sabato 5 dicembre 2009

Italia senza più audacia



Lidano Grassucci


Il mio amico Enzo Eramo (adesso fa il capogruppo del Pd in Provincia) si è meravigliato subito: «ma sul giornale hanno scritto che l’Italia dopo il girone favorevole avrà la sfortuna di incontrare in semifinale o il Brasile o la Spagna, ma che vogliamo vincere senza giocare». Lo ascolto e non posso dargli ragione, sarà per il fatto che sia io sia lui nascemmo contadini e la vita ci si presentò, da subito, in salita. Tipo: girone di ammissione con il Brasile, primo turno con la Spagna. Sarà per quella storia delle origini che questa storia della finale della coppa del mondo ci pare una stupidaggine, una colossale presa in giro. Se sei il più forte del mondo devi poter, e saper, battere tutti. Come i contadini che vivono tanta fame da far diventare i figli ingegneri. I giornalisti sportivi hanno commentato il fatto dell’Italia con l’ignavia di un paese senza coraggio, senza la forza di darsi sfide audaci. Negli anni ’60 ci pensammo grandi ed eravamo miseri ma abbiamo vinto, siamo diventati grandi sul serio. Oggi siamo grandi, ma abbiamo paura e la paura è dei mediocri.
Guardate questa nostra città con le sue sfide minime: la sosta a pagamento nel centro perché c’è in tutta Italia; l’università piccola e gregaria di quella di Roma; gli addobbi di Natale miseri come un pianto; le nostre scuole che fanno il loro, senza sognare.
Siamo tutti italioti che vogliamo vincere il campionato del mondo senza giocare, a tavolino.
I nostri figli? Bravi ragazzi, educati, anche preparati ma… senza sogni, senza ardire, senza utopie.
Eravamo brutti (forse Enzo Eramo un po’ meno), un po’ tanto ignoranti, eravamo impacciati, eravamo sgraziati. La nostra lingua era di saggi ignoranti di campagna, un po’ suoni gutturali, un po’ saperi antichi. Ma quando sognavamo pensavamo a un 10 a zero con il Brasile, a una distruzione totale della Spagna. Ci pensavamo primi, primi rispetto a quelli della città, primi rispetto ai figli dei signori, primi pure rispetto ai professori. Primi.
Adesso: vorremmo vincere senza giocare. Noi volevamo vincere giocando e facendo pure le “micche” (trad. barando), ma giocando.
Mai evitati gli avversari, mai. Quando i ragazzi di Destra vennero a “riconquistare” il Grassi che avevamo occupato noi dei collettivi li abbiamo affrontati di petto, mica ci siamo chiesti se era facile.
Questo paese è vile, ha ragione Enzo Eramo, siamo senza speranze.

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