venerdì 2 gennaio 2009

Lasciate che 100 fiori fioriscano che 100 scuole gareggino

Lidano Grassucci



Domani sarà un anno nuovo, nuovo di zecca. Sarà bello come un bambino, come lui forse avrà forza dirompente tanto quanto freddo ci porterà. In questi casi si fanno propositi, oroscopi, o bilanci. Non sono profeta né figlio di profeti e su come sarà domani non saprei dire. La mia gente ne ha viste tante e anche quest’anno il mondo non finirà, anche quest’anno ci impegneremo per migliorare il mondo, lo facciamo da quando siamo apparsi, come uomini, su questa terra.
Il bilancio, però, lo posso fare. Meglio, posso fare il bilancio di questo giornale che ancora dirigo. Parola grossa in ragione della mia scarsa capacità di comando, gli anarchici non amano le regole per sé con difficoltà le propinano agli altri. Messa così è un disastro, ma non credo perché come diceva Mao: lasciate che cento fiori fioriscano, che cento scuole gareggino.
Così ho cercato di fare per dare a voi il piacere di leggere l’originalità del pensiero, modi di vedere il mondo tra loro diversi. Sono e resto anticlericale ma sono onorato di ospitare le ragioni della curia di Gaeta, di ospitare il giornale in cui raccontano dall’intero la storia di quella comunità. Ringrazio l’Arcivescovo di questo fiore, come ringrazio i ragazzi dell’Agronauta che vedono il mondo da sinistra, quelli del Giovane Borghese che lo leggono da un’altra parte.
Mi hanno sempre affascinato quelli che pensano diversamente da me, poco quelli che fanno i cori, odio i cretini che hanno per ogni cosa le tavole della legge, che hanno regole che nascondono la loro povertà.
Che cento fiori fioriscano e sono stati molti di più quelli che quest’anno ci hanno confortato leggendo il nostro giornale, quelli che ci fermano per strada e hanno piacere a parlare con noi. Quelli che, la mattina, hanno preso il “vizio” di leggere queste colonne. Sono oltre 12.000 ogni giorno, siamo il giornale più letto a Latina e in provincia. Sarà poco? Non lo so, so che lo abbiamo fatto con il sacrificio degli editori, siamo la più grande public company della provincia, lo abbiamo fatto con la costanza di tanti ragazzi che hanno imparato un mestiere qui da noi, lo abbiamo fatto con decine di clienti pubblicitari che ci hanno scelto per raccontarsi, lo abbiamo fatto grazie, e tanto, a chi ci legge, arrabbiandosi, condividendoci, divertendosi.
Nel 2009 ci aspetta una grande sfida, dovremo essere capaci di camminare con le nostre gambe, da liberali sogniamo di sostentarci con il mercato. Non è un’impresa dall’esito scontato, ma neanche il viaggio di Colombo era scontato, neppure la reazione all’idea che Galileo aveva della terra era ovvia, non era scontato neanche che la carrozza potesse camminare senza cavalli come pensava Benz e non altri. Se volevamo vivere per vie scontate non saremmo stati pensanti.
Marco Picca è rimasto affascinato dalla storia di Enzo Ferrari: “hai visto che ha fatto, che uomo grande”. Lui, Ferrari, aveva visto auto che non c’erano. Lui, Ferrari, aveva visto sangue e vene dentro ai suoi motori. Lui, Ferrari, voleva essere, semplicemente, primo, il primo a fare le auto.
Ecco noi vogliamo semplicemente essere i primi con lo stesso rispetto per la nostra storia, per il nostro mondo, che aveva Enzo Ferrari. Un’anziana signora avvicinò il modenese: “Signor Ferrari sarei contenta se sulle sue auto mettesse il simbolo che metteva mio figlio sul suo aereo”. Era la mamma di Francesco Baracca, l’asso dell’aviazione italiana morto per un colpo di fucile sparato da una trincea. Da allora il cavallino rampante su sfondo giallo sta su ogni Ferrari.
Ferrari vedeva auto che nessuno neanche immaginava, rispettava la sua storia come pochi.
Ecco, vorremmo immaginare, un modo di raccontare il mondo che prima non c’era. Modesti? Per nulla.
Buon anno.

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