sabato 31 gennaio 2009

D'Incertopadre: «Pfizer non esiste più»




Teresa Faticoni

«Inutile fare la voce grossa, Pfizer è andata via». Deciso e determinato Salvatore D’Incertopadre, segretario generale della Cgil di Latina, interviene sulla questione che tiene banco in questi giorni. Non si tratta solo di politiche sindacali fallite, di strategie messe in campo senza tener conto dei contesti, ma di un modo di intendere il sindacato. Non si tratta di difendere il reddito, ma il lavoro. Il che implica un lavoro difficile e complesso di check&balances nelle aziende e tra i lavoratori. Lo incontriamo il giorno dopo lo sciopero organizzato in solitaria dalla Ugl nello stabilimento di via Monti Lepini. Una manifestazione mirata alla richiesta di un ulteriore anno di stabilizzazione del personale. Pfizer, secondo gli accordi commerciali con Haupt Pharma, ha garantito dai 18 ai 24 mesi di produzioni. La società di Berlino, che mette per la prima volta piede in Italia proprio con il sito di Borgo San Michele, ha già annunciato di aver avviato indagini di mercato per trovare nuove produzioni da portare in terra pontina. Ma per farlo ci vogliono almeno tre anni. A questo punto, però, è troppo tardi per intervenire e lo sciopero di ieri sembra solo uno strillo lanciato nell’universo. Non incide nemmeno su sé stesso. D’Incertopadre parla, a proposito dell’organizzazione sindacale che ha organizzato la protesta – che a conti fatti è quella maggiormente rappresentativa all’interno della fabbrica di medicine – «di dilettantismo e di superficialità». Quando un anno fa circa Pfizer annunciò di voler mettere sul mercato lo stabilimento partirono una serie di incontri per capire quale potesse essere lo scenario e quali le contromisure da mettere preventivamente in campo. Per evitare, come accade spesso, di correre al capezzale del morto mentre il prete somministra l’estrema unzione. Lo stesso presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani, si era interessato della questione e aveva interloquito con la dirigenza del più grande gruppo del settore farmaceutico al mondo che evidentemente, visto che poi sui tavoli istituzionali era calato un pesante silenzio, aveva garantito di muoversi secondo il principio della responsabilità sociale d’impresa. In un certo qual modo così è stato, perché al momento di scegliere tra una società cinese e Haupt Pharma, la scelta era ricaduta sulla multinazionale contoterzista di Berlino che garantiva maggiori certezze. Ma gli accordi che riguardavano mantenimento dei livelli occupazionali e certezza di volumi produttivi andavano fatti all’epoca dell’annuncio di messa sul mercato del sito. «Non si è riusciti a fare l’intesa nella fase di passaggio – ricorda infatti il segretario - come del resto abbiamo sempre fatto». E la memoria va subito a Tetra Pak e Gambro: entrambe le multinazionali furono inchiodate alle proprie responsabilità rispetto ai lavoratori. Certo, i patti possono sempre essere non rispettati, ma il sindacato su quei terreni giocò una partita importantissima. In questo caso, forse, ci si è fidati troppo delle parole della Pfizer, che naturalmente in fase di trattativa non poteva cedere il tutto e per tutto. Parliamo pur sempre di una trattativa tra privati. Cosa chiedere dunque per il futuro alla nuova proprietà? «Un piano industriale, che doveva essere presentato dalla Haupt prima che tutto fosse definito, prima che Pfizer andasse via – sottolinea D’Incertopadre -. Vogliamo capire cosa verrà dopo le produzioni Pfizer. Non possiamo rischiare ulteriori fasi di fuoriuscita di lavoratori. La speranza è che i lavoratori si rendano conto che l’impresa fa i suoi interessi economici».

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