sabato 10 gennaio 2009

Pd, il partito che respinge

Lidano Grassucci



Il caso Nino Lazzaro, la delega che ha ricevuto da Zaccheo per curare i rapporti tra comune e Asl, apre un ulteriore buco in quella groviera che è diventato il Partito democratico pontino. Un ulteriore buco che mina il progetto stesso di un centrosinistra riformista competitivo nell’area provinciale. Non servono le scomuniche, il ricorso a questa forma “morale” di risposta politica, che rischiano di essere solo esercizi isterici. Serve domandarsi, semplicemente: “perché non siamo più attrattivi?”. La storia di Lazzaro arriva alla fine di un percorso lunghissimo: stavano nel centrosinistra personaggi come Francesco Davoli, il sindaco di Aprilia Luigi Meddi, l’assessore Silvio D’Arco. Addirittura era segretario provinciale, e consigliere provinciale, di Rifondazione Comunista, Rinaldo Ceccano che oggi sta in Forza Italia.
Per tacere del sindaco di Cisterna Mauro Carturan che stava nel Partito popolare, di Maurizio Galardo, stesso percorso. Di Domenico Capitani candidato sindaco per il centrosinistra, sempre a Cisterna, oggi vicinissimo a Forza Italia.
E il caso Lazzaro? I dirigenti del centrosinistra di Latina si comportano davanti a tutto questo come il signore che viaggia in autostrada e per radio sente l’annuncio: “un pazzo viaggia contromano in autostrada” e commenta: “uno solo?!!!!”.
I dirigenti del centrosinistra mettendo al rogo Lazzaro pensano di salvare coscienze non proprio immacolate. Il Partito democratico è un gruppo di potere bifronte, come l’aquila imperiale asburgica. Ha una testa Margherita (Moscardelli) e una testa Ds (Di Resta). Intorno a questo qualche residuo di rapporto popolare di massa (Giorgi), poi niente.
Non è un caso che alla richiesta del sindaco di Gaeta, Raimondi, di accelerare sulla scelta del candidato “anti Cusani” per la Provincia non ci sono state risposte. Raimondi è un fastidio, è fuori controllo, non sta dentro logiche consolidate di gestione del potere.
Il nodo non sta nel fatto che Nino Lazzaro accetta di collaborare con Zaccheo, il nodo è che nessuno accetterebbe di collaborare con una sinistra percepita come autoreferenziale, ma è la stessa sinistra ad essere incapace di proporsi ad altri.
Zaccheo cerca intelligenze anche nel campo avversario, la sinistra ha paura di abbandonare anche uno strapuntino di potere.
Dopo il caso Lazzaro arriverà il caso Guidi, il socialista non può fare harakiri politico in nome di un partito che lo vuol mandare fuori trincea senza prima un fuoco di preparazione delle artiglierie, poi con qualche copertura di mitragliatrici. Socialista sì, fesso proprio no.
Ma anche qui il nodo è la inaffidabilità del ceto dirigente della sinistra.
Il caso Lazzaro non vale per sé, ma è la punta di un iceberg enorme che si fa finta di non vedere.
Il Partito democratico pontino non attrae, respinge.
Sarà un problema?

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