sabato 14 febbraio 2009

Prezzo del latte dalle stelle alle stalle

Teresa Faticoni



Un accordo interprofessionale per ridurre il prezzo del latte alla stalla. I caseifici della provincia di Latina (Olivieri, Francia, Cuomo su tutti) hanno contattato le associazioni di categoria degli allevatori (Aprozol, Coldiretti, Confagricoltura) per rimodulare i parametri qualitativi e di conseguenza agire sul prezzo “dell’oro bianco”. La richiesta dell’accordo viene in conseguenza della presa d’atto delle discrasie che si registrano nel mercato europeo. Perché in Germania il latte costa 24 centesimi di euro e in Italia 39 o 40? Quasi il doppio. Da qui l’ipotesi di un nuovo accordo che tende a una maggiore sinergia tra le varie componenti della filiera. Andrebbero rivisitati i parametri – presenza di grasso, proteine, carica batteria per esempio – in ragione di un diverso contesto operativo. I caseari sottolineano l’inversione di tendenza rispetto ai costi di produzione. Gli allevatori pagherebbero di meno le materie prime: la soia e il carburante costano di meno. Di conseguenza all’origine si spenderebbe meno per mantenere in piedi un allevamento. Non sono dello stesso avviso, però, i rappresentanti della categoria. Gli allevatori si troverebbero a operare in un sistema che da una parte riduce la remunerazione del latte e dall’altra fa registrare un continuo aumento dei costi di produzione, sui quali gravano gli adempimenti delle disposizioni in termini di sanità e benessere animale, di sicurezza alimentare, di tracciabilità, di ambiente, e i costi energetici. I fattori esterni, poi, risultano determinanti. La chiusura dello stabilimento ex Pettinicchio e l’addio a questo territorio da parte di Granarolo hanno inferto un colpo difficile da incassare. Sono quintali e quintali di latte che rimangono nelle stalle. Di più: da quando la centrale del latte di Roma è stata acquistata da una cooperativa, i produttori di Latina non si trovano più in una posizione di forza. Perché conferiscono alla centrale solo i soci cooperatori, tutti per la maggior parte del sud della provincia romana. Se si pensa che in questo territorio si produce circa un milione e mezzo di quintali l’anno di latte, si capisce come c’è il rischio di vedere le scene drammatiche di latte sparso per i campi cui abbiamo assistito all’epoca della decisione da parte dell’Unione europea di istituire le quote latte. In tutto ciò c’è la grande distribuzione che fa la sua parte pressando per la riduzione del costo della mozzarella. E naturalmente le catene si trovano in una posizione dominante della filiera che perde qualsiasi ipotesi di integrazione sia verticale sia orizzontale. A questo punto continua la fase della trattativa, che potrebbe far segnare un punto ai consumatori. Con l’accordo, magari emendato dopo la concertazione necessaria quando gli attori sono anche controparti, si potrà essere in grado di rilanciare la competitività – messa in discussione dalla serie di coincidenze negative citate – e la redditività per riportare qualche certezza nel comparto con particolare attenzione all’ambiente e al territorio, alle strutture dei prodotti e dei servizi. E il consumatore, magari, segnerà un punto a suo favore. Con un prodotto migliore e un prezzo adeguato con la riduzione della forbice tra il prezzo del latte alla stalla e quello al banco dei supermercati.

1 commento:

  1. Perché in Germania il latte costa 24 centesimi di euro e in Italia 39 o 40? Io fi faccio un'altra domanda:perche' in Germania un Kg di mangime costa 12 centesimi e in Italia costa in medi 60 centesimi??????????

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