meno la civiltà dei doveri. Penso a Ernesto Rossi, alle sue battaglie civili contro l’integralismo comunista, cattolico, marxista. Lei affabula una platea che forse la comprende meno. Le donne si fanno la foto con lei, come fosse una eroina, le imprenditrici di Aprilia le portano un dono. Guardo, e penso a quella idea azionista di un’altra Italia, laica, liberale quella Italia fuori dalle fedi manichee, l’Italia del merito. La ragazza che presenta spiega che lei, la Bonino, è vicepresidente del Senato, ed aggiunge “questo mi pare importante”. La ragazza insiste: è stata commissario europeo “e questo mi pare importante”. Mi vengono in mente i generali sovietici che alla parata del primo maggio sulla piazza Rossa mostravano il petto medagliato, no non sono importanti quei titoli ma le sue battaglie per le libertà, ma non si possono dire perché liberali. Sognavo una Italia libertaria e laica, mi esaltavo quando Emma e i radicali mi parlavano di Ernesto Nathan, sindaco laico di una Roma italiana da costruire. Avrei voluto che qualcuno lo ricordasse, Emma come Ernesto come la continuazione di quella battaglia risorgimentale che liberò noi laziali dal Papa re e il Papa dalla schiavitù di un regno. Quel percorso di libertà che giovò a tutti, laici e cattolici. Ma contano gli incarichi, il potere esercitato.  Avrei voluto sentirle dire: toglierò il Lazio dalle grinfie del generone romano, dai poteri chierico trasformisti che uccidono Roma e il Lazio. Ma non l’ho sentito. Emma non è l’erede di Ernesto Rossi, di Nathan è la vicepresidente del Senato, se questo è, è poco interessante, se vale la prima sarebbe una rivoluzione.

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