domenica 28 giugno 2009

La scuola, Verdone e la pizza

Lidano Grassucci


Ho scritto di scuola in questi giorni e me la sono presa con i genitori usi a prenotare il voto dei figli, come fanno con la pizza il sabato sera. Un modello che è, per me, barbaro che è distruttivo per i figli. Capisco che il nostro mondo ha valori aggiustati, ma almeno non rovinare i pargoli pensavo fosse un grande segno di civiltà.
E’ morto Mario Verdone, il papà di Carlo (il regista e l’attore). Lui, Mario, era professore all’università di Roma e quando il figlio si presentò agli esami, dopo due domande in cui il giovane faceva scena muta, lo ha bocciato. Il figliò cercò la pietà: “ma mi bocci papà”. E lui di rimando: “mi dia del lei”. Il figlio di questo professore è diventato uno dei più grandi attori e registi italiani pur essendo stato bocciato a Storia del cinema.
Le mamme e i papà contemporanei avrebbero dato al figlio silente almeno la lode, se ne sarebbero vantati con gli amici al mare, e avrebbero festeggiato il 30 e lode rubato in almeno dieci discoteche.
Solo che il pargolo sarebbe stato uno dei tanti dottori ignoranti, sarebbe stato uno dei tanti non sapienti con la medaglia. Mario Verdone voleva bene al figlio, per volergli bene lo doveva non perdonare, coprire, ma doveva farlo studiare. Non serve avere gli attestati, ma serve conoscere, capire, occorre rigore nello studio, come nel lavoro, come nella vita.
I miei erano contadini, gente che conosceva fatica e fame, in abbondanza di entrambi, e non mi hanno mai chiesto la medaglia che avevo, ma chiedevano le cose che conoscevo. Quando passava il maestro lo chiamavano premettendo al nome il “sor”. Che sta per “signore”, che significa uomo degno, saggio. Non prenotavano i voti i miei ma precisavamo: “se serve menate”. Non mi ha mai neanche sfiorato il mio maestro, ora che ci penso so scrivere per lui, so far di conto per lui e mi sono innamorato della storia per lui. Mi sa che la scuola, il conoscere, non è come la pizza del sabato sera.

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