lunedì 21 settembre 2009

Il Pd che verrà, tre carte da giocare


Dibattito a Sezze nell’ambito della Festa democratica. Di Resta (Bersani), Moscardelli (Franceshini), Bartolomeo (Marino) a confronto



Lidano Grassucci



Parliamo di politica per quasi due e nessuno si sposta dalla sedia. E non parliamo di cose facili: identità di un partito; il modo di essere di un partito; come deve vivere un movimento politico e che sguardo deve avere sull’europa. Sono in campo le tre mozioni. Siamo a Sezze, festa del Partito Democratico, incontro organizzato da Enzo Eramo, capogruppo del partito in provincia. Giocatori, relatori, leader, chiamateli come volete, Claudio Moscardelli (linea Franceschini), Domenico Di Resta (Bersani), Sandro Bartolomeo (Marino). Discutiamo di politica senza barzellette e senza parlare di donne, di feste, senza parolacce.
L’identità. Che vuol dire quali sono le idee che “fanno” un partito. Moscardelli: “noi siamo un partito di centrosinistra, che ha dentro di se esperienze culturali differenti e che supera modelli che oggi mostrano il passo”. Il riferimento, senza citarlo, è alle socialdemocrazie europee. E continua: “Noi siamo dentro quel solco riformista che ha portato alla vittoria di Obama negli Usa, del partito de congresso indiano, del partito democratico giapponese”.
Sta dentro proprio il solco socialdemocratico Domenico Di Resta, ma non lo cita. In questa fase del dibattito c’è come “un fantasma che si aggira per l’Europa”, la socialdemocrazia. “Pensiamo ad un partito – spiega Di Resta – con una identità forte, che abbia elementi definiti che impediscano di dar vita ad un partito puramente tattico, un partito che non prevede distinguo e al primo dissenso chi sta in minoranza lascia. Vengo da un partito, il Pci, dalla identità forte questo gli ha consentito di essere aperto alla società, di avere capacità di comprendere opinioni differenti”
“Non serve – spiega Sandro Bartolomeo – una riedizione di identità immutabili, rigide, ferme che chiudono. Parlerei di profilo, un profilo capace di aprire non di chiudere. Vogliamo un partito che dica qualche cosa, che superi quela idea che abbiamo dato agli elettori di essere incapaci di decidere, di dire tutto e il suo contrario. Dobbiamo dire cose univivoche. Sul nucleare, noi siamo per il no. Non mi pare che altrettanta chiarezza la trovo altrove.
Il partito. “Dobbiamo continuare – spiega Moscardelli – l’esperienza delle primarie. Sono state un momento importante di partecipazione e di innovazione. Non è tempo di apparati pesanti, vengo dai partiti delle tessere, sono modelli anacronistici. Rivendichiamo la continuità con l’esperienza dell’Ulivo e con la sua forza riformista e di partecipazione. Pensiamo non ad un partito di iscritti ma ad un partito di elettori, un partito che abbia agganci piu’ ampi verso la società”.
“Non vedo un partito – spiega Di Resta - dove si vota su tutto. Non sono contrario alle primarie, ma certo mi pare anacronistico fare le primarie per il direttivo di Prossedi quando abbiamo difficoltà a trovare gente. Le primarie sono uno strumento per grandi scelte, il resto va fatto da una classe dirigente e da un partito strutturato. E anche le primarie vanno fatte con regole, cito sempre il caso di Sabaudi dove a votare per il Pd sono venuti assessori di An”.
“Ma bisogna scegliere – aggiunge Bartolomeo – dobbiamo avre un criterio di scelta e sono convinto che la consultazione degli elettori sia fondamentale in un partito che deve essere a-ideologico. Scegliamo, facciamo partecipae i cittadini. A Formia abbiamo vinto, quando mi sono candidato la prima volta, perché abbiamo (in una città moderata) saputo coinvolgere gli elettori proprio con le primarie. Eravamo innovativi, fortemente innovativi. Quello è il modello”.
Le alleanze. “Il partito democratico – spiega Moscradelli - nasce dall’incontro di esperienze politiche diverse, tra cattolici democratici e riformisti di sinistra. Non crediamo nel bipartitismo, ma nel bipolarismo. Ma noi, come Pd, rappresentiamo il centrosinistra e non abbiamo partner privilegiati in soggetti politici che dicono di stare al centro, di rappresentare il mondo cattolico. E’ nel Pd che già c’è stato quell’incontro. Noi dobbiamo guardare ad altre forze riformiste a sinistra”.
“Noi immaginiamo un Pd – sostiene Di Resta - dentro la tradizione europea, il bipartitismo non esiste neanche dove ci sono gabbie elettorali (leggi) piu’ forti delle nostre. Noi dobbiamo rappresentare la sinistra dello schiaramento politico, una sinistra in grado di trovare interlocutori anche tra i moderati. Se gli schemi non ci debbono essere è regola che vale per sempre”
“Guardate – insiste Bartolomeo – che rischiamo di non essere credibili, oggi la destra è in crisi. Ha difficoltà eppure noi non riusciamo ad intercettare quel dissenso, sono altri che traggono vantaggio da quella crisi. Perché? Ribadisco perché non siamo chiari. Io qui vi chiedo chiarezza sui temi, sul nucleare, sui temi eticamente sensibili. Non possono sentire la Binetti che dice che sul testamento biologico voterebbe come Berlusconi. Serve chiarezza, coerenza. Ma da voi non riceviamo risposte”.
Partito in Europa. “Noi siamo – interviene Moscardelli – una esperienza originale, sento la necessità di essere i continuatori di quella esperienza de La Margherita che staccò dallo schieramento di Destra il gruppo di Bayrou. E’ quello il modello a fronte di esperienze contradditorie e troppo legate al passato dei socialisti. Socialisti che non sono sempre europeisti, anzi spesso sono a capo di movimenti antieuropei. Sono esperienze che rispettiamo ma che vanno superate, esperienze rigide”.
“La sinistra in Europa è socialista – insiste Di Resta -, noi non neghiamo la portata della nostra esperienza politica, ma credo che non possiamo sottrarci al confronto con quanto avviene nel resto del continente. Non nego la mia storia, non possiamo non tener conto della sinistra del resto del continente, e non solo di quella socialista (vedete gli ultimi risultati elettorali in Germania). E’ in discorso che si lega all’identità, per me è il nodo e l’identità è la base del confronto di un partito ed è cosa che si definisce una volta per tutto, non è un profilo mobile che riguarda la tattica, non la strategia di un partito”.
“Continuo – dice Bartolomeo – a pensare ad un partito con un profilo forte, che sia laico nel senso di “autonomia” nelle scelte. Vengo da una storia e da una identità forte, non rinnego nulla del mio passato, ma è, appunto passato. Oggi dobbiamo dialogare, confrontarci sui temi e non su astrazioni, gli elettori ci capiscono se partecipano e se siamo chiari”.
Due ore di confronto. Tre tesi a confronto, gli elettori del Pd sceglieranno. Qui si discute di politica, ed è un piccolo miracolo. E non c’erano né calciatori, né veline.
Un miracolo.


Nessun commento:

Posta un commento