Fabrizio Bellini
Ce n’era veramente bisogno. La lettera che il Presidente Giorgio Napolitano ha inteso inviare pubblicamente alla famiglia Craxi, pesa più di un discorso alla Nazione. E’, a mio avviso, un discorso alla Nazione e come tale andrebbe accolto. Dà la dimensione e marca lo spessore dell’uomo che l’ha scritta. L’ho letta almeno dieci volte e ogni volta ci ho trovato un nuovo e più profondo significato. Invito tutti a farlo. Non basta una semplice lettura, occorre una riflessione profonda, libera da pregiudizi e da epidermiche antipatie. Certo, l’interpretazione complessiva attiene alla sensibilità di chi legge, ma dalle righe comunque emergerà potente la forza, il coraggio e l’onestà di un uomo che non ha esitato a sottoporre al giudizio dei suoi contemporanei il senso e i limiti anche di gran parte della sua personale vicenda politica. Nell’affidare definitivamente Craxi e un intero quindicennio del secolo scorso, al giudizio terzo della storia, il Presidente ha chiesto all’intero Parlamento di anticipare una conclusione su quegli anni tormentati e difficili per rimuovere le insufficienze e i ritardi che ancora gravano sugli equilibri tra i Poteri dello Stato alterando il leale svolgimento del percorso istituzionale che l’Italia si è liberamente scelto. Andrebbe ascoltato. E non importa se una piccola parte della rappresentanza politica si ostina in una inutile e astiosa attitudine che non esce dallo schema minuscolo della semplice contabilità giudiziaria. I grandi uomini appartengono alla storia ma alcuni, per grazia di Dio, sono ancora fra noi. Guardano oltre, là dove la scia dolorosa del tempo si confonde con il senso delle passate ragioni. Ad uno di questi, il Presidente Giorgio Napolitano, il mio deferente omaggio
martedì 19 gennaio 2010
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