martedì 15 dicembre 2009

Aero Sekur, l’Aprilia che non ti aspetti


 Lidano Grassucci
 La strada è piena di buche, intorno è uno scenario da day after. La macchina bassa fa sentire secche le buche. I cartelli che indicano le fabbriche sono quasi divelti, i nomi in inglese sugli stessi debbono essere figli di un folle. Nulla qui è anglosassone. Il cartello che indica l’entrata dell’Aerosekur non è piu’ dritto, testimonia piuttosto virilità andate per età. Il gabbiotto dell’ingresso è anonimo, anche i capannoni sono quelli a cemento a vista. Anonimo, come questa periferia urbana che è diventata Aprilia. La giornata è uggiosa e di bello c’è poco, anche il clima natalizio è meno.
Entriamo, arriva una botta di colore ci presentano dei gommoni gialli “Servono per far galleggiare gli elicotteri”, e ci sono gli elicotteri in foto. Si gonfiano con complessi sistemi che trasformano la leggerezza dell’involucro in gigantesche zattere e gli elicotteri da sette tonnellate non affondano. Poi i paracadute che “frenano” gli Efa, i caccia di ultima generazione delle aeronautiche italiana, tedesca, e britannica. Ci sono i pantaloncini che indossano i piloti dei Tornado, si gonfiano per contrastare l’effetto della gravità sulla circolazione del sangue. A quel punto ti dimentichi il degrado che c’è fuori, non ricordi piu’ la botta alla schiena delle buche, gli attentati agli ammortizzatori di quella campagna violentata. Sei su un altro mondo. Silvio Rossignoli, presidente dell’azienda spiega: “qui non delocaliziamo niente, facciamo tutto in casa”. Niente Cina insomma, e ci sono le operaie tessili che lavorano con la macchina da cucire i paracadute: sono vestite di celeste, le macchine sono grigie, e le zattere che si gonfiano sono gialle. Una esplosione di colore dentro i capannoni, quanto tetro era l’esterno. Con noi c’è il sindaco di Aprilia, Domenico D’Alessio, il direttore della Federlazio, Antonio Di Micco. Ecco, gli scivoli degli aerei di linea, quelli che ti fanno vedere nelle immagini a corredo della spiegazione delle hostess sulle norme di sicurezza dell’aereo, quelli che in pochi ascoltano e quei pochi non trovano in quelle indicazioni conforto alla loro prospettiva di vita nel futuro immediato. L’ingegnere spiega “Sono attivati da un sistema che agisce in pochi secondi, come gli airbag della vettura. Solo che si debbono attivare solo durante il volo. Quindi quando il capitano dell’aereo ordina armate gli scivoli, chiede al personale di attivare il sistema che con un piccola esplosione, in caso di necessità, attiva i sistemi”.
Arriviamo al verde delle mimetiche: con questa ventina non sei individuabile dai visori a infrarossi, dai sensori al calore. C’è la divisa per i soldati che stanno a Kabul, fresca ed efficiente. Quasi un pigiama protettivo, sotto ci metti solo mutandine e magliette. Tutto è verde.
Giallo, verde, grigio, rosso, bianco candido.
Ci sono i serbatoti della Ferrari, dei carri Lince, che se gli spari si bucano al passaggio del proiettile ma poi si richiudono. Hanno forme bizzarre adattano ai mezzi.
Ma siamo ad Aprilia? Boh, ci fanno vedere le serre del programma di colonizzazione di luna e marte. Bianche candite. Gli operai sono ordinati e silenziosi.
Ma dove sto? C’è il professore dell’università di Tucson che studia con gli ingegneri italiani come fare a coltivare l’insalata su marte. Lo guardo è sorridente, mi domando ma cosa penserà di un Paese che ha dato al mondo la Gioconda, si inventa con i tessuti cose nuove, che sogna Marte e che si è lasciato andare al degrado intorno? Ha un cognome italiano l’ingegnere, forse penserà che i suoi nonni hanno evitato l follia schizzofrenica di questo posto.
Chi ha fatto la Gioconda, chi ha dato all’umanità Venezia, chi ha pensato il carro Lince, la Ferrari, l’Efa, non puo’ essere lo stesso che ha ucciso Aprilia.

1 commento:

  1. Aprilia è una città piena di contraddizioni, come ampiamente dimostrato nel nostro blog: http://degradoapriliano.blogspot.com

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