sabato 14 novembre 2009

Politica, morale e storia



Lidano Grassucci


Leggo un articolo di Nerio Nesi. Direte chi è? E’ stato il “capo” della Banca nazionale del lavoro, socialista lombardiano, lo chiamavano il banchiere rosso. Ricorda, nell’articolo di una rivista torinese, la figura di Riccardo Lombardi. Già Lombardi, venne al congresso dei giovani socialisti che si teneva a Siena. Ero un giovane delegato fresco di innamoramenti e di studi marxisti alla fine degli anni ’70. Entro nel palazzetto delle sport, eravamo in 5.000, era un figura elegante, rigorosa. Scese il silenzio in sala. Eravamo i giovani di uno dei più vecchi partiti d’Europa, quello con più storia anche in Italia. Iniziò a parlare: cinquemila ragazzi in silenzio non li ho più incontrati, non volava una mosca e lui inizio a parlare: “oggi siamo alla vigilia di grandi cambiamenti, gli uomini grazie alle macchine si stanno liberando dalla fatica. Avranno tempo per la politica, per conoscere il mondo, per la felicità”. E, noi socialisti: “dobbiamo cambiare la casa in cui viviamo senza farla crollare, mattone dopo mattone fino a quando non sarà la casa nuova”. Parlava di futuro, ci spiegava come sarebbe stato domani. Il nostro domani. Era la prima volta che mi confrontavo con il “rigore repubblicano” azionista, con l’etica civile laica che quella gente aveva coltivato in un paese di chiese e di baroni. Mi schierai con lui al congresso, scelsi Riccardo Lombardi come mia idea del mondo di domani. In cameretta conservavo una sua foto con riportata una sua frase: “è socialista quella società che concede a ciascuno le medesime opportunità”.
Avevamo allora una rivista “Giovane Sinistra”, pubblicò una intervista a Willy Brandt, capo del più grande partito socialista del mondo, Spd tedesca. Lui è stato sindaco di Berlino quando dall’altra parte c’era l’orrore comunista. Parlava del compito dei socialisti: “noi socialisti abbiamo il compito della distribuzione equa della ricchezza, ma oggi la diseguaglianza non sta più dentro le nostre nazioni, ma tra le nazioni. Tra il sud e il nord del mondo”. Il futuro? “La sfida è rompere questa diseguaglianza”.
Parlava di futuro. Noi ci innamorammo di questo futuro, per questo futuro libero dal lavoro e libero dal bisogni per gli ultimi del mondo valeva la pena di impegnarsi, di sacrificarsi, di fare politica.
Molti anni dopo intervistai, c’era stato il golpe giudiziario del ’93, il nuovo sindaco di Latina Ajmone Finestra. Gli chiesi: “lei come immagina Latina nel 2020?”. Lui mi rispose che “bisognava ripartire dalla città di fondazione, bisognava ripartire da Littoria”.
Quel passato mi faceva orrore, ma ancor di più era orribile questa idea della politica. Avete mai sognato al passato? Avete avuto mai speranze all’indietro? Capii allora che la politica come sogno di domani era finita, e con questo l’idea stessa dell’agire politico. Traduco ci si può “innamorare” del Lodo Alfano? Possono stare 5.000 ragazzi in silenzio davanti all’eloquio di Ghedini? Che idea ha di domani, che Italia, che Europa nel 2020 ha in testa Antonio Di Pietro? Con che faccia dici, io sono di Rutelli? Mi dite quale ragazzo può trovare affascinante l’agire levantino, gelido, cattivo di Massimo D’Alema?
Faccio il giornalista a Latina, la domanda “come immagina Latina nel 2020” non l’ho sentita più fare. La politica è uno stillicidio sull’idea di chi è più a meno onesto. Ma l’onesta è una categoria della morale, non della politica. Su chi è mafioso e chi no, ma la mafia è una categoria del codice penale non della politica.
La politica è l’arte di governare la città, nulla le è sopra. E le città si immaginano non per perpetrare il presente, non per rivendicare il passato, ma per costruire il futuro.
Per questo non capisco la politica dei giorni correnti, non comprendo il nostalgismo-moralistico corrente, l’accanimento per restare nel presente.
La passione politica è speranza, non è immaginare. Enrico Berlinguer, che viene da una tradizione politica lontana dalla mia e del moralismo dilagante è uno dei, suo malgrado, responsabili: “La fantasia non è solo propria dei bambini, ma anche dei rivoluzionari, perché senza non si può immaginare il mondo di domani”.
Per questo non mi affascino, non mi riguardano: le diatribe tra mafi e antimafi (roba utile per i Carabinieri); le nostalgie del passato (roba per storici). Vorrei ascoltare un signore che dal rigore repubblicano immagina il mondo di domani.

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