mercoledì 4 febbraio 2009

Ciao America

Lidano Grassucci


La Pfizer, quando passavo con la 1100 D di papà davanti allo stabilimento di San Michele e venivo dalla campagna piatta mi sembrava di vedere un’astronave. La torre, l’edificio bianco, lì ci facevano la “modernità”. Lì c’era il futuro stesso. Poi avevo una cugina di mamma che era “in Pfizer”, se la pretendeva un po’. Era un po’ americana pure lei e ci guardava dall’alto in basso. Parlava dei dirigenti come fossero degli scienziati lunari, una mia zia lavorava (faceva la donna delle pulizie) per uno dei dirigenti dello stabilimento, mi pare fosse greco, è nei racconti diventava una sorta di semidio ateniese, come Pericle. Ora è tutto finito, gli americani non sono manco tanto fichi. Pensate che sono loro ad aver bisogno della nostra tecnologia, quando la Fiat compera il 35% di Chrysler senza cacciare una lira perché ha la tecnologia, capisco che il mondo è cambiato, ma tanto. Il 1100 D di papà era più forte della Dodge, della Corvette. Non credo che mio padre capirebbe, lui aveva un amico americano (sezzese che era stato in america), mi pare si chiamasse Gemy e per lui le macchine, come le medicine, erano “solo” americane. Chi gli dice che sono loro che hanno bisogno di noi. L’America capovolta, ma forse è finito il progresso. Ora a San Michele non c’è più il futuro, c’è un angolo di mondo, c’è poco, non c’è il romatico del nuovo. Tra poco mi racconteranno che sono moderni i carciofi e i broccoletti, mi diranno che il nuovo era un’illusione.

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