giovedì 20 agosto 2009

"Non se po’ sape' tutto nella vita"

Sergio Corsetti
Prima anche gli asini, adesso solo gli scienziati. La nuova è che per essere ammessi agli esami di maturità gli alunni dovranno avere almeno la sufficienza in tutte le discipline. Lo stabilisce il decreto "Regolamento sulla valutazione degli alunni" pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. "Bene, bravi, bis" sarà l'accoglienza del provvedimento: finalmente si chiede maggiore serietà e impegno nello studio. Finalmente torna il rigore. Il Governo avrà un'altra bandierina di cui vantarsi. Poi, a pensarci bene, un dubbio viene. Ma da che mondo è mondo gli studenti hanno avuto il loro punto debole. Hanno portato la loro croce. Da un rapido sondaggio in redazione, a eccezione di un giornalista che andava bene in tutte le materie, almeno una lacuna nella preparazione la evidenziano tutti. Per non parlare dell'esperienza diretta di docente. Se il provvedimento dovesse essere applicato "letteralmente" quanti alunni andrebbero di diritto agli esami? Probabilmente le commissioni di esami a giugno potrebbero dedicarsi alla lettura o alle parole crociate. Per chi è in grado anche l'uncinetto potrebbe andar bene. La questione di fondo è che in Italia amiamo passare da un eccesso all'altro. Dal più estremo lassismo al rigore più assoluto. Per non parlare poi del fatto che spesso si fanno le riforme a rovescio. Il buon senso vorrebbe che in una riforma dell'istruzione prima si stabiliscano i percorsi formativi e i criteri, solo successivamente i criteri di valutazione. Troppo facile. Allora meglio partire dalla fine. Il decreto, poi, prevede la presenza dell'insegnamento della religione cattolica nella formulazione del giudizio di ammissione. In un colpo solo la Gelmini ha messo a tacere l'ordinanza del Tar, dispositivo volto a evitare discriminazioni di trattamento per gli alunni che non si avvalgono dell'insegnamento della religione. Tanto tuonò che non piovve. Ogni cosa è stata rimessa al proprio posto.

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