sabato 4 luglio 2009

La storia e l’aviere Giannola

Lidano Grassucci


L’aviere Giannola è uno che ha avuto la fortuna dalla sua. Nel libro di Andrea Augello “Uccidi gli italiani” che ricorda la battaglia di Gela nel ‘43, lui è usato come simbolo. Era stato messo, con il suo moschetto 91, a difesa di un’aviosuperficie nei pressi di Gela. Gli americani (grossi e cazzacci avrebbero detto dalle mie parti) attaccano ma vengono respinti dagli italiani. Poi, come capita sempre, la superiorità delle forze nemiche ha la meglio sul nostro eroismo. Giannola è fatto prigioniero non prima di aver preso un grosso americano che, spiega Augello, valeva per due per quanto era grande e ipernutrito. E tutti ridono, tutti quelli presenti alla presentazione del libro nella sala conferenze del Palazzo della cultura. Davide e Golia, il bene e il male. Le potenze plutocratiche che affamano, e li costringono al nanismo, le nazioni proletarie e civili (noi, gli italiani). L’aviere Giannola è preso con altri commilitoni, gli americani non ci pensano due volte a ucciderli tutti, senza pietà. Altro che liberatori (ci sono dei manifesti di Bocassile che dipingono gli americani con i lineamenti dei neri e i denti aguzzi pronti alla violenza contro le italiche virtù) quelli sparano. Ci fanno fuori tutti, ma il nostro aviere Giannola è fortunatissimo: colpito a un braccio si salva per lo scudo che gli fanno i commilitoni. Sta lì per un’ora, quatto quatto. Gli americani non si sentono, alza la testa per vedere ma, la sfiga, c’è un americano cattivissimo di guardia che gli spara mirando al volto. Ma la fortuna sta con l’aviere Giannola, poi si sa che gli americani non hanno una gran mira, e viene colpito di striscio sul volto. Il grosso americano esulta per aver fatto fuori il nemico, è un po’ stupido (è plutocratico e democratico) e non verifica gli effetti del suo tiro. Passano 40 minuti e l’astuto, nonché fortunato, aviere Giannola sgattaiola fuori dall’aeroporto. Per strada incontra un ufficiale medico che gli presta i primi soccorsi e lo rassicura “ti mando un’ambulanza”. Il nostro si sente sicuro, arriva una jeep, lui la prende per una ambulanza e invece sono due plutocrati americani, un sergente e un ufficiale, che non ci pensano due volte. Tirano fuori il revolver e colpiscono il nostro aviere Giannola alla gola.
Direte, gli sparano da due metri alla gola, lo hanno fatto secco. Seee, so americani pure democratici, non lo beccano bene. L’aviere Giannola si salva.
Ma…siccome Dio è con noi (si è fatto casa, un appartamento con cupola, a Roma, vuoi che stia con i democratici quaqueri, protestanti, mezzi giudii, degli americani?) e l’ufficiale muore a Cassino durante la famosa battaglia, lo fanno fuori gli alleati germanici (sono pure loro protestanti, però questi erano cattolici della Baviera), e il sergente il Signore lo chiama a sé comunque prima dell’aviere Giannola.
Domanda: se Dio stava con noi e gli americani erano un po’ tonti, con una mira da schifo, come hanno fatto a vincere la guerra?
Non lo so, non me lo chiedete. Dopo la conferenza sulla battaglia di Gela, e la storia emblematica dell’aviere Giannola, mi chiedo in che spiaggia del Maine siamo sbarcati prima di fare nostro New York e il parco di Yellostone e dove abbiamo messo prigioniero l’orso Yoghi e il fedele Bubu.
L’ecole des annales ha combinato tanti guai, sappiamo tutto dei sandali dei soldati che hanno combattuto a Canne, ma ignoriamo gli eserciti combattenti e l’esito della battaglia.
Mo, chi lo dice all’aviere Giannola che la guerra l’abbiamo persa, che per due anni questa nostra patria è stata violentata da tutti gli eserciti del mondo senza il nostro. Chi gli dice all’aviere Giannola che il capo qualche anno dopo fuggiva vestito, poco nobilmente, da soldato tedesco? Chi gli dice all’aviere Giannola che la nostra marina si consegnò intatta a Malta. Chi gli dice che i nostri soldati nell’Africa orientale furono lasciati soli, senza rifornimenti e che morirono combattendo tanto che gli inglesi gli testimoniarono la grandezza rendendogli l’onore delle armi dopo che avevano combattuto con i cannoni austriaci che avevamo preso nella prima guerra mondiale.
È vero i soldati italiani hanno fatto il loro dovere, ma il capo no. Il capo mentre si moriva all’Amba Alagi stava a Roma, mentre si moriva a El Alamein, o nella steppa di Russia stava a Roma.
L’aviere Giannola ha fatto il suo dovere, ma Dio non stava con noi e il dittatore stava contro gli italiani.

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