venerdì 8 gennaio 2010

Craxi

Fabrizio Bellini
Benedetto Craxi, detto Bettino, accumulò nella sua vita le seguenti condanne confermate in Appello: 3 anni, finanziamento illecito Enimont – 5 e mezzo per tangenti Enel - 5 anni e 9 mesi , Conto Protezione. La Cassazione confermò altri 5 anni e 5 mesi per le tangenti Eni-Sai e 4 anni e 6 mesi per quelle sulla Metropolitana milanese. Finanziamento illecito All- Iberian, prescritto. Totale, 24 anni e un mese. Mica poco! (fonte: Luigi Ferrarella, Corriere del 3 gennaio scorso). Nel luglio del ’95 prese un volo per la Tunisia e vi rimase fino alla morte. Dieci anni fa. L’8 settembre 1835 Giuseppe Garibaldi si imbarcò sul “Nautonnier” alla volta del Sud America. Era inseguito da una condanna a “morte ignominiosa” come nemico della Patria e dello Stato “incorso in tutte le pene e pregiudizi imposti dalle regie leggi contro i banditi di primo catalogo” . E vi rimase fino al 1848, anno in cui ritornò in Italia. E qui finisce quella che il carissimo Pasquale Gagliardi chiama “l’oggettività della storia”. Il resto, ovvero il fatto che, a parità di condizioni, Garibaldi sia stato definito, esule e Craxi, latitante, attiene al giudizio storico. Che rimane un’opinione, documentata sì, ma sempre opinione. Su Garibaldi la storiografia è ormai consolidata e le suggestioni revisionistiche, di matrice leghista, che tendono a modificarne l’indirizzo, non trovano molta accoglienza. Su Craxi, no. E’ troppo presto, ancora non è stata prodotta una storiografia sufficiente. I documenti ufficiali non sono del tutto accessibili e moltissimi protagonisti di quegli anni sono ancora vivi e tengono più a una ricollocazione di se stessi che all’accertamento dei fatti. Diciamo che per adesso molte sono le memorie e pochissimi gli studi. Ad oggi prevalgono le emozioni. Il nostro comune amico Lidano Grassucci ne è il campione. Orfeo Notaristefano lo segue da vicino. Anch’io non scherzo. Non è un delitto, anzi vuol dire che la lealtà e i sentimenti ancora esistono. E’ una cosa bellissima, comunque la si guardi. Dall’intervento di Gagliardi traggo una frase che, in realtà, non mi sarei mai aspettato di leggere in una analisi critica del “personaggio” Craxi: “ditemi “qualcosa di socialista” fatto da Craxi”. Ora, io non so decidere cosa sia socialista e cosa non lo sia ma, probabilmente, qualcuno lo sa. A me viene in mente, così, tanto per dire, che il 14 febbraio 1984 (Ministro del lavoro, Gianni De Michelis) il Governo emanò un decreto che tagliava tre punti di scala mobile. Forse oltre che socialista, direi, rivoluzionario. Fu la prima e credo, l’ultima volta: un Governo che delibera in materia di contratti di lavoro non si era mai visto. E poi, siccome Bettino era tenace, l’anno dopo ci vinse pure il referendum voluto dai comunisti. I vecchi come me ancora se lo ricordano in televisione, bianco e nero, primo piano stretto, con le sue frasi topologiche rallentate da ritmi più che messianici, a dirci, “non perdete tempo, andate al mare”. Profetico, rispetto al valore reale che poi hanno dimostrato i referendum. Per inciso, la sconfitta del Pci seguiva “la marcia dei 40.000” di Torino. Due momenti, sciopero e referendum, per capire chi aveva veramente compreso l’animo e le esigenze dei lavoratori. Che c’è di più socialista di questo? Quando Craxi lasciò Palazzo Chigi nell’87, ci furono le elezioni e il Psi prese il 14,3% dei voti. I comunisti il 26,6%. Dal 34,4 del ‘76. L’8% perso durante il decennio del tanto celebrato Berlinguer. I socialisti quasi 5 punti percentuali in più. Capire e difendere i lavoratori, garantire l’occupazione, battere la demagogia,  è da socialista? Beh, allora Craxi lo fu. Mi ricordo anche un altro momento: il Concordato del 14 febbraio 1984. Se l’intervento della Chiesa nella società italiana è disciplinato e contenuto nell’ambito dei richiami morali, se è cresciuto uno spazio sempre più compiuto di autonomia intellettuale, se si è sviluppato uno spirito di accoglienza critico, insomma, se la parola, laico, ha assunto una connotazione positiva, credo che il merito vada in qualche misura ricondotto a quell’accordo. Era nelle corde di un socialismo laico e riformista? Se sì, allora Craxi fu anche questo. Potremmo continuare così analizzando minuto per minuto tutta l’azione dei governi Craxi. Cercheremmo di capire le ragioni e lo spirito della notte di Sigonella, dei missili Cruise a Comiso, della politica mediorientale, della crescita del