martedì 28 luglio 2009

CISTERNA - Sciopero alla Nalco

Teresa Faticoni
Aggrapparsi con i denti al lavoro. Non cedere alle lusinghe di un reddito garantito per stare a casa. Ieri mattina i dipendenti della Nalco di via Artemide a Cisterna hanno scioperato contro la decisione dell’azienda di licenziare 21 persone senza trattare, senza sentire ragioni. Otto ore di astensione dal lavoro con una proposta chiara. L’azienda dell’area industriale ha aperto la procedura di mobilità per 21 dipendenti a Cisterna, di cui 16 operai della produzione e 5 amministrativi, e altri 23 lavoratori a Roma. Ora: tra i ventuno, 13 possono sicuramente agganciarsi alla pensione negli anni previsti della mobilità. Di più: 4 o 5 raggiungerebbero lo scivolo con un paio di mesi. Perchè quindi non trovare una strada che possa tradursi in un percorso indolore per le parti? La dirigenza Nalco ha deciso di opporre un muro contro muro. Per esempio. Il servizio di guardiania, ora affidato a un dipendente, dovrebbe essere esternalizzato. Chi se ne occupa è un lavoratore disabile che rientra nel novero di quelli messi in mobilità. Situazioni estreme, per le quali concertare darebbe applicazione alla responsabilità sociale delle aziende che invece pare essere un miraggio. Le rappresentanze sindacali unitarie (Giuliano Otgianu e Walter Penazzo della Ugl; Mauro Coluzzi della Uil; Massimo Gargiulo della Cgil) che hanno indetto lo sciopero di ieri comunicandolo non solo alla direzione aziendale di Cisterna, ma anche al capo della produzione europea. Un modo per coinvolgere tutti i livelli in questa vertenza che si potrebbe risolvere, ma non c’è evidentemente la volontà chiara di portare a soluzione. I lavoratori che ieri mattina erano in strada con un caldo asfissiante (con loro anche Dario D’Arcangelis segretario generale della Filcem Cgil di Latina e il segretario provinciale di categoria Walter Cassoni) ipotizzano che dietro la chiusura alla trattativa da parte della società ci potrebbe essere la volontà di levarsi di torno qualche elemento considerato scomodo. Certo, qualche segnale contraddittorio è stato dato da parte del management già da dicembre scorso. Per le festività di Natale e capodanno la Nalco aveva chiesto 7 giorni di cassa integrazione. Rifiutati sia dai lavoratori sia dall’Inps. Poi a marzo scorso tra contratti interinali non rinnovati e pensionamenti sono usciti dallo stabilimento già 17 lavoratori. Ora su 104 vogliono cacciarne altri. Intanto è scaduto il tempo per la trattativa territoriale. La palla passa in Regione, ma i sindacati non escludono che si possa trovare un accordo in fabbrica per giungere alla Pisana solo con un documento da ratificare. Intanto, però, in via Artemide le commesse continuano ad arrivare. Alla Nalco si fanno prodotti per il trattamento delle acque, prodotti per la petrolchimica e da qualche anno anche basi per la cosmetica. Come si gesticono questi picchi di produzione se si mandano via i lavoratori? «Tredici sono sufficienti», dicono i dipendenti. Basterebbe un passo avanti, insomma, per una procedura di ammortizzatori sociali assolutamente indolore. Perchè no?

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