giovedì 2 luglio 2009

L’agonia di Lidano e la storia

Lidano Grassucci


È il 2 luglio per quasi tutti la cosa dice poco. Un giorno ordinario banale, il calendario porta San Bernardino Realino. Non è la festa dell’indipendenza degli Stati Uniti che ricorre tra due giorni, il 4 luglio. Quella della canzone di Bruce Springsteen che con voce roca rivendica di essere nato il giorno della libertà americana e quindi quella del mondo. Il 2 luglio non lo canta nessuno.
Il due luglio è nulla, un giorno. Ieri mattina mi telefona il comandante dei vigili urbani di Latina (Lidano Marchionne), per un mio grossolano errore, poi si ferma e mi fa gli auguri. Perché il 2 luglio è San Lidano e anche lui, come me, porta questo nome. Ridiamo sul fatto che ormai è raro incontrare uno che si chiama come noi. Sorridiamo della cosa, gli dico: “mi sa che neanche a Sezze si festeggia più Lidano”. Cosa che mi conferma una mezz'ora più tardi un altro raro Lidano, Lidano Caldarozzi comandante della municipale di Sezze, che mi dice: «Civita D’Antino (città natale di San Lidano in provincia de L’Aquila) ha chiesto le spoglie del santo, tra poco non ci sarà neanche più lui a Sezze».
Sta lì dal dodicesimo secolo. Lidano Caldarozzi aggiunge: «prima hanno fatto copatrono San Carlo, poi hanno cominciato a dimenticare Lidano, del resto non è neanche di Sezze».
Lui, Caldarozzi, che è molto più legato di me alla terra d’origine, commenta: «chi se lo ricorda che senza San Lidano il verbo di Cristo non sarebbe mai arrivato alle paludi?» Lui ha bonificato le paludi, almeno dal demonio. Spero che a Latina non arrivi questa verità loro, quelli di Latina, pensano che prima del Duce del fascismo, del dittatore, qui non ci fosse nulla. Invece noi Lidano è dal 1100 che tessiamo le lodi del Signore proprio dove non ci doveva esser nulla. Siamo la prova vivente, ancora per poco, delle bugie sull’agro redento, sulla grande opera dei totalitaristi. Anche le rane in questa landa conoscevano i salmi, la bellezza del creato. Erano più civili del più civile dei dittatori.
Dal ’93 all’anagrafe di Sezze non si registrano più bimbi con il nome di Lidano. Un nome che sta morendo, una cultura di alterità, di originalità, si sta cancellando. E così sarà difficile sostenere che lì dove raccontano non ci fosse nulla, lì dove hanno sperimentato l’umanesimo del lavoro (sic) si pregava Domine Iddio da secoli e secoli.
E pensare che per le spoglie di San Lidano i setini e i sermonetani si sfidarono in una sorte di giudizio di Dio. Un solo carro e due pariglie di buoi: una di bovi setini, una di bovi sermonetani. La partita fu quasi tutta per i sermonetani, fin quando i setini ebbero un sussulto d’orgoglio e portarono la salma del santo a Sezze.
Da allora Sezze è la città di Lidano, per secoli è stata differente da tutto, anche per lui. Ora? E’ piena di Mirko, Samantha, Andrea, Luca come il resto del mondo. Era un mondo ora è un angolo sperduto del mondo. Ormai è quasi mezzo secolo che mi porto dietro questo nome, che fu di mio nonno, e si può andare fino all’inizio dei tempi, da allora sento chiedermi: “ma che nome ha?” o “che significa questo nome”. E da allora che sento storpiarlo, da allora che spiego: “Perché è il santo patrono del paese in cui sono nato, che era il nome di mio nonno. Soprattutto negli anni dell’università sono passato dalla stizza per queste domande all’orgoglio di sentirmi figlio di una grande storia. Era un modo per ribadire la mia gens. Ieri mi sono reso conto che quel mondo che mi aveva riempito il petto di orgoglio era agonizzante, che della sua agonia non aveva pietà alcuno. Mi sono reso conto che questa storia non interessa alcuno, che il mio mondo è morto per sempre. Bastavano tre Lidano per battezzare un asino, tra poco sarà impresa impossibile e gli asini rimarranno senza Dio. Come la terra mia senza anima.
Hanno ucciso Lidano e nessuno ha pianto.

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