sabato 18 luglio 2009

la formica atomica - Magari il nucleare pontino

Lidano Grassucci



Tra qualche giorno è l’anniversario dello sbarco dell’uomo sulla luna. 40 anni fa, io c’ero e ricordo il mio stupore allora. Noi bambini eravamo tutti per il progresso, dubitava zia Maria che, da contadina, diffidava di quella roba. Allora la scienza stupiva e alimentava discussioni in famiglia, al bar. In osteria mio padre prendeva in giro gli scettici citando un suo amico, uno un po’ semplice, che ancora non si era persuaso della rotondità del pianeta e confortava questo suo scetticismo con la tesi: “perché se la terra è rotonda quando stiamo a testa in giù il brodo non cade?”. All’osteria ridevano tutti, gli scettici erano considerati cretini. Tutti, e noi bambini per primi, pensavamo che il domani sarebbe stato migliore di oggi. Avremmo avuto energia a go go, e forse una bella casa con vista su Marte. E le cose cambiavano, mio padre veniva a costruire la centrale nucleare a Latina con la bici su strade bianche, ci venne da contadino. A Latina la vita media era di poco superiore a cinquanta anni, l’economia era poco più che di sussistenza. Le industrie? La Cirio che lavorava i pomodori, lo zuccherificio le barbabietole, e a Latina scalo un pastificio. Peggio dell’attuale Albania, della Mongolia. La centrale nella sua fase di costruzione formò gli operai, portò la tecnologia. Mio padre cominciò a costruire la centrale in bicicletta, tornò in Vespa. Qui vennero ingegneri, tecnici da tutte le parti d’Italia e del mondo. Diventammo europei, civili, normali. Quella centrale non ha ucciso le persone ha ucciso la povertà, ha portato l’energia elettrica ovunque (previo la nazionalizzazione del settore fatta qualche anno dopo dai socialisti). Oggi la vita media qui e di quasi 90 anni.
Mio padre divenne operaio, zio Gigino andò la lavorare in tutto il mondo per l’Eni. I contadini uscirono dall’economia di sussistenza e divennero cittadini del benessere.
Per queste ragioni spero che la centrale nucleare di faccia qui a casa mia, dove noi viviamo da secoli e dove abbiamo intenzione di vivere per secoli.
Per questo leggo le posizioni politicamente corrette degli antinucleari con lo stesso spirito con cui all’osteria i miei ridevano di quelli che contestavano la rotondità della terra come la tesi del brodo che non cade quando stiamo a testa sotto.
La scienza è conoscenza non superstizione.

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