lunedì 9 marzo 2009

Pd, gran rifiuto di Lucchetti

Alessia Tomasini
L’opzione Lucchetti salta. Il presidente dell’associazione per l’aeroporto di Latina ha fatto un passo indietro rifiutando la proposta di essere il candidato non solo del Partito democratico ma di tutto il centrosinistra. «La tentazione di impegnarmi in politica per la crescita della provincia non può prescindere - spiega Lucchetti - da un coinvolgimento dei politici locali su un programma concreto. Mancando queste condizioni, la mia candidatura non avrebbe potuto che soddisfare un interesse solo personale, al quale posso rinunciare». Questo significa che la guerra, che si è innescata nella ricerca di un candidato alla presidenza della Provincia di Latina, resterà vincolata all’interno del Pd. Nel corso della direzione provinciale del partito le opzioni in campo sono tre. La prima è quella di Loreto Bevilacqua che incassa l’appoggio del leader Claudio Moscardelli, orfano di Lucchetti. La seconda porta il nome e il volto dell’attuale capogruppo del Pd in consiglio provinciale. Domenico Guidi ha ottenuto sin dalle prime battute il sostegno di Titta Giorgi e della fazione dei sindaci Eligio Tombolillo, Andrea Campoli e Sandro Bartolomeo, ex primo cittadino di Formia. Terza opzione in campo quella dell’attuale consigliere comunale e segretario cittadino del Partito democratico, Giorgio De Marchis che dovrebbe, secondo indiscrezioni, essere supportato dall’altra ala degli ex Democratici di sinistra con Domenico Di Resta. Un quadro che evidenzia, ancora una volta, come il nodo da sciogliere in casa centrosinistra era e resta sempre la stessa: la fusione mai riuscita tra due modi di pensare, fare e gestire la politica. Una situazione che dimostra come l’unico partito che potrebbe rappresentare un’alternativa al Popolo della libertà formato Cusani sia in pezzi, con una leadership provvisoria, soggetto a forze centrifughe alimentate da personalismi e poltronismi ad oltranza, segnato da battaglie tra capi senza elettori e senza una visione concreta del futuro del territorio. La domanda che il Partito democratico dovrebbe porsi è: se non ora quando? Una sconfitta cocente, in termini di consensi, alle provinciali si ripercuoterà sulle regionali del 2010. La scelta, per alcuni versi imposta, di chiudere a possibili alleanze potrebbe essere il passo decisivo verso l’abisso che porterebbe il Pd verso la dissoluzione totale. Chiunque avrà, tra i tre cavalieri, il compito di giocarsi nel ruolo di capitano la partita delle provinciali si troverà a dover colmare un altro gap. Quello rappresentato dall’assenza di una leadership capace di aggregare e non di acuire le distanze tra Ds e Margherita creando una forza riformista reale.

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