martedì 31 marzo 2009

CATTIVIK

Maria Corsetti
Per me la danza erano le ballerine di Degas. Nuvole color pastello in un Parnaso di zucchero. Da piccola me le mostrava mia madre. Non so perché quei dipinti mi avevano lasciato una grande ammirazione per l'impressionismo, per la tecnica che intuivo così innovativa, e molta meno per le protagoniste. Mi sembravano annoiate, come angeli condannati a stare in un paradiso immobile. La corsa, la pallavolo, il nuoto: l'umanità per me doveva andare a una velocità diversa da quelle ballerine. Tenersi alla larga dagli spettacoli di danza era l'imperativo. Poi un giorno ci vai, ci vai per lavoro. Il Lago dei Cigni, Lo Schiaccianoci e già capisci che Degas mostrava il lavoro "dietro le quinte", lieve e faticosissimo, ripetitivo, ore e ore di esercizi, come angeli condannati a un moto eterno. "Omaggio a Béjart" toglie l'ultima esitazione e consacra per me l'enormità della danza. Ora cerco i dipinti di Degas.

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