Massimo Passamonti
Non avrei mai voluto che il motivo per scrivere queste righe fosse una profonda delusione. La profonda delusione di leggere la risposta di Giorgio De Marchis all'invito rivoltogli dal direttore Grassucci a farsi promotore della proposta di dedicare una via o un parco della nostra città a Bettino Craxi.
Invocare, come ha fatto De Marchis, una sorta di franchigia che lo esenterebbe dal giustificare le proprie scelte politiche e che gli si dovrebbe riconoscere per aver dimostrato coraggio nell'aderire al Pds nel 1993, non sembra proprio un argomento utile a schivare la proposta di Grassucci. E ha fatto bene il direttore a ricordare all'ex segretario provinciale della federazione socialista della provincia di Latina, che con quella scelta, in quel periodo, l'unico coraggio che si dimostrava è stato quello di mettersi bellamente alle spalle quattro o cinque anni di convinta militanza socialista e craxiana pur con tutti i distinguo che sulla linea del segretario nazionale nella federazione di latina si manifestavano in quegli anni e che Pasquale Gagliardi ha ricordato nel suo intervento.
Posporre poi la responsabilità al coraggio di assumere una iniziativa che avrebbe poi il merito comunque di aprire una discussione su quindici anni della nostra storia, non appare proprio ontologicamente corretto venendo qualsiasi responsabilità dopo e sempre una scelta compiuta o una posizione assunta.
Ebbene dopo tanti anni ormai De Marchis e tutta una generazione, sta perdendo l'ennesima occasione per spiegare e motivare un percorso che certo poco ha avuto a che vedere con una politica riformista e con una sua traduzione nelle nuove formule e formulette, sigle e siglette di cui e' costellata la recente storia degli epigoni del vecchio Pci.
Sarebbe stato invece assai interessante approfittare di un dibattito per una strada da intitolare a Bettino Craxi per capire e approfondire un percorso che ancora risulta oscuro a chi ha veramente creduto nella possibilità di cambiare la società italiana riconoscendo i meriti dei singoli e i bisogni collettivi, dialogando laicamente con i movimenti e ammodernando il nostro sistema per renderlo più' vicino alla gente.
Non ce ne voglia allora Giorgio De Marchis se anche su questo tema, per carità nemmeno lontanamente paragonabile alle grandi battaglie di civiltà che la sinistra pontina ha combattuto (sic) in questi ultimi anni, ancora una volta non ci sarà dato di capire quale sia la posizione di ex socialisti e di ex comunisti. E anche le facili battute sulla collocazione naturale dei socialisti sembrano battute più che una seria riflessione sulla compiutezza di un sistema democratico che certo non ha consentito scelte sulla base della pura teoretica politica ma piuttosto solo sulla convenienza del momento. E proprio dal 1993 in avanti e proprio dalle nuove sponde di De Marchis se ne sono viste delle belle in quanto ad illusioni e pastrocchi.
E allora? Allora meglio fare appello al sindaco Vincenzo Zaccheo. Un appello anche in memoria del primo Presidente del consiglio incaricato che ricevette una delegazione dell'allora Msi aprendo il primo vero sdoganamento della destra italiana.
E il sindaco se si facesse promotore quanto meno di garantire una discussione sul ruolo politico di Craxi, darebbe un altro segno di come il primato della politica sia un valore da ripristinare e che da solo può spiegare come su questo argomento e su qualunque altro aspetto della vita concreta di una società siano forse più importanti le motivazioni delle scelte che si compiono piuttosto che rappresentare uno stucchevole impegno ad inseguire problemi e a non proporre soluzioni.
In questo, anche in questo, i ritardi dei pochi De Marchis rimasti sono sempre più drammatici.
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