martedì 5 gennaio 2010

Cassa integrazione, novembre di passione

Teresa Faticoni
In un solo mese le ore di cassa integrazione nel Lazio sono aumentate del 149,7%, con 27mila lavoratori in più interessati. Il periodo di riferimento va da ottobre a novembre 2009. La Uil nazionale ha effettuato uno studio sulla cassa integrazione e sull’impatto sociale che essa ha. In sostanza: quante sono state le ore di cassa integrazione autorizzate e quanti lavoratori hanno coinvolto? Partendo da questo si può descrivere, in parte, l’andamento della crisi anche in provincia di Latina. «Una crisi – commenta Luigi Garullo, segretario generale della Uil di Latina - che ci ha impattato a livello internazionale, ma qui non ha avuto un effetto choc. Venivamo già da 4 anni di imponenti ristrutturazioni industriali. Lo choc c’era stato negli anni precedenti. Abbiamo avuto un anno difficile, ma abbiamo assorbito la crisi in maniera cruenta». E andiamo allora a vedere cosa significa confrontando il novembre 2008, quando ancora non erano scoppiate le finanziare americane, e il novembre 2009. Le ore di cassa integrazione ordinaria, cioè quella cui gli imprenditori fanno ricorso per superare un periodo che si prevede breve di calo di produzione, nel 2008 erano 3.613. Nel 2009 ne sono state autorizzate 73.229. Un incremento pazzesco. Diminuiscono, invece, le ore di cassa integrazione straordinaria e straordinaria in deroga, cui fanno ricorso quelle imprese che non avrebbero accesso per legge agli ammortizzatori sociali. Nel novembre 2008 erano 233.146, un anno dopo erano 217.311. Mentre due anni fa erano coinvolti in provincia di Latina 1.393 lavoratori, l’anno scorso sono saliti a 1.709. Più 22,7%, dicono le statistiche. 316 famiglie con uno stipendio ridotto e in alcuni casi con le speranze di tornare al lavoro ridotte al lumicino. Perché nel calderone bisogna inserire anche, per esempio, i dipendenti della ex Granarolo, che visto come stanno andando le cose non hanno nessuna speranza di tornare a produrre mozzarelle Pettinicchio in via Appia. Sono stratagemmi squisitamente sindacali con i quali prendere un po’ di tempo. Quello che resta, in alcuni casi, è solo lo sfruttamento all’osso dei soldi pubblici e niente più. Tornando alla ex Granarolo: non si hanno notizie di imprenditori pronti a rilevare un sito che sta andando alla malora; non si sa che fine abbiano fatto le promesse e gli intenti; non è pervenuto niente fuori che sostegni. La ricetta? «Abbiamo usato – dice Garullo – tutti gli strumenti sociali a disposizione. Adesso bisogna pensare a rimettere in moto meccanismi virtuosi. Per esempio sfruttare la spinta di alcune opere pubbliche che stanno partendo, come la metro leggera». Garullo parla chiaro: per ricominciare a volare bisogna riportare appetibilità territoriale. Il segretario della Uil nel recente congresso del sindacato di via Filzi ha proposto di mettere a disposizione degli imprenditori i siti dismessi, per riconvertirli. Magari con un occhio alle energie nuove, senza perdere di vista che i servizi agevolati alle imprese sono quelli che rendono attraente un territorio. Strizzare l’occhio, dunque, non basta. «Perché non partire dalle cose semplici?» propone Garullo. E perché no allora?

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