martedì 17 marzo 2009

Ericsson, quando il lavoro è tele

Teresa Faticoni
«Siamo per tradizione e per cultura e per difendere i lavoratori alla ricerca delle condizioni possibili, ma se l’azienda si trincera dietro una serie di no non si va all’accordo». Giuseppe Sperandio e Carlo Bruno della Slc Cgil hanno partecipato ieri all’incontro nel quale si discuteva il trasferimento della Marconi Ericsson. Una fase interlocutoria nella quale le controparti mettono sul tavolo i pezzi da novanta, ma non si gioca a carte scoperte. Ieri infatti presso l’Unione industriali di Roma al tavolo di concertazione oltre ai rappresentanti della multinazionale del settore delle telecomunicazioni, hanno partecipato le segreterie nazionali, regionali e territoriali del sindacato. In questa occasione Bruno e Sperandio hanno presentato il loro pacchetto di proposte volto alla riduzione dei costi di mantenimento del sito pontino. Perché proprio questo è il motivo addotto dalla Ericsson per la decisione di chiudere lo stabilimento di Piccarello e trasferire lavoratori e produzione a Roma nel sito dell’Anagnina. Degli 80 dipendenti una cinquantina sono di Latina e il trasferimento avrebbe su di loro un impatto sociale molto forte. Per non parlare di tutto l’indotto che gravita intorno alla Marconi Ericsson. Per esempio la mensa del Park Hotel che si ritroverà dal primo maggio a distribuire 50 pasti in meno. Oppure gli addetti alla sorveglianza, dipendenti della Europol. O coloro che effettuano le pulizie nell’edificio. Tutta gente che si ritroverà nel giro di un mesetto senza lavoro. Le proposte avanzate dal sindacato partono dalla suddivisione in tre macroaree di lavoro. Per due di queste, hotto supply e servizi assistenza rete, secondo la valutazione dei rappresentanti dei lavoratori, è possibile pensare all’applicazione del telelavoro. Che comporta naturalmente uno snellimento dei rapporti tra azienda e lavoratori. Per una delle macroaree il telelavoro non è possibile, pertanto la proposta è l’idea di un open space con il lavoro remotizzato. Questo pare esser stato il punto più complicato su cui l’azienda non ha proprio intenzione di recedere dalle sue intenzioni. Sull’idea del telelavoro la Ericsson si è riservata di valutare, soprattutto in termini numerici, la proposta avanzata dal sindacato, ma per il resto c’è stata una chiusura che non fa sperare niente di buoni. L’incontro di ieri, in sostanza, ha portato alla conferma della difficoltà della trattativa, perché sulla progettualità molto articolata dei sindacalisti che ribadiscono come sia dal punto di vista sociale sia da quello economico sia controproducente il trasferimento in area capitolina. L’azienda ha rivendicato la brevità del tragitto da Latina a Roma. Su questo argomento Bruno e Sperandio hanno puntato i piedi sulla necessità della condivisione tra azienda e lavoratori del disagio che si verrà a creare con lo spostamento. I convenuti si sono riaggiornati al 30 marzo per una ulteriore fase di approfondimento di questa vertenza sempre presso l’unione industriali romana. «Insieme ai lavoratori valuteremo se la situazione sarà accettabile o se l’azienda non ci avrà messo in condizione tale per proseguire l’ultimazione del percorso di trattativa che porti a un accordo», chiudono Bruno e Sperandio

1 commento:

  1. All' inizio del 2008, la Ericsson già adottò ed implementò la scelta di trasferire a Roma parte delle attività e dei lavoratori fino ad allora di stanza a Latina.

    Volete sapere come è andato a finire l' "esperimento"?

    Tutta la storia in questo blog.

    P.S. Come mai i sindacati fanno finta di non ricordarsene?

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