martedì 20 ottobre 2009

Un gatto e un ragazzo

Lidano Grassucci

C’è un ragazzo molto triste per via di un gatto. Un gatto che non ha avuto più la forza di essere il forte che era stato. Non credo che lo conforti sapere che c’è stato un ragazzo che si era molto rattristato per via di un gatto e prima di lui tanti ancora. Capita che arriva un momento nella vita in cui vedi la fine, vedi quella cosa che sembra non essere mai. C’è un momento in cui tutto non è come il momento prima.
Il gatto del secondo ragazzo era nero con delle macchie bianche, saltava da fermo fino a quasi un metro. A suo modo un atleta tra i gatti che atleti sono tutti. Quel gatto capiva quando era il caso di esserci e se ne stava per sé quando era altrimenti. Appariva, furtivo, quasi da agguato degli indiani agli ingenui visi pallidi. Poi faceva le fusa con quel ronzio che fanno i gatti per dire, per adesso sei amico mio. Perché con i gatti è così, mai amicizia per sempre, sempre amici per scelta in quel momento, eppure restano per sempre. Il gatto quando il ragazzo era solo veniva e con le unghie sui pantaloni si annunciava. Durò tanto questa scelta di essere amici, durò tanto e ogni volta che i due quasi si pensavo per eguali. Di tanto in tanto li trovavano abbracciati a dormire insieme. Naturalmente mal ne coglieva al ragazzo e al gatto, ma loro, per loro, non litigarono mai. Poi, poi un giorno come un altro il gatto saltò il primo appuntamento, poi il secondo e poi… non c’era più. Non che avessero un accordo scritto su quell’incontro ma era stato sempre così. Il ragazzo non si preoccupò al primo mancato incontro, i gatto sono così talvolta per via delle femmine. Le femmine giustificano qualche indulgenza verso gli amici. Una volta era stato via per giorni. Poi tornò, mezzo storto con qualche pezzo di orecchio in meno. E tutto riprese il suo corso.
Il secondo giorno il ragazzo ebbe qualche dubbio, il terzo andò a cercare l’amico, ovunque, in tutti quei luoghi in cui solo i gatti sanno andare. Niente, lo rivide il giorno dopo, un sorriso stampato, gli occhi ancora aperti. Lo chiamò due volte, poi la terza urlò. Aveva un nome, il gatto, che era un suono. Ma non rispose, il pelo era nero con le macchie bianche, ma non si muoveva. Era quel momento in cui tutto non è come il momento prima. Il gatto aveva lasciato solo l’amico, senza salutare, i gatti sono così, non salutano mai, non lasciano biglietto, non si preoccupano del testamento. Sono così, non li trovi più dove hai appuntamento, non li trovi più dove sono sempre stati. Così, i gatti non muoiono, mancano agli appuntamenti con gli umani, tradiscono quelle amicizie particolari che fanno con certi umani.
Il ragazzo piangeva per il dispetto dell’amico gatto, aveva gli occhi rotti, il padre si avvicinò: perché piangi, per il gatto?”. “Sì, non gioca più”. “Non si piange per un gatto, si ricorda un amico”, gli disse. Finì così, ogni sera quel ragazzo ripensa al suo gatto, ogni sera lo ricorda nelle preghiere che fa alle illusioni degli uomini e al paradiso dei gatti. Ogni sera, ora è vecchio ma per il suo gatto resta un ragazzo e per lui il felino resta un compagno di strada furbo e pronto al tradimento. Ogni sera un frammento di un ricordo, è rimasto vivo per sempre quel gatto che altri non ce n’è. Morirà quel gatto? Sì, il giorno in cui il vecchio dimenticherà di ricordarlo e forse di soppiatto spunterà da un angolo e con le unghie ferirà il tessuto dei calzoni, poi davanti al camino si riscalderanno e non parleranno per sempre. Ma si capiranno sempre.
Capita che un gatto e un ragazzo, è capitato che un gatto e un ragazzo, capiterà  che un gatto e un ragazzo…

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