pil al 2,5% rispetto a una media europea dello 0,8, della riduzione dell’inflazione al 4,6%, dell’approdo nel club dei sette paesi più sviluppati della terra e tanto altro, ma a che servirebbe? Ogni cosa che ho citato possiede al proprio interno una chiave di lettura diversa e contrapposta. E ogni situazione ha una matrice più articolata e complessa. In molti, poi, direbbero: sì, ma ha rubato, o meglio, ha permesso che altri rubassero. E allora? Allora di certo c’è solo il fatto che oggi il nome di Bettino Craxi fa discutere. Divide, fa paura. Io credo semplicemente perché ci costringe a stilare un bilancio consuntivo del secolo appena trascorso nel quale gli anni ottanta rappresentano contemporaneamente il decennio conclusivo e le premesse del terzo millennio. Ovviamente non è un pensiero mio, mi piacerebbe. È di Eric Hobsbawm che, stupendamente, racchiude il ventesimo secolo tra la rivoluzione russa del 1917 e il crollo del muro di Berlino dell’89. Il secolo del comunismo, appunto, un secolo breve, ringraziando Dio. Nascita, sviluppo, agonia e morte di una ideologia perniciosa che sopravvive solo nelle turbe notturne di qualche disperato rimescolatore della politica nostrana e che rimpiange ancora i cospicui finanziamenti dell’Unione sovietica. Oltremodo illeciti perché furono utilizzati da uomini delle Istituzioni all’interno di un Paese Nato. Bettino Craxi è stato quello che, alla fine, ha tirato il grilletto. Le tangenti hanno comprato la pistola. Può essere amato da chi, con la testa cosparsa di cenere e l’abito del liberale convertito, ancora pretende di indicarci la via? E’ difficile anche per socialisti romantici dimenticare che il comunismo nasce da una loro costola, che ne sono stati lungamente sodali e che, pur senza accettarne i metodi, ne hanno condiviso buona parte dei principi. Difficile, se non ricorrendo al decennio purificatore Craxiano. Ma si ripetono i tantra dipietreschi: ha rubato e fatto rubare. Su questo punto c’è poco da dire, parlano le sentenze. Sul perché è accaduto, a che fine e in quale contesto,  invece, bisognerà scrivere molto. Qualcuno riuscirà a ricondurre Bettino Craxi nella dimensione internazionale che pure gli appartiene. Tra i contemporanei Reagan e Thatcher, tra Gorbaciov e Arafat, cioè tra i capisaldi e le colonne del mondo così come oggi lo conosciamo. Che ci piaccia o meno. Ci spiegherà così che le categorie di giudizio relative a certi personaggi non possono essere esclusivamente quelle tradizionali, che sono più problematiche e meno limpide e soprattutto che non possono essere affidate a un esagitato incolto di Montenero di Bisaccia. E’ giusto dedicare una strada a Craxi? Non lo so. So solo, e qui torniamo all’oggettività della storia, che il 29 luglio 1900 Gaetano Bresci ha sparato al Re d’Italia Umberto I e lo ha ucciso. Carrara gli ha eretto un monumento e Prato gli ha dedicato una strada. E’ giusto? Non lo so. E’ pure accertato che Giovanni Giolitti fu implicato nello scandalo della Banca Romana. Francesco Crispi e la moglie pure. A loro sono intitolate le più importanti strade d’Italia. Giuseppe Mazzini ha passato più tempo in carcere che in libertà e in ogni città o paese italiano esiste una piazza Mazzini. Giustamente. Ma che vuol dire? Solo che esiste una verità giudiziaria, processuale, e una politica  e che entrambe non riescono, da sole, a definirne una storica. E ove questo, astrattamente, fosse, sarebbe impossibile farla rientrare compiutamente nella dimensione morale di un protagonista del tempo moderno. Questo è il mio pensiero razionale e anche la non richiesta risposta a Luigi Ferrarella: le sentenze valgono anche moralmente, ma non sempre, non in ogni momento e non per tutti. E’ la storia, alla fine, che decide. In un altro tempo. E allora, mi sollecita Lidano, tu la vorresti o no, via Craxi? Con il cuore dico sì, anche qualcosa di meglio: un pantheon dedicato a chi ha combattuto il comunismo in ogni tempo e con ogni mezzo, lecito e illecito, perché il rischio è stato enorme e l’insuccesso sarebbe stato mortale. Noi il muro non abbiamo dovuto abbatterlo perché in molti hanno impedito che fosse costruito. Tra gli “illeciti” troverebbero posto anche Bettino Craxi, Severino Citarristi, Mario Tanassi, Raul Gardini, Gabriele Cagliari Sergio Moroni e tanti altri. Primo Greganti e Mario Chiesa farebbero gli uscieri. Di Pietro potrebbe staccare i biglietti all’ingresso. Nulla di più.

Nessun commento:

Posta un commento