Fabrizio Bellini
Fabrizio De Andrè, un genio assoluto, ha scritto questa ballata dedicata all’eroe di Poitiers, pensando e sapendo già quello che sarebbe successo molti anni dopo a Latina. Ne sono sicuro. Altro che Nostradamus, lui già conosceva tutto, soprattutto il finale. Che, forse, non sarà poi così male, ma oggi, nella fase delle convulsioni intermedie, è proprio un brutto spettacolo. Aprite internet, mettete il leader che più vi sta sulle scatole al posto di Carlo Martello, sostituite la “falange” politica che disprezzate maggiormente alla candida pulzella, concedete al poeta il ricorso alla metafora e … il gioco è fatto: “ma più dell’onor potè il digiuno – fremente l’elmo bruno – il sire si levò.” Il confronto, la lotta, la tenzone. In questi giorni non si può aprire nessuno dei giornali locali senza provare un senso di fastidio e di profonda delusione. Parlo dell’indecente spettacolo che stanno offrendo i campioni dell’ex maggioranza di governo di questa città. Tutti. Agguati, minacce, insulti, sberleffi, fendenti, recriminazioni; signori, giuro, in vita mia non ho mai visto uno spettacolo così degradante, volgare, insulso, privo di logica e di stile come questo. Ai truci guerriglieri di tutti gli schieramenti, dico: pietà, fermatevi, posate le penne e chiudete la bocca. Smettetela di digrignare i denti e di affilarvi le unghie. La città, la gente di Latina non lo merita e soprattutto, voi, con il vostro comportamento, non ne meritate il consenso. Sparite, avete perso il senso della realtà. Della dimensione delle cose. Siete fuori come i citofoni, direbbero i ragazzi di una volta. Undici consiglieri compiono un’azione che non riescono a spiegare decentemente perché si può spiegare solo indecentemente. Nel cercare di farlo ricorrono al più ricco repertorio di banalese politico che si sia mai sentito e spargono anacoluti a pioggia come fossero sintesi di chissà quali ardite costruzioni sintattiche. E più tentano e più si incartano, più si dibattono e più si impiccano. Una pena. Gli rispondono in quindici con una lettera aperta a Berlusconi e Fini, cioè ad altri due che, su un palcoscenico molto più grande, per gli stessi, identici, motivi, stanno facendo una figura da peracottari senza precedenti. Una esternazione così carica di sentimenti revanscisti che sembra emergere dalle turbe mentali del generale Ernest Boulanger che la “revanche” l’aveva proprio elevata a mito. Come dire: mamma, guarda, sono loro i cattivi, intervieni con le totò. E giù con una sfilza di cose buone che loro, i buoni, hanno fatto con l’aiuto degli ex buoni diventati cattivi, anzi pessimi. Tra queste spicca, splendente come la Tour Eiffel la notte di Natale, il grande successo dell’Università pontina: da quattromila a settemila iscritti. Evidentemente nessuno di lor signori sa che il valore di una Università si misura in termini percentuali di laureati, occupati post laurea e di produzioni scientifiche di livello nazionale e internazionale. Il numero assoluto degli iscritti è un dato demografico che conta per le scuole elementari. Scusate, il resto mi rifiuto di commentarlo, ma almeno questa, a tutta l’ex amministrazione che ripete continuamente questa pseudologia fantastica, gliela dovevo. Che pena già l’ho scritto, passo a, incredibile. Tuttavia se un fiore può nascere ovunque, anche a Latina può crescere qualcosa di buono. Distrutta ad aeternum la maggioranza, è il momento dell’ex opposizione che ha fra le mani un’occasione irripetibile: quella di vincere e governare, finalmente. E’ ancora De Andrè che ci aiuta: “mai non fu vista cosa più bella – mai io non colsi siffatta pulzella – disse Re Carlo scendendo veloce di sella.” Allora, Claudio, Enrico, Domenico, Sesa, Giorgio, Maurizio e compagnucci vari, dissolti i vostri avversari, scendete di sella, cogliete “siffatta pulzella” e imitateli: sparite anche voi. Se è vero quello che blaterate da tempo immemorabile, che Latina è ferma ai tempi della Democrazia cristiana e che invece di progredire, regredisce, la colpa è anche la vostra. Certo, meno che dell’ex maggioranza, ma anche voi avete le vostre responsabilità. E allora approfittiamone tutti, fate un bel passo indietro e ricominciamo da capo. Con gente nuova, non rancorosa, preparata, non velleitaria, possibilmente giovane e non condizionata da odi profondi e sedimentati. Favorite questo passaggio, questa bonifica, stimolatela, non vi incaponite, anche il vostro tempo è scaduto. Se non sarà così vorrà dire che il poeta genovese avrà avuto ragione proprio su tutto. Anche nell’ultimo verso: “E’ mai possibile o porco di un cane – che le avventure in codesto reame – debban risolversi tutte con grandi puttane”.
